Amministratore: è possibile nominare una società ?

Secondo la legge, per svolgere l’incarico di amministratore di condominio, è necessario essere in possesso di alcuni requisiti.

Ad esempio, se il nominato non è un condòmino del fabbricato, occorre avere almeno il diploma di scuola secondaria di secondo grado ed è necessario frequentare un corso di formazione, inziale e poi periodico, in materia di amministrazione condominiale.

I presupposti di legge sono, più analiticamente, descritti nell’art. 71 disp. att. cod. civ. che, onestamente, in tale sede appare superfluo ed eccessivo elencare. Per il caso in esame, infatti, interessa, principalmente, sapere cosa dice la norma invocata a proposito delle società che offrono servizi di gestione di un complesso immobiliare.

Ebbene, la normativa in materia specifica che è possibile affidare l’incarico di amministratore ad una società, a condizione che i requisiti di cui alla predetta norma siano posseduti «dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi (Art. 71 co. 3 disp. att. cod. civ.)».

Al momento della nomina, però, non è indispensabile indicare quale, tra i soci illimitatamente responsabili o tra gli amministratori, vada, in concreto, a svolgere il delicato compito di gestire il condominio.

Lo conferma il Tribunale di Novara allorquando precisa che «l’incarico di amministratore di condominio possa essere svolto anche dalle società di cui al titolo V del libro V del codice civile, come espressamente previsto dall’art. 71 bis disp. att. c.c., senza che la legge richieda di specificare chi dei soci, di fatto, svolgerà le relative mansioni».

Incarico amministratore a società: come controllare il possesso dei requisiti?

Se l’assembla nomina amministratore del fabbricato una società, ogni condòmino ha il diritto di controllare se i soci o gli amministratori della medesima sono in possesso dei requisiti di cui all’art. 71 disp att. cod. civ. Ciò è possibile anche, successivamente, alla riunione, chiedendo di accedere alla documentazione che comprova tale circostanza.

Pertanto, solo dopo aver acquisito la prova contraria, si potrà adire il Tribunale per impugnare la nomina, in quanto affetta da nullità.

Sono stati, quindi, questi i motivi che hanno indotto il Tribunale di Novara a respingere la domanda attorea con la sentenza in commento. Il condomino dissenziente, infatti, si era limitato a mettere in discussione la professionalità dei rappresentanti della società incaricata, ma non aveva fornito alcuna dimostrazione che il dichiarato possesso dei requisiti di legge non fosse veritiero.

In assenza, dunque, di prova, l’impugnazione era risultata infondata e, perciò, veniva respinta.

La tipologia di spese condominiali

Le spese ordinarie

Le spese ordinarie sono quelle che si rendono necessarie per la gestione, la manutenzione e il funzionamento dei beni comuni. Si tratta di spese periodiche, solitamente versate con cadenza annuale.

A titolo esemplificativo e non esaustivo, si considerano ordinarie le spese relative alla pulizia delle scale, illuminazione dei beni comuni, revisione degli impianti, riparazioni generiche come la sostituzione delle lampadine delle scale, l’assicurazione del condominio e il compenso dell’amministratore.

Per la loro approvazione non è indicata una maggioranza specifica, pertanto, si impiegano le regole generali del quorum richiesti dalla prima e dalla seconda convocazione, ex art. 1136 cc.

Le spese straordinarie

Sono, invece, considerate straordinarie le spese relative ad interventi occasionali, come accade quando diventa necessario sostituire la caldaia, rifare la facciata, il tetto o il solaio.

Generalmente, sono esborsi che superano di gran lunga le somme che di solito vengono impiegate nella manutenzione ordinaria e quando si tratta di spese di notevole entità, per la loro approvazione è necessaria una maggioranza qualificata, ovvero un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

L’entità della spesa va parametrata al valore dell’edificio e non alle possibilità economiche dei condomini, tenendo conto dell’ammontare complessivo e il rapporto di quest’ultimo con il valore dell’edificio e la spesa proporzionalmente ricadente sui singoli condomini (Cass. civ. n. 25145 del 26.11.2014).

In giurisprudenza vengono qualificate come urgenti le opere che, secondo il criterio del buon padre di famiglia, siano indifferibili in quanto necessarie a evitare un possibile perimento della cosa comune (Cass. Civ. 18759/2016).

Le spese urgenti

Per tali motivi le spese urgenti non ammettono ritardo e riguardano le opere di manutenzione che non rientrano nella consueta periodicità; a titolo di esempio, rientrano in tale tipologia di spese quelle relative al tetto scoperchiato da un evento atmosferico o al cornicione gravemente danneggiato.

