L’amministratore condominiale che non riconsegna i documenti e la cassa al termine del proprio incarico rischia di essere condannato per appropriazione indebita, e anche se la revoca del proprio mandato è avvenuta in maniera “irrituale”. A nulla rileva pertanto il fatto che l’assemblea nella quale si è deliberata la revoca era stata convocata senza il rispetto delle ordinarie modalità con le quali provvedervi: a detta dell’amministratore poi condannato, infatti, i soldi e i documenti erano stati trattenuti in regime di prorogatio della propria carica.
Di diverso accordo è invece la Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 38660/2016 ha ricordato come la ritualità o meno della convocazione dell’assemblea non può incidere sulla configurazione del delitto di appropriazione indebita.
Amministratore condominiale e cessazione incarico
Per poter comprendere in maggior livello di dettaglio come i giudici della Suprema Corte siano giunti a questa pronuncia, giova compiere un passo indietro e ricostruire pur brevemente la vicenda, proprio sulla base della sentenza ora accennata.
Il caso giunge infatti sulle scrivanie della Cassazione dopo che una sentenza della Corte di Appello di Palermo confermava la pronuncia del Tribunale di Palermo dell’anno prima, con la quale veniva riconosciuta la penale responsabilità di un amministratore condominiale reo di essersi appropriato, abusando della sua nomina, di tutti i libri contabili e della documentazione amministrativa in suo possesso.
L’amministratore proponeva tuttavia ricorso per Cassazione, domandando l’annullamento della sentenza impugnata e sollevando a tal fine – tra gli altri che per questioni di brevità non si riportano – i seguenti principali motivi di gravame:
- – violazione degli artt. 646 cod. pen., 125 e 546 cod. pen. per avere la Corte territoriale omesso di considerare che ai fini della configurazione del reato contestato è necessario che la restituzione della cosa posseduta venga rifiutata senza alcuna legittima ragione, da ravvisarsi invece nel caso di specie nell’irritualità della convocazione dell’assemblea condominiale che l’aveva revocato dalla carica di amministratore, sicché doveva ritenersi che lo stesso condominio era ancora amministrato dal ricorrente in regime di prorogatio imperii, tanto che lo stesso ricorrente aveva convocato una nuova assemblea;
- – violazione degli artt. 125, 192, 533 e 546 cod. proc. pen. per non essere stato verificato dai giudici di merito, pur in assenza di una rigorosa analisi del bilancio condominiale, che la somma di euro 2.050,00, consegnata all’amministratore per il pagamento del compenso di un geometra, sia stata distratta per profitto del ricorrente e non impiegata, invece, per altri pagamenti effettuati per conto dell’ente dallo stesso amministrato, non corrispondendo al vero l’assunto della Corte secondo cui egli avrebbe abbandonato di fatto la gestione del condominio dal 2008.
Appropriazione indebita dell’amministratore
Dinanzi a ciò, la Cassazione ha considerato il ricorso inammissibile, con i motivi di impugnazione definiti come manifestamente infondati. Per quanto concerne, in particolar modo, il primo motivo di impugnazione (le azioni compiute in regime di prorogatio), esso è manifestamente privo di fondamento, “atteso che ai fini della configurazione del delitto di appropriazione indebita non può ritenersi determinante la ritualità o meno della convocazione dell’assemblea che aveva revocato il ricorrente dalla carica di amministratore del condominio, convocazione alla quale, peraltro, lo stesso aveva risposto esternando comunque la volontà di dimettersi da tale carica, risultando evidenziato dalla sentenza che comunque (l’amministratore) non ebbe a restituire la somma percepita ed i libri contabili neanche successivamente, nemmeno a seguito della richiesta formulatagli con raccomandata speditagli dal legale del condominio”.
La Corte considera come inammissibile anche il secondo motivo di impugnazione, “dovendosi ritenere congruo e privo di vizi logici il percorso argomentativo della Corte territoriale secondo cui, risultando dimostrato che (l’amministratore) aveva ricevuto dai condomini, oltre alla somma per il compenso delle prestazioni del (geometra), anche l’ulteriore somma che il ricorrente avrebbe dovuto versare all’erario, per conto del condominio quale sostituto di imposta ed a titolo di ritenuta d’acconto, e non essendo stata versata tale somma all’Agenzia delle Entrate, invano lo stesso professionista, e poi anche altro condomino, si erano rivolti (all’amministratore) chiedendogli la ricevuta dell’avvenuto pagamento, così come invano i condomini gli avevano spedito una raccomandata con richiesta di convocare l’assemblea per dar conto della somma che avrebbe dovuto versare come ritenuta d’acconto. Si tratta di ricostruzione che senza vizi logici ha indotto i giudici di merito a riconoscere l’appropriazione delle somme e della documentazione da parte del ricorrente, sicché non può integrare vizio di legittimità la mera prospettazione, da parte di questo, di una diversa valutazione delle risultanze processuali con considerazioni ininfluenti in relazione al caso di specie, atteso che è evidente che la somma ricevuta non poteva essere l’unica ricevuta dal ricorrente per la gestione del condominio, che inevitabilmente disponeva anche di altre entrate per il pagamento delle utenze condominiali”.