Balconi e frontalini

Quando parliamo di balconi, dobbiamo distinguere quelli aggettanti da quelli incassati.

I balconi aggettanti sono quelli che sporgono dalla facciata dell’edificio e costituiscono un prolungamento dell’unità immobiliare, sono di proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti che se ne servono.

I balconi incassati invece sono quelli che non sporgono rispetto ai muri perimetrali, restando incassati nell’edificio condominiale. L’attenzione si sofferma principalmente sul frontalino, che è quella fascia verticale di piccola altezza, che a volte rifinisce sulla fronte una struttura orizzontale aggettante (la parte esterna del parapetto del balcone quella che costituisce una sorta di cornice dello stesso balcone). Il frontalino lo troviamo sia nei balconi incassati, che in quelli aggettanti, ed è proprio in questo caso che sorgono i problemi. Infatti quando si devono effettuare i lavori di manutenzione, ci si domanda a chi debbano essere addebitate le spese per gli interventi sugli stessi.

Natura condominiale dei frontalini dei balconi

Quando si devono effettuare i lavori di manutenzione, ci si domanda a chi debbano essere addebitate le spese per gli interventi sul c.d. frontalino. Tale problematica sorge per il balcone aggettante (cioè quelli sporgenti dalla verticale della facciata dell’edificio) perché sono quelli che appartengono esclusivamente al proprietario dell’appartamento che se ne serve.

Ci si chiede se le spese devono essere sostenute dal proprietario del balcone ovvero dal condominio. Questa questione ha generato negli anni un enorme contezioso. Ormai la giurisprudenza è costante nel ritenere che gli elementi decorativi che caratterizzano la parte frontale del balcone aggettante si debbono considerare beni comuni quando contribuiscono a rendere esteticamente gradevole l’edificio.

Ripartizione delle spese dei frontalini

La Cassazione oggi ritiene che i frontalini appartengono al condominio in quanto elementi estetici e di arredo della facciata. Per cui le relative spese devono essere divise tra tutti i condòmini, anche quelli che affacciano su altro lato del palazzo o quelli che non sono proprietari di balconi (le spese vanno ripartite tra tutti i condomini, secondo i millesimi di proprietà, così come previsto dall’art. 1123 c.c.). Recentemente il Tribunale di Roma con la sentenza n. 915 del 19 Gennaio 2021, ha qualificato le spese da sostenere per il risanamento dei frontalini come “condominiali”.

Tribunale di Roma: frontalini sono condominiali

Con la sentenza n. 915 del 2021, il Tribunale di Roma conferma che i balconi sono una estensione della proprietà individuale, ma contestualmente precisa che si pongono come elementi decorativi esterni che si inseriscono nella facciata. Pertanto, le spese per gli elementi decorativi dei balconi, quando si identificano con la struttura della facciata, vanno ripartite a carico della collettività condominiale, suddivise tra tutti i condomini in maniera proporzionale alle singole quote di proprietà. Questo ragionamento viene fatto anche per i c.d. frontalini e di conseguenza le spese devono essere ripartite tra tutti i condomini, poiché i frontalini vengono considerati elemento imprescindibile della facciata costituendo l’estetica dello stabile allo stesso modo del muro perimetrale dell’edificio con cui si integrano in un rapporto armonico. Lo stesso Tribunale di Roma in precedenti sentenze, ha affermato non essere necessario, affinché i frontalini siano considerati parti comuni, che essi rivestano un particolare pregio architettonico, essendo sufficiente che contribuiscano a segnare le linee ornamentali del fabbricato.

Lastrico solare, spese in caso di danni

I diritti si pagano: chi vanta la titolarità esclusiva del lastrico solare dell’edificio deve rassegnarsi a pagare i danni. Un principio confermato dalla sentenza della Cassazione a Sezioni unite del 10 maggio 2016, n. 9449, riguardante fattispecie della responsabilità per danni derivanti dal lastrico solare esclusivo (esistente in un edificio in condominio).

La Suprema corte, infatti, con la pronuncia 3239 del 7 febbraio 2017 ha affrontato, ancora una volta tale ipotesi dannosa, collocandosi certamente nel solco del precedente intervento ma senza dimenticare di fare anche un passo in avanti nell’ulteriore specificazione interpretativa dell’articolo 1126 del Codice Per cercare di avere un quadro il più sistematico possibile dei complessi principi affermati è opportuno ripercorrere in prima battuta quanto affermato dalle Sezioni unite.

Vediamo in ordine i princìpi da seguire:

a) la responsabilità per l’eventuale danno causato dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare esclusivo (o dalla terrazza a livello, sempre esclusiva) va ricondotta nell’ambito dell’illecito extracontrattuale;

b) in ogni caso, non si può ignorare la specificità di tale tipologia di copertura, in quanto, da un lato, la sua superficie, costituisce oggetto dell’uso esclusivo di chi abbia il relativo diritto; e, dall’altro, la sua parte strutturale sottostante costituisce “cosa comune”, perché contribuisce ad assicurare la copertura dell’edificio;

c) diverse sono le posizioni del titolare dell’uso esclusivo sul lastrico solare e del condominio;

d) da una parte, il titolare di tale diritto è tenuto agli obblighi di custodia, ex articolo 2051 del Codice civile, in quanto si trova in rapporto diretto con il bene potenzialmente dannoso;

e) dall’altra parte, il condominio è tenuto (secondo gli articoli 1130, comma 1, n. 4. e 1135, comma 1, n. 4, del Codice civile) a compiere gli atti conservativi e le opere di manutenzione straordinaria relativi alle parti comuni dell’edificio e della relativa omissione risponde in base all’ articolo 2043 del Codice civile;

f) queste due responsabilità di cui ai punti d) ed e) possono concorrere tra loro;

g) in tal caso, il criterio di riparto previsto per le spese di riparazione o di ricostruzione dall’articolo 1126 del Codice civile (un terzo/due terzi) costituisce un parametro legale rappresentativo di una situazione di fatto, correlata all’uso e alla custodia della cosa, valevole anche ai fini della ripartizione del danno eventualmente cagionato;

h) diversamente, nel caso in cui risulti che il titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico solare o della terrazza a livello sia responsabile dei danni provocati ad altre unità immobiliari presenti nell’edificio per effetto di una condotta che abbia essa stessa provocato il danno; ipotesi in cui il titolare del diritto va conseguentemente ritenuto l’unico responsabile.

Da tale impostazione, che ormai può dirsi definitiva, deriva che non possono più essere prese in considerazione le precedenti sentenze della Cassazione che attribuivano la custodia del lastrico solare al condominio (25288/2015), ai condòmini (1674/2015), o addirittura all’amministratore (17983/2014) anche se tale area fosse esclusiva.

In sostanza, per le Sezioni unite del 2016 il «custode» è solo il titolare esclusivo, e non il condominio, il quale risponde, al massimo, per una sua condotta illecita (articolo 2043 del Codice civile), qual è certamente l’omissione di manutenzione.

Una ulteriore pronuncia della Cassazione 3239/2017, oltre a confermare questa impostazione, aggiunge un tassello importante per la valutazione del caso concreto: “per poter attribuire la responsabilità per danni derivanti dal lastrico solare occorre effettuare un’indagine – evidentemente a mezzo di perizia tecnica – sulle specifiche cause dell’evento e se tali cause, in particolare, sono ascrivibili a un concorso di responsabilità oppure a un fatto esclusivo del titolare del diritto di uso (vedasi ipotesi di danni provocati dall’ostruzione alla griglia di scarico delle acque piovane su un lastrico solare di proprietà esclusiva, come da sentenza di Cassazione 26086/2005 )

Assemblee condominiali senza l’effetto sorpresa

Il contenuto delle deliberazioni deve sempre risultare da un verbale scritto. Il testo della delibera deve quindi essere chiaro e consentire di individuare con certezza la volontà espressa dalla maggioranza dei condomini. Questo il chiarimento contenuto nella sentenza n. 106 della Corte di appello di Genova

Niente effetto sorpresa per le deliberazioni assembleari. Il contenuto delle stesse deve sempre risultare da un verbale scritto, da conservare nell’apposito registro previsto dall’art. 1130 c.c. Il testo della delibera deve quindi essere chiaro e consentire di individuare con certezza la volontà espressa dalla maggioranza dei condomini, in modo da garantirne l’efficacia e consentire all’amministratore di eseguirla. In caso di incertezza sul contenuto della delibera non si può quindi fare riferimento ai testimoni, perché è inaccettabile una delibera con contenuto «a sorpresa», che emerga a distanza di tempo, quando magari siano già trascorsi i termini per impugnarla. Questo l’interessante chiarimento contenuto nella recente sentenza n. 106 della Corte di appello di Genova, pubblicata lo scorso 29 gennaio 2021.

Il caso concreto. Nella specie era stata impugnata la deliberazione con cui l’assemblea si era espressa su un intervento da effettuare sull’impianto idrico e sulla ripartizione tra i condomini della relativa spesa.

Secondo il tribunale, che aveva accolto l’impugnazione, la delibera in questione risultava indeterminata, in quanto erano stati previsti due possibili criteri alternativi di imputazione della spesa, ma nel verbale non era stata specificata quale fosse la volontà assembleare, non essendo stato indicato quale dei due criteri fosse stato approvato dalla maggioranza dei condomini.

Il condominio, convinto che si trattasse di un mero errore materiale relativo alla redazione del verbale, aveva quindi impugnato la sentenza, rimproverando al giudice di primo grado di non avere provveduto a superare la presunta incertezza del contenuto della delibera in questione con l’applicazione dei criteri di interpretazione cui agli artt. 1362 ss. c.c.

Secondo il condominio l’andamento dei fatti era del tutto chiaro. Si era proceduto a mettere in votazione la prima delle due ipotesi prospettate ai condomini, ovvero la divisione delle spese in parti uguali. L’assemblea si era quindi espressa su questa ipotesi e vi erano stati voti favorevoli e contrari.

Superbonus e compenso extra per l’amministratore

Pur senza essere la figura centrale del Superbonus, l’amministratore di condominio, in quanto legale rappresentante della committenza, vedrà certamente aumentato il carico del proprio lavoro in ragione degli adempimenti, ad esempio di natura fiscale, che gli sono attribuiti.
Allora ci chiede se l’amministratore ha diritto ad un compenso extra o meno.

Com’è noto l’amministratore all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”. L’interpretazione restrittiva di questa norma fa sì che nell’assemblea che si terrà per la deliberazione dei lavori teoricamente l’amministratore non potrebbe domandare un compenso per l’attività connessa all’ esecuzione degli interventi in esame.

V’è, invece, chi ritiene che la norma vada interpretata nel senso che il mandatario, ovvero l’amministratore, non possa pretendere al termine dell’anno di gestione somme non indicate nel compenso analitico indicato con la nomina o il rinnovo, ma che ciò non impedisca l’approvazione preventiva di uno specifico compenso per attività straordinaria al momento dell’approvazione stessa di quelle opere.

Una posizione quest’ultima più coerente anche con lo spirito della norma e la tipologia d’incarico, assimilabile al mandato, previsto solamente per atti ordinari e straordinari urgenti.

La ratio è chiara: si conferisce uno specifico incarico e per quell’incarico si deve conoscere il compenso in anticipo. Attività straordinarie non urgenti e per le quali non è dato mandato non rientrano nell’attività concordata e prevista dalla legge. Nulla vieta, allora, nella libera contrattazione tra le parti di prevedere un compenso per l’attività connesse alle opere straordinarie appositamente deliberate.

Con l’accortezza che il compenso debba essere approvato contestualmente all’approvazione dei lavori, non dopo.

Diverso il caso del compenso riconosciuto all’amministratore di condominio dalle altre parti contrattuali. Questo, palesandosi come un potenziale conflitto d’interessi, può portare all’annullamento del contratto.

La giurisprudenza ha specificato in più occasioni e circostanze che:

  • il conflitto deve sostanziarsi in un rapporto d’incompatibilità tra gli interessi del rappresentato e quelli del rappresentante che deve verificarsi concretamente e non essere semplicemente astratto;
  • a meno che non si tratti di contratto concluso con se stesso ex art. 1395 c.c., a nulla vale la preventiva informazione data all’assemblea condominiale sul fatto che la/le società proposta/e per l’esecuzione dei lavori riconosca/ano all’amministratore un compenso.

Non è automatica, dunque, l’assimilazione rapporto economico impresa amministratore conflitto col condominio e quindi annullabilità del contratto.

La situazione andrebbe valutata caso per caso: come si è arrivati a scegliere quell’impresa?
Era l’offerta più conveniente?
Il guadagno dell’amministratore ha sacrificato il beneficio per il condominio?

Un giudizio concreto, come dice la Cassazione, che sfugge a generalizzazioni di sorta.

Una valutazione di opportunità, comunque, imporrebbe di evitare questo genere di commistioni che, per quanto in astratto non siano di per sé foriere di danno per il condominio, in concreto minano l’indipendenza del legale rappresentante sostanzialmente e formalmente, rischiando d’intaccar e la sua credibilità verso il mandante e esponendo la compagine in caso di conflitti durante l’esecuzione dei lavori ad una tutela inferiore.
E proprio qui, cioè nello svolgimento del rapporto, nella cura dell’interesse reale del condominio alla migliore esecuzione delle opere che può annidarsi il conflitto.
Rammentiamo, infine, che qualunque compenso dato all’amministratore per i lavori in esame non è detraibile, secondo l’interpretazione attuale e consolidata fornita alle norme dall’Agenzia delle Entrate.

ULTIMORA
Ci si sta attivando per presentare una richiesta di interpello all’Agenzia delle Entrate, finalizzata a veder riconosciuto come detraibile il compenso dell’amministratore, quale professionista all’interno della procedura atta all’ottenimento degli sgravi fiscali di cui al Superbonus 110%. Infatti, qualora l’amministratore agisca come professionista incaricato dal General Contractor risulterebbe essere anche il responsabile del trattamento dati nei confronti di questo, configurandosi perciò un contratto di mandato che, come tale, si presume a titolo oneroso. Vedremo cosa risponde l’AdE

Superbonus 110%, la guida aggiornata dell’Agenzia delle Entrate

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L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la guida al superbonus 110% aggiornata a febbraio 2021, contenente tutte le novità introdotte dalla legge di bilancio 2021 che ha prorogato l’ecobonus 110% fino al 30 giugno 2022.

La legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 30 dicembre 2020) ha prorogato il Superbonus al 30 giugno 2022 (e, in alcuni casi, al 31 dicembre 2022 o al 30 giugno 2023).

Altra importante novità, introdotta dal decreto Rilancio, è la possibilità di optare, in sostituzione della fruizione diretta della detrazione, per un contributo anticipato sotto forma di sconto dai fornitori dei beni o servizi (sconto in fattura) o, in alternativa, per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante.

SCARICA LA GUIDA AGGIORNATA

1° Corso on line “light” (Mediazione e Condominio)

News-Corsi-LiteGentili Associati,
in un momento come quello attuale che ci impedisce di poter organizzare i normali Corsi di Aggiornamento in presenza, abbiamo deciso di consentirVi l’accesso ad un nuovo servizio che offre la possibilità di iscriversi gratuitamente a dei corsi online “ligth”, sempre fruibili H 24.
Saranno infatti disponibili ogni 15 giorni, per la durata di quattro mesi, dei mini corsi online relativi ciascuno ad un argomento.
Dopo l’iscrizione, ripeto libera e gratuita, svolgendo, in sequenza tutti i corsi sarà possibile, al termine, previo svolgimento di un semplice test, richiedere l’Attestato valido per la Formazione continua, obbligatoria, ai sensi del D.M. 140/2014.
Sperando di aver fatto cosa gradita, invio cordiali saluti.
Dr. Giuseppe Cinà

Per richiedere l’attivazione del corso inviare una mail a : segreteria@arai.it

Superbonus 110% e asseverazioni

Le asseverazioni devono essere prodotte sempre, a prescindere dall’opzione scelta per usufruire della detrazione.

Per gli interventi di efficientamento energetico, i tecnici (ingegneri, architetti o geometri per gli interventi meno complessi) devono asseverare il rispetto dei requisiti tecnici indicati nel DM Requisiti tecnici 6 agosto 2020. L’asseverazione deve essere trasmessa all’Enea secondo le indicazioni del DM Asseverazioni 6 agosto 2020.

Per gli interventi antisismici, la riduzione del rischio sismico deve essere asseverata dai professionisti incaricati della progettazione strutturale, della direzione dei lavori delle strutture e del collaudo statico, secondo le rispettive competenze, iscritti agli ordini o ai collegi professionali di appartenenza. L’asseverazione deve essere redatta secondo le indicazioni contenute nel DM 329/2020 e depositata presso lo sportello unico per l’edilizia.

Vendita dell’immobile e spese condominiali

Un discorso a parte merita il contratto di compravendita. Infatti, uno dei temi più dibattuti in ambito condominiale riguarda la ripartizione delle spese tra acquirente e venditore. Capita spesso che il nuovo proprietario si trovi a dover pagare degli oneri relativi a delibere assembleari a cui non ha partecipato, oppure che il rogito contenga prescrizioni precise, poi inadempiute dalle parti. Di seguito, una breve disamina di questa casistica.

Quando l’acquirente diventa condomino

L’acquirente dell’immobile diventa condomino dal momento della stipula del contratto di compravendita e, da allora, l’amministratore può esigere la corresponsione degli oneri condominiali. Inoltre, chi cede diritti su unità immobiliari (ossia il venditore) resta obbligato solidalmente con l’avente causa (vale a dire, il compratore) per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto (art. 63 c. 5 disp. att. c.c.).

Teleassemblee e Superbonus, una svolta per i condomini

Per svolgere una riunione in modalità completamente virtuale ora basta il consenso della maggioranza dei condomini. Ecco come muoversi per risparmiare tempo ed evitare contenziosi.

Il Superbonus 110% è ormai entrato nel vivo, purtroppo in contemporanea con l’arrivo della seconda ondata di Covid, che rappresenta un oggettivo freno – specie nel caso dei condomìni – all’approvazione degli interventi di ristrutturazione. Interventi che, per la portata e l’impegno economico, richiedono come è ovvio un confronto tra inquilini in sede assembleare.

Il tema è fin troppo noto: nei mesi scorsi, il Decreto Rilancio ha introdotto il cosiddetto Superbonus: una detrazione del 110% sulle spese sostenute per chi effettuerà interventi di isolamento termico, sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale e riduzione del rischio sismico nei propri condomini o abitazioni singole. La detrazione fiscale del 110% vale per i lavori effettuati dal 1 luglio 2020 al 31 dicembre 2022 e sarà suddivisa in 5 rate di pari ammontare. In alternativa, la detrazione si può cedere attraverso uno sconto in fattura.

Lo scoglio assemblee per i condomini.

Per chi abita in condominio e vuole accedere a queste agevolazioni quali il Superbonus 110%, previsto fino al 31 dicembre 2022, oggi c’è tuttavia lo scoglio delle assemblee date le restrizioni legate alla pandemia Covid-19. Vediamo come comportarsi per approvare i lavori e, soprattutto per evitare i rischi di futuri contenziosi. L’obiettivo è chiaro: far partire i lavori in tempi accettabili. Ma ogni situazione va valutata caso per caso e, soprattutto, non esistono regole infallibili. Il legislatore ha provveduto in tale senso a introdurre qualche novità con l’articolo 63 del Decreto Agosto – DL n. 104/2020 convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 126/2020 dove si prevede, che le deliberazioni condominiali aventi per oggetto l’approvazione degli interventi di efficienza energetica e delle misure antisismiche sugli edifici e dei relativi finanziamenti con possibilità di usufruire delle detrazioni fiscali previsti dal Decreto-legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio), siano valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio. Inoltre altra novità di rilievo, introdotta in sede di conversione e contenuta nel nuovo comma 1-bis dell’art. 63, è quella di poter prevedere lo svolgimento di un’assemblea di condominio anche in videoconferenza previo il consenso all’unanimità di tutti i condomini. Ma per dare un ulteriore spinta, la novità delle ultime settimane è tutta in un emendamento alla legge di conversione del Dl 125/2020, approvato dal Senato, che consente di passare alle teleassemblee con il “previo consenso” della sola maggioranza dei condomini mentre, prima dell’emendamento stesso, serviva l’unanimità. Una differenza non da poco, divenuta operativa con il via libera definitivo al Decreto. Anche se il consiglio degli esperti è quello di evitare forzature, usare il buon senso e cercare di muoversi sempre in totale armonia all’interno del condominio. Troppo alto, infatti, il rischio di futuri contenziosi in una materia – le teleassemblee di condominio – ancora molto fluida dal punto di vista normativo e in cui manca giurisprudenza.

Alcuni punti fermi per evitare contenziosi

Che scenari apre questo passaggio normativo e quali sono le possibilità realmente offerte dall’attuale quadro normativo e sanitario? Cerchiamo di mettere alcuni punti fermi. Innanzitutto, la valida alternativa della teleassemblea “totale”, anche con la semplice preventiva maggioranza dei condòmini consenzienti, è possibile e senza contenziosi, un po’ come l’assemblea “mista”, solo se il condominio è medio-piccolo e se tutti sono effettivamente d’accordo a farla (in questa situazione anche l’unanimità preventiva ha un senso). In secondo luogo, ove possibile (non nelle zone rosse), la soluzione con meno vincoli formali sarebbe l’assemblea “mista”, convocata cioè in maniera tradizionale in un luogo fisico e dove prima dell’inizio l’amministratore, che avrà indicato come possibile l’uso di una piattaforma telematica, si preoccupa di verificare il voto unanime degli intervenuti (presenti e remoti) sulla legittimità della partecipazione online. In questo modo, lavorando sul concetto di “consenso preventivo” di cui al comma 6 dell’articolo 66 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile, si renderebbe inutile l’unanimità dei condomini.

Ancora: sempre in tema di restrizioni alla mobilità, i problemi pratici causati dalla presenza di alcuni condomini – anche in questo caso il discorso non vale per le zone rosse – sono comunque risolvibili se l’amministratore fa in modo che ci siano pochissime persone, l’ideale è da una a sei; per gli altri bisogna assicurarsi che tutti possano andare online.

Naturalmente va adeguato il luogo dell’assemblea (che potrebbe essere benissimo lo studio se davvero si riesce a garantire una presenza minima), preparandolo sotto il profilo tecnologico e sanitario; in sostanza, con un uso accorto delle deleghe e dell’online, aiutando chi ha meno dimestichezza con gli strumenti telematici, l’amministratore può realizzare un’assemblea mista senza rischi reali per sè e per i condòmini. Una soluzione, quest’ultima, che diminuisce il rischio di contenziosi.

Tuttavia, grazie alla facilità di utilizzo dei nuovi strumenti digitali sempre più accessibili a tutti e la semplicità delle piattaforme, le assemblee telematiche potrebbero aprire una nuova era per le riunioni di condominio, anche per quei condomini che non hanno dimestichezza con la tecnologia agevolando lo svolgimento delle stesse.

Basti pensare per alle “seconde case” dove in questo caso i proprietari potrebbero partecipare più facilmente alle riunioni. Inoltre, in un momento come quello che stiamo vivendo garantiscono una maggiore attenzione alla sicurezza e alla sostenibilità.

Isolamento termico del lastrico solare di un edificio in condominio di proprietà esclusiva

In riferimento ad un intervento condominiale eseguito dal proprietario di un’abitazione alla quale è accorpato il lastrico solare di proprietà esclusiva che copre l’intero edificio, l’Agenzia delle Entrate ammette l’ecobonus al 110% per l’isolamento termico del lastrico solare di proprietà esclusiva, come intervento “trainante” di tipo condominiale, in presenza di spese sostenute interamente dal condomino proprietario, anche in misura eccedente la propria quota millesimale di proprietà.

Per l’ecobonus necessaria la presenza dell’impianto di riscaldamento

La fruizione di ecobonus e super ecobonus è vincolata alla presenza di un impianto di riscaldamento nell’edificio esistente. Solo gli immobili con impianto di riscaldamento possono accedere alle detrazioni volte a incrementare l’efficienza energetica degli edifici. In tale ottica, la recente estensione della definizione di impianto ha ampliato enormemente la possibilità di accedere agli incentivi.

Nei fatti, è considerato impianto ogni sistema volto a riscaldare un ambiente, indipendentemente dal vettore energetico o dalla tecnologia impiegata. In base all’articolo 2 del Dlgs 192/2005, modificato dal Dlgs 48/2020, è impianto termico un «impianto tecnologico fisso destinato ai servizi di climatizzazione invernale o estiva degli ambienti, con o senza produzione di acqua calda sanitaria, o destinato alla sola produzione di acqua calda sanitaria, indipendentemente dal vettore energetico utilizzato, comprendente eventuali sistemi di produzione, distribuzione, accumulo e utilizzazione del calore nonché gli organi di regolazione e controllo, eventualmente combinato con impianti di ventilazione». Non sono però considerati impianto i sistemi dedicati solo alla produzione di acqua calda sanitaria al servizio di singole unità immobiliari a uso residenziale).

Pertanto, per gli interventi realizzati a partire dall’11 giugno 2020 (data di entrata in vigore del Dlgs 48/2020) si possono considerare come impianto le stufe a legna o a pellet, senza alcuna preoccupazione in merito alla potenza delle medesime. Allo stesso modo, è considerato impianto per un edificio unifamiliare anche il solo sistema basato su pompe di calore “aria-aria”: qualora lo si sostituisca con un impianto basato su tecnologia a pompa di calore, si può accedere al superbonus 110%, in quanto questo si configura come intervento trainante. La circolare 30/E per individuare gli impianti presenti prima dell’intervento fa riferimento ai sistemi documentabili attraverso il libretto di impianto per la climatizzazione di cui al Dm 10 febbraio 2014. Diventa quindi rilevante poter fornire, in caso di controllo successivo, il libretto d’impianto, in grado di testimoniare l’intera storia dell’impianto asservito all’edificio oggetto di intervento. Il libretto aggiornato documenta l’effettiva presenza iniziale di un sistema dedicato al riscaldamento degli ambienti. Fa eccezione l’edificio collabente per il quale in assenza del libretto potrebbe essere sufficiente anche provare l’esistenza di un impianto non funzionante.