In virtù del carattere d’urgenza, anche un singolo condomino può porre in essere un intervento diretto senza l’autorizzazione dell’amministratore (che a sua volta ha il potere di ordinare lavori di manutenzione straordinaria in caso di urgenza, ex art. 1135 comma 2 c.c.) e dell’assemblea, dimostrando l’urgenza di non aver potuto allertare il condominio (Cass. civ. 4684/2018) e, di conseguenza, avrà diritto di ottenere il rimborso di quanto speso dagli altri condomini, ex art. 1134 c.c

Le spese di godimento

Sono le spese di esercizio che riguardano il funzionamento degli impianti comuni e vengono meno qualora si rinunci al servizio; un classico esempio è rappresentato dalle spese necessarie per il riscaldamento e l’energia elettrica; il condomino che decide di staccarsi dall’impianto centralizzato, dovrà pagare solo le spese necessarie per la conservazione dell’impianto che resta comunque un bene comune.

La rinuncia del singolo condomino, poi, non deve comportare notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri partecipanti alla comunione.

Le spese gravose e voluttuarie

Sono considerate gravose le spese la cui entità non è commisurata al valore dell’immobile, mentre sono voluttuarie le spese non necessarie, prive di utilità, come ad esempio l’installazione di ornamenti decorativi nel giardino condominiale.

Pertanto, qualora venissero deliberate innovazioni gravose o voluttuarie chi non intende trarne vantaggio potrà rifiutarsi di contribuire alla spesa e se l’utilizzazione separata non è possibile, l’innovazione non è consentita, a meno che la maggioranza dei condomini non decida di accollarsi integralmente la spesa.

Votazione segreta in condominio: quando è illegittima?

Come noto, ogni condomino ha diritto a un voto, indipendentemente dai millesimi di proprietà e dal numero di unità immobiliari di sua proprietà [1]. Naturalmente, il diverso peso della quota si farà sentire quando si tratterà di calcolare la maggioranza in base ai millesimi.

Per quanto attiene alle modalità di espressione, il voto in condominio deve essere palese e ciò – come si dirà a breve – principalmente allo scopo di individuare i condomini che hanno interesse a impugnare le delibere.

Il tribunale di Milano nella sentenza del 9 novembre 1992 [2] ha ritenuto illegittima la deliberazione dell’assemblea di condominio adottata a scrutinio segreto. Il voto segreto contrasta innanzitutto con la trasparenza che deve riguardare le decisioni dell’organo collegiale del condominio, al fine di consentire la verifica della valida formazione della volontà.

Il voto segreto, inoltre, non consente di accertare l’esistenza di eventuali conflitti di interessi tra il condominio e il singolo condomino.

D’altro canto, e non in ultimo, il diritto di impugnare le deliberazioni annullabili è di regola riconosciuto ai soli condomini assenti o dissenzienti i quali sono individuabili solo nel caso in cui la votazione sia palese. Non può impugnare la votazione dell’assemblea chi ha votato “a favore”. Sicché, se il voto fosse segreto, non si potrebbe comprendere chi ha diritto a contestare la votazione e chi invece è precluso da tale possibilità.

Detto orientamento è stato confermato anche da una serie di sentenze della Cassazione [3]. Cass. sent. n. 10329/1998.

Secondo la Suprema Corte, è annullabile la deliberazione dell’assemblea di condominio il cui verbale non indichi analiticamente i nomi dei partecipanti e il valore della proprietà di ciascuno espressa in millesimi, nonché il nome e il valore della quota proporzionale dei condomini assenti e dissenzienti.

Queste indicazioni sono assolutamente necessarie per verificare la validità della deliberazione e l’eventuale conflitto di interessi tra il singolo condomino e il condominio, nonché per individuare i soggetti legittimati a impugnare.

Compensi extra per l’amministratore di condominio

La natura negoziale dell’accordo, in tema di compenso “extra” in favore dell’amministratore, impone che per il relativo riconoscimento occorra dimostrare in giudizio, e nelle forme ad esso consone, l’effettiva attività posta in essere. La legittimità di un tale riconoscimento economico discende dal fatto che l’amministratore svolge un’attività piuttosto gravosa, parallela a quella “ordinaria”, non badando solamente alla tenuta della mera contabilità. Invero, questi è tenuto a predisporre, ove non si rivolga a monte ad un legale o ad un tecnico, alla stesura del contratto di appalto e/o alla verifica che le clausole ivi contenute non dispongano condizioni sfavorevoli al Condominio-committente, ovvero siano consone e non travalichino il mandato conferitogli in sede assembleare.

Peraltro, prima dell’inizio delle opere – possibilmente anche con l’ausilio di un tecnico – l’amministratore è tenuto a denunciarne l’esecuzione alle autorità competenti, a seconda della natura e dell’entità delle medesime. Lo stesso, al contempo, deve procedere al recupero dei fondi occorrenti per dare inizio ai lavori ed evitare che il condominio possa incorrere in esposizioni debitorie.

Nondimeno, l’amministratore è tenuto – come in genere previsto in sede assembleare – a curare la pratica per il conseguimento dei vantaggi fiscali eventualmente discendenti dalle detrazioni IRPEF, previste normativamente. Al termine dei lavori, è poi lo stesso amministratore ad accettare l’opera (e a firmare il certificato di esecuzione a regola dell’arte dei lavori, ove predisposto da parte del relativo tecnico), ovvero a denunciare la presenza di vizi secondo la tempistica prevista dal contratto ovvero dalle norme settoriali.

Tribunale Perugia, 27/06/2019, n.1035

Credito dell’amministratore per il recupero delle somme anticipate

Poiché il credito dell’amministratore per il recupero delle somme anticipate nell’interesse del condominio si fonda, ex articolo 1720 c.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, è l’amministratore che deve offrire la prova degli esborsi effettuati, mentre i condomini, che sono tenuti, quali mandanti, a rimborsargli le anticipazioni da lui effettuate, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e a pagargli il compenso oltre al risarcimento dell’eventuale danno, devono dimostrare di aver adempiuto all’obbligo di tenere indenne l’amministratore di ogni diminuzione patrimoniale in proposito subita.

Cassazione civile sez. II, 26/02/2019, n.5611

Le spese dell’amministratore che non necessitano di autorizzazione

Manutenzione ordinaria e atti conservativi

La regolare gestione del condominio comporta la sussistenza di ampi poteri in capo all’amministratore, per la conclusione di contratti inerenti all’ordinaria manutenzione delle parti comuni. In tali casi, e non solo, non è necessario ottenere la preventiva autorizzazione dell’assemblea per concludere validamente un contratto in nome e per conto del condominio.

Ad esempio, in base all’art. 1130 c.c., 1° comma, n. 3, rientra tra i doveri dell’amministratore di condominio quello di erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servizi comuni.

Questo significa, in altre parole, che tra i poteri di gestione propri dell’amministratore rientra anche quello di impegnare il condominio attraverso la conclusione di contratti non preventivamente autorizzati in sede di assemblea, relativi alla manutenzione ordinaria delle parti comuni.

All’amministratore sarà sufficiente rappresentare tali spese in sede di bilancio consuntivo, per ripartirne i costi tra i vari condomini e ottenerne il rimborso.

A titolo di esempio, rientrano tra queste spese quelle relative alla pulizia delle parti comuni dell’edificio, alla loro manutenzione periodica, agli interventi di riparazione degli impianti e al pagamento delle bollette relative alla fornitura di luce e acqua.

Le azioni esperibili senza preventiva autorizzazione

L’amministratore, inoltre, è tenuto a compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio. Di conseguenza, egli ha il dovere di esperire, ove necessario, le c.d. azioni possessorie e le azioni di nunciazione, senza necessità di ottenere la preventiva autorizzazione dell’assemblea

Le azioni possessorie sono l’azione di reintegrazione, prevista dall’art. 1668 c.c., e l’azione di manutenzione, di cui al successivo art. 1670 c.c. L’amministratore, pertanto, può agire in giudizio per reagire all’occupazione abusiva dell’immobile da parte di terzi, oppure per inibire atti che alterino il decoro architettonico dell’edificio.

Con le azioni di nunciazione (denunce di nuova opera e di danno temuto, ex artt. 1171 e 1172 c.c.), di natura cautelare, l’amministratore può in piena autonomia agire in giudizio qualora ritenga che da una nuova costruzione o da una cosa altrui possa derivare un danno al condominio. Egli può, inoltre, agire in caso di immissioni, esalazioni e rumori oltre la normale tolRientrano nel potere d’azione dell’amministratore anche le azioni di responsabilità contro il costruttore per gravi difetti che mettano in pericolo la stabilità dell’edificio (v. art. 1669 c.c.).

Si ritiene che nelle suddette ipotesi l’amministratore possa agire contestualmente anche per il risarcimento dei danni che riguardino le parti comuni dell’edificio, non invece per i danni occorsi alle singole proprietà esclusive.

Va sottolineato che, in base al dettato dell’art. 1130 c.c., compiere atti conservativi nell’interesse del condominio non è solo un potere, ma un vero e proprio dovere dell’amministratore. Ne deriva che, in caso di inerzia, i condomini sono legittimati a chiedergli il risarcimento degli eventuali danni che ne siano derivati.

L’urgenza negli atti di manutenzione straordinaria

Anche nei casi in cui è obbligatorio chiedere la preventiva autorizzazione di spesa all’assemblea, può configurarsi un margine di autonomia in capo all’amministratore.

In particolare, quando vi sia urgenza di provvedere, quest’ultimo è legittimato a disporre pagamenti autonomamente, salvo poi riferire e chiedere la ratifica nella prima assemblea successiva (art. 1135, comma 2 c.c.), con una delibera adottata dalla maggioranza qualificata prevista dal codice.

Sono straordinarie, ad esempio, le spese relative ad interventi di rilievo sui muri portanti o sul solaio dell’edificio, la sostituzione dell’autoclave o degli ascensori, al rifacimento integrale degli impianti.

Se l’assemblea non dovesse ratificare la spesa, l’amministratore ha facoltà di ricorrere in giudizio per fare accertare il carattere di urgenza della spesa sostenuta. In caso di soccombenza, egli rimarrà personalmente obbligato con l’impresa e non potrà ottenere il rimborso dai condomini.