Ristrutturare casa o condomini gratis e lo Stato paga l’impresa con sconti fiscali fino al 110%

Il governo che paga i cittadini per rifarsi casa, e lascia anche una “mancia fiscale” del 10%. E’ la nuova misura che entrerà a ore nel decreto “aprile” per rilanciare l’edilizia e “imprimere una svolta epocale nelle politiche pubbliche, per far compiere all’Italia un passo da gigante nella crescita sostenibile rendendo la tutela ambientale il volano dell’economia”.

Così ne parla il sottosegretario di Stato Riccardo Fraccaro, che da quasi un anno pensava a questa iniziativa di stampo keynesiano e ora l’ha sbloccata in risposta all’emergenza Covid-19.

Nelle stime del Dipartimento finanze del Tesoro, che ha valutato l’impatto sui conti pubblici, le minori entrate fiscali nel quinquennio su cui varrà la misura dovrebbero attestarsi su 16 miliardi di euro totali, come differenza tra le attuali aliquote di sgravio e il prossimo 110%. Ma la relazione illustrativa della norma prevede che “l’aumento del gettito legato agli effetti moltiplicativi dell’investimento iniziale consenta alla misura di ripagarsi praticamente da sola”.

Cosa prevede la “norma 110%”

La nuova norma incentiva la riconversione energetica e lo sviluppo del patrimonio immobiliare, con forti detrazioni fiscali dilazionate su cinque anni.

La principale novità riguarda l’aumento delle aliquote di detrazione, fino al 110%, per interventi di riqualificazione energetica e messa in sicurezza degli edifici. Sono facilitazioni introdotte nel 2013, e che allora si sono rivelate un puntello importante per il settore, con flussi rilevanti di domanda aggiuntiva.

Da luglio, e per 18 mesi, le aliquote detraibili per gli interventi di efficientamento energetico (il cosiddetto “ecobonus” della vecchia legge) e antisismico (“sismabonus”), rispettivamente del 65% e del 50% dei lavori, saliranno al 110%. E la detrazione al 110% varrà anche per altri lavori di riqualificazione energetica, restauro facciate o installazione di impianti fotovoltaici per produrre elettricità.

I nuovi incentivi si applicano “agli interventi effettuati dai condomini, dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, e dagli Istituti autonomi case popolari (Iacp)”, si legge nell’ultima bozza.

Un esempio e le soglie massime

Se il signor Rossi svolge lavori che ricadono negli interventi considerati per 10 mila euro, riceverà alla dichiarazione dei redditi una detrazione pari al 110% della fattura (qui 11 mila euro), da usare in compensazione per 2200 euro l’anno in cinque dichiarazioni.

I lavori agevolati, che sono preclusi alle imprese (ma non alle associazioni, alle fondazioni e a chi opera nel terzo settore, dove il credito d’imposta previsto è il 100%), hanno delle soglie massime.

Fino a 60 mila euro “per numero di unità immobiliari” (nel caso di abitazioni in condominio) per interventi di isolamento termico; fino a 30 mila euro per numero di unità immobiliari per quelli sulle parti comuni e sulla climatizzazione; fino a 10 mila euro per numero di unità immobiliari per quelli sulle caldaie a gasolio (almeno di classe A); fino a 48 mila euro, o 2.400 euro per Kwh di potenza nominale, per gli impianti fotovoltaici.

La cessione del bonus fiscale di chi ristruttura

Il credito sarà cedibile a terzi di ogni tipo senza limiti. Nel caso il committente lo giri all’impresa che fa i lavori, li otterrà senza versare un euro: lo sconto applicato sarà identico alla fattura (100%), poi l’impresa recupererà il credito d’imposta in cinque anni dalle sue tasse. Se invece chi fa i lavori cederà il credito fiscale a una compagnia assicurativa, potrà beneficiare del 90% della somma per stipulare una contestuale polizza su rischi di calamità (finora quella detrazione è del 19%).

Un’opzione alternativa, prevista cambiando le norme sulla cedibilità delle detrazioni, consente a chi commissiona i lavori o all’impresa che li fa di vendere a banche o altri intermediari la detrazione, per dare liquidità immediata all’edilizia, alle condizioni commerciali applicate dalle banche o dai grandi gruppi dell’energia (Enel, Eni e Snam tra questi), e creare un mercato dei crediti fiscali a prezzi tali da coprire almeno il costo dei lavori.

Mediazione e Coronavirus

Durante l’emergenza cronavirus non viene sospeso il termine di 30 giorni per impugnare le delibere dell’assemblea di condominio. Infatti, l’articolo 1137 del Codice civile non è un termine processuale, ma sostanziale, anche agli effetti dell’articolo 83, comma 2, del Dl 18/2020.

L’articolo 83 dispone di sospendere «la decorrenza dei termini dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse» dalle misure organizzative adottate dai capi degli uffici giudiziari.

La dottrina, però, legittima l’orientamento della mancata sospensione, partendo dall’articolo 1137 del Codice civile. La riforma del 2012 ha infatti mutato la valenza del termine, dalla decadenza alla perentorietà.

Nella disponibilità delle parti

Si tratta ora di un termine rimesso alla disponibilità delle parti e la relativa violazione non può essere rilevata d’ufficio dal giudice (Cassazione, sentenza 8449/2008). Lo stesso esercizio del diritto all’impugnazione, rimesso alla parte, non deve per forza concretizzarsi con la notifica di un atto processuale.

La mediazione

E la previsione contenuta nell’articolo 2966 del Codice civile, secondo cui la «decadenza non è impedita se non dal compimento dell’atto previsto dalla legge o dal contratto», può farsi valere anche con il ricorso all’istanza di mediazione.

La sospensione dei termini viene estesa anche ai procedimenti di mediazione che «siano stati introdotti o risultino già pendenti a far data dal 9 marzo», facendosi salvo, nel periodo 9 marzo – 30 giugno 2020, lo svolgimento degli incontri di mediazione in via telematica con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte.

Comunque il termine perentorio per impugnare una delibera assembleare può essere interrotto dalla notifica di un atto di citazione via pec o dalla comunicazione di una istanza di mediazione, attività anche oggi realizzabili senza problemi.

QUADRO AC e amministratori di condominio

L’amministratore o il rappresentante di condominio in sua vece hanno l’obbligo di compilare i quadri dedicati del modello 730 (Quadro K) o del modello UNICO Redditi (Quadro AC) in relazione agli interventi effettuati sulle parti comuni condominiali.

L’obbligo di compilazione sussiste per gli amministratori in carica al 31 dicembre 2019 (e per ogni anno in carica al 31 dicembre dell’anno precedente la dichiarazione) e riguarda la comunicazione dei seguenti adempimenti:

– comunicare i dati catastali del condominio a fronte di interventi di recupero del patrimonio edilizio realizzati sulle parti comuni;

– comunicare all’Anagrafe Tributaria l’importo complessivo dei beni e servizi acquistati nell’anno solare e i dