Videosorveglianza lecita dopo la riforma: riservatezza violata solo se l’obiettivo inquadra porte e finestre. Addio ai vasi sul vialetto che ostacolano l’auto grazie al regolamento di natura contrattuale
Telecamere libere in condominio. È lecito il sistema di videosorveglianza installato dal singolo proprietario esclusivo senza il placet di tutti gli altri anche se l’obiettivo punta anche sulle parti comuni dell’edificio: inutile per la controparte lamentare violazioni della privacy perché il cortile del fabbricato o il relativo accesso non rientrano nei concetti di domicilio e privata dimora in quanto sono destinati a essere utilizzati da un numero indeterminato di soggetti. Ma lo stesso condomino deve rimuovere i vasi che ha piazzato sul vialetto interno se il regolamento condominiale ha natura contrattuale e vieta di occupare stabilmente le parti comuni dell’edificio con oggetti di qualsiasi natura. È quanto emerge dalla sentenza 3977/15, pubblicata dalla quinta sezione civile del tribunale di Roma.
Codice lacunoso
Niente da fare per proprietario e conduttore dell’immobile che vogliono far spegnere l’impianto video installato dal rivale per motivi di sicurezza (si tratta di un’azienda di informatica con sede in un condominio di una zona “in” della Capitale). È vero, le telecamere sono ben sei, delle quali cinque rivolte sulla facciata dell’edificio e un’altra sull’ingresso privato al piano seminterrato. Il Ctu, tuttavia, accerta che l’occhio elettronico inquadra soltanto le finestre di proprietà esclusiva del singolo condomino “blindato”. E in ogni caso, scrive il giudice, è inutile richiamare il codice privacy: nella disciplina c’è un “buco” più volte segnalato dallo stesso Garante perché gli articoli 23 e 24 del decreto legislativo 196/06 subordinano il consenso espresso quando i dati sono destinati alla comunicazione mentre nella specie l’impianto è destinato a scopi personali.
Giurisprudenza disattesa
Ancora. Alcune delle indicazioni provenienti proprio dall’authority non tengono conto della giurisprudenza di legittimità secondo cui il giudice deve verificare se l’oggetto inquadrato dall’impianto di videoripresa merita la tutela che viene garantita ai luoghi di privata dimora. E l’articolo 1122 ter Cc introdotto dalla riforma del condominio finisce per ritenere, sia pure implicitamente, lecita l’installazione di telecamere puntate sulle parti comuni dell’edificio: si possono dunque configurare legittime limitazioni della privacy anche senza qualche condomino non è d’accordo. La violazione della riservatezza si configura solo se le telecamere risultano puntate su finestre e porte di abitazioni private. Va detto fra l’altro che l’originaria domanda lamenta solo la lesione della riservatezza mentre tardiva è la doglianza per la tutela di beni di proprietà esclusiva connessa alla violazione delle norme sull’uso più intenso della cosa comune dopo l’installazione delle videocamere.
Trascrizione decisiva
Nessun dubbio, invece, che il regolamento condominiale abbia natura contrattuale perché l’atto depositato presso il notaio risulta trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari. Le relative clausole sono dunque opponibili a tutti i proprietari esclusivi e dunque devono essere rimossi i vasi che ingombrano il vialetto e così riducono l’utilizzo degli spazi comuni.