Come può reagire un condòmino, in regola con il pagamento delle spese condominiali, a fronte di una inattività dell’amministratore verso i mancati pagamenti da parte degli altri condòmini?
La riforma del condominio (legge 220 /2012) ha posto limiti stringenti ma è possibile che l’amministratore, per svariate ragioni non le rispetti , mettendo così di fatto seriamente a rischio lo stesso condominio.
In questo caso gli stessi condòmini sarebbero esposti al rischio di una serie di azioni esecutive intraprese o contro i “ beni condominiali “ quali il conto corrente (azione esecutiva giudicata normalmente lecita dai tribunali) o direttamente contro i loro beni personali, seppure ora la “legge di riforma “ abbia imposto il vincolo di aggredire i condomini in regola con i pagamenti solo dopo aver inutilmente escusso quelli morosi il cui nominativo dovrà necessariamente essere fornito dall’ amministratore al creditore del condominio che ne faccia richiesta.
In presenza di un tale scenario, al condòmino volonteroso non resterebbe che reagire chiedendo la revoca dell’amministratore inadempiente: dapprima normalmente in sede assembleare ed in seguito al tribunale. Una volta ottenuta la revoca, il condòmino dovrebbe poi ottenere (sempre tramite assemblea o ricorso al Tribunale) la nomina di un nuovo amministratore.
È tuttavia possibile che tali rimedi, per molte ragioni, non diano l’esito sperato, e che in ogni caso i tempi necessari (almeno per quanto riguarda il ricorso al tribunale) siano tali da compromettere seriamente il buon andamento del condominio. A questo punto, visti frustrati i propri sforzi, il condòmino potrebbe avvalersi di quelle norme codicistiche che permettono al singolo di agire personalmente nel caso di pericolo imminente sostituendosi all’ amministratore nella tutela della cosa comune (articolo 1134 del Codice civile).
La Cassazione, facendo riferimento alla natura del condominio quale ente di gestione (sentenza 16562/2015) ritiene lecito che (seppur con talune limitazioni) ogni singolo condòmino possa reagire alla inerzia processuale dell’amministratore impugnando lui stesso (con effetti che si ripercuoterebbero su tutti i condòmini) anche di fronte alla stessa corte di cassazione la sentenza sfavorevole resa nei confronti del condominio.
Il condòmino, in sostanza, potrebbe sostituirsi all’amministratore inadempiente (purché questo non abbia ricevuto dalla assemblea l’autorizzazione a non perseguire i morosi) e tutelare il bene comune (e quindi in parte anche il suo) richiedendo egli stesso un decreto ingiuntivo nei confronti dei condòmini in ritardo nel pagamento delle spese condominiali.
Non risultano sentenze che si siano pronunciate sulla validità di tali iniziative da parte dei condòmini ma Cassazione (sentenza 4468/1995) aveva tuttavia ritenuto lecito che il singolo condòmino agisse in giudizio contro un altro condòmino per la restituzione (quanto meno pro quota) di quanto l’amministratore aveva, senza motivo, versato a quest’ultimo con fondi condominiali.