Sempre nuovi obblighi per l’amministratore di condominio. E a questo punto è meglio riflettere sulla correttezza della tesi per la quale l’emolumento dell’amministratore, quale proposto e accettato esplicitamente in occasione di ogni nomina e rinnovo dell’incarico, sia destinato a rimanere invariato qualunque cosa accada. A partire dalle recenti e pesanti incombenze verso l’agenzia delle Entrate (comunicazione delle quote di spesa fiscalmente detraibile imputate ai singoli condòmini), certamente non previste all’atto della nomina.
Occorre che tali attività abbiano adeguato compenso (ovviamente non compreso nell’emolumento stabilito quando le incombenze non erano apparse all’orizzonte), calibrato rispetto all’emolumento già fissato e all’impegno richiesto. Comunque inquadrato, il rapporto tra amministratore e condominio comporta che una parte (il condominio, per il quale parla l’assemblea) acquisisca il diritto di esigere una serie di prestazioni che devono essere espletate dall’amministratore, il quale a sua volta e simmetricamente acquisisce il diritto all’emolumento.
Un compenso extra per attività non prevista e introdotta da una nuova normativa appare del tutto naturale e non contrasta affatto con gli interessi degli stessi amministrati, che del resto pochissimo lucrerebbero lasciando interamente sulle spalle del loro rappresentante le conseguenze di una novità voluta dal legislatore.
Del resto l’ordinamento giuridico contiene una serie di norme che mirano alla salvaguardia degli atti giuridici e che consentono che l’attività negoziale voluta dai soggetti privati abbia efficacia, seppure con modeste modificazioni, quando sia l’attività che le modificazioni possano essere fatte rientrare nei canoni della legalità.
Il Tribunale di Roma (sentenza 4 luglio 2011) ha stabilito che i contratti di durata continuano ad essere rispettati ed applicati dai contraenti sino a quando le condizioni ed i presupposti di cui hanno tenuto conto al momento della stipula del negozio rimangono intatti. Al contrario, qualora si ravvisi una sopravvenienza nel sostrato fattuale e giuridico che costituisce il presupposto della convenzione negoziale, la parte che riceverebbe uno svantaggio dal protrarsi della esecuzione del contratto alle stesse condizioni deve poter avere la possibilità di rinegoziarne il contenuto, con la conseguenza che qualora la controparte non accetti alcuna proposta di modifica, il contratto potrà essere risolto per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Si possono ricordare anche gli articoli 1659, 1660, 1661 e 1664 del Codice civile, tutti in tema di appalto e tutti coerenti nel prevedere la possibilità di modificare il contenuto del contratto per effetto del configurarsi di particolari previsioni.
In ogni caso, in tema di professioni intellettuali l’articolo 2233 disciplina il compenso dovuto al professionista e prevede che se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene. In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione. Non solo: il comma XV dell’articolo 1129 del Codice civile, che parla del compenso dell’amministratore, prevede che «per quanto non disciplinato dal presente articolo si applicano le disposizioni di cui alla sezione I del capo IX del titolo III del libro IV», cioè la norme sul mandato. E queste prevedono che «il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, e deve pagargli il compenso che gli spetta. Il mandante deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subiti a causa dell’incarico».