Non contano assemblee deserte e scarse risorse: chi rappresenta l’ente di gestione è in posizione di garanzia per legge e deve intervenire sugli effetti e non sulle cause della rovina per proteggere i terzi
In tema di condominio se la facciata è malmessa e da essa cadono calcinacci che possono determinare un pericolo per l’incolumità di terzi è compito dell’amministratore attivarsi e rimuovere tale situazione di pericolo rivestendo una particolare posizione di garanzia. In caso contrario egli sarà responsabile per l’evento che provocherà danni. «La responsabilità penale dell’amministratore di condominio va ricondotta nell’ambito della disposizione (articolo 40, comma 2, Cp) per la quale non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo». Quindi «l’amministratore di condominio in quanto tale assume, dunque, una posizione di garanzia ope legis che discende dal potere attribuitogli dalle norme civilistiche di compiere atti di manutenzione e gestione delle cose comuni e di compiere atti di amministrazione straordinaria anche in assenza di deliberazioni della assemblea. Da ciò quindi consegue la responsabilità per omessa rimozione del pericolo cui si espone l’incolumità di pubblica di chiunque acceda in quei luoghi, e per l’eventuale evento dannoso che è derivato causalmente dalla situazione di pericolo proveniente dalla scarsa o tardiva manutenzione dell’immobile». Lo ha sancito la Cassazione sentenza 46385 del 23 novembre 2015 della quarta sezione penale che ha rigettato il ricorso di un amministratore di condominio ritenuto responsabile dal tribunale di Nola per il reato previsto agli articoli 40 e 590 Cp per non aver impedito, pur avendo l’obbligo giuridico, che calcinacci caduti dalla facciata di un palazzo, cadessero e colpissero un ragazzino provocandogli lesioni. Non serve a scriminarlo l’aver affermato e provato che le assemblee condominiali sono spesso andate deserte e che, essendo i condomini morosi, non vi era un fondo per eseguire i lavori. In casi come questi, spiega il collegio, l’amministratore, per non incorrere in condanne penali deve «intervenire sugli effetti anziché sulla causa della rovina, ovverossia prevenire la specifica situazione di pericolo interdicendo – ove ciò sia possibile – l’accesso o il transito nelle zone pericolanti». Bastava quindi transennare la zona pericolante e non ci sarebbe stata alcuna condanna.