Le spese personali non possono essere deliberate dall’assemblea, e l’eventuale delibera già presa va annullata se l’avviso di convocazione dell’assemblea non è comunicato almeno cinque giorni prima rispetto alla data dall’adunata assembleare di prima convocazione. Allo stesso modo, l’assemblea condominiale si ritiene nulla nel caso in cui questa eserciti il potere di richiedere somme di denaro o altre prestazioni, violando così gli art. 1123 e 1135 c.c.
Perché le spese personali non possono essere deliberate dall’assemblea?
Questa decisione nasce in seguito all’impugnazione di una delibera assembleare ordinasi e straordinaria di un condominio, contestata dai condomini per:
1)” violazione degli artt. 1136 c.c. e 66 delle disposizioni di attuazioni al Codice civile per il fatto che l’avviso di convocazione dell’assemblea del condominio, tenutasi in prima convocazione in data 22 febbraio, è stato comunicato all’attrice, per il tramite del custode del condominio, solo in data 18 febbraio, senza quindi il rispetto del termine minimo di cinque giorni a far data dall’adunata assembleare di prima convocazione, con conseguente annullabilità dell’intero deliberato assembleare“;
2) “violazione dell’art. 1123 c.c. con riferimento al punto numero uno dell’ordine del giorno che ha approvato il consuntivo per l’esercizio di gestione 2012/2013, avendo addebitato a un condòmino spese personali per complessivi Euro 5.071,84, con conseguente nullità in parte qua della delibera stante il fatto che assemblea aveva esercitato un potere che non le spettava;
Il condominio resisteva. Ma il Tribunale di Milano, Sez. XIII^, nella Sentenza n. 5195/2016 pubblicata il 27/04/2016, accoglieva l’impugnazione della delibera“.
Del resto la persona che aveva impugnato la delibera assembleare, faceva presente proprio il fatto che risultava provato che aveva avuto in consegna dal custode l’avviso della convocazione dell’assemblea, prevista per le date del 22 e 24 febbraio,ed indicate rispettivamente per la prima e per la seconda convocazione, soltanto in data 18 febbraio 2014.
“Ciò risultava in evidente violazione del combinato disposto degli artt. 1136 c.c. e 66 delle disposizioni di attuazioni al Codice civile, che richiedono che l’avviso di convocazione dell’assemblea debba essere comunicato al condomino, a pena di invalidità della delibera, almeno cinque giorni prima rispetto alla data dall’adunata assembleare di prima convocazione“.
Dal canto suo, invece, il condominio replicava che le convocazioni assembleari destinate ai condomini fossero già disponibili in data 16 febbraio, senza però avere dato la prova della suddetta circostanza.
“Stante, pertanto, la natura di atto recettizio dell’avviso di convocazione assembleare e la mancata prova del fatto che la condòmina avesse ricevuto tale avviso, fissata l’assemblea, in prima convocazione, in data 22 febbraio, vale a dire almeno cinque giorni prima come richiesto dalla legge, conseguiva la declaratoria di annullabilità dell’intero deliberato assembleare assunto per violazione di legge.
Nonostante questo motivo fosse assorbente su tutti gli altri, il giudice si pronunciava su ulteriori profili di doglianza di parte attrice.
Si evidenziava, infatti, anche che nella parte della delibera in cui veniva approvato il consuntivo per l’esercizio di gestione 2012/2013 erano addebitate alla condòmina spese personali per complessivi Euro 5.071,84. L’assemblea aveva esercitato un potere che non le spettava ex art. 1135 c.c., non rientrando tra le prerogative assembleari quelle di addossare ai condomini, in violazione dell’art. 1123 c.c., fantomatiche spese di natura personale, posto che l’assemblea non è dotata di “autodichia”, cioè non può farsi giustizia da sé.
Tali deliberati, infatti, esulavano dalle attribuzioni dell’assemblea, che non aveva il potere di imputare al singolo condòmino una determinata spesa, al di fuori di quelle inerenti la gestione, manutenzione e conservazione dei beni comuni condominiali e solo per la quota di sua spettanza, senza che la stessa fosse accettata e riconosciuta espressamente dalla condomina”.
Le spese private non possono essere deliberate dall’assemblea: il caso
Queste stesse spese, inoltre, non erano state in precedenza oggetto di accertamento giudiziale (non c’era stata quindi alcuna condanna al pagamento), “laddove, invece, all’assemblea dei condomini non può essere riconosciuto, al di fuori delle proprie attribuzioni previste e regolate dalla normativa codicistica sopra richiamata, un potere di “autodichia” consistente nel farsi giustizia da sé e nel richiedere somme di danaro e/o altre prestazioni che non rientrino in quelle sopra richiamate, con conseguente nullità delle delibere che, invece, statuissero in tal senso (Cass. civ., Sez. II, 30/04/2013, n. 10196; Cass. civ. Sez. II, 21/05/2012, n. 8010; Cass. civ., Sez. II, 22/07/1999, n. 7890;Trib. Milano, Sez. XIII, 6/5/2004 n. 5717)”.
Ciò significa che la spesa in questione andava necessariamente ripartita tra tutti condòmini, in base ai millesimi di proprietà, ai sensi dell’art.1123 c.c., “quale criterio legale generale di ripartizione delle spese, esulando, quindi dalle attribuzioni dell’assemblea il potere di imputare, con l’efficacia vincolante propria della deliberazione assembleare, le spese in maniera difforme, in mancanza di diversi criteri convenzionali. (Cass. civ., Sez. II, 22/07/1999, n. 7890; Trib. Milano, Sez. XIII, 17/07/2012;Trib. Milano, Sez. XIII, 6/5/2004 n. 5717)“.
Inoltre per quanto riguarda la ripartizione delle spese condominiali, queste sono affette da nullità, e la cosa può essere fatta valere anche da parte dello stesso condomino che le ha votate. Pertanto “le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario, per esse, il consenso unanime dei condomini.
In senso conforme si pone anche la recentissima Sentenza della Cassazione Civile sez. II del 23.03.2016 n. 5814 che afferma: «Le attribuzioni dell’assemblea condominiale, previste dall’art. 1135 cod. civ. sono circoscritte alla verificazione ed all’applicazione in concreto dei criteri stabiliti dalla legge, e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri legali di riparto delle spese».
Logica conseguenza di ciò è che deve ritenersi nulla e non meramente annullabile, anche se assunta all’unanimità, la delibera che modifichi il criterio legale di ripartizione delle spese di riparazione del lastrico solare stabilito dall’art. 1126 cod. civ., senza che tutti i condòmini abbiano manifestato l’espressa volontà di stipulare un negozio dispositivo dei loro diritti in tal senso“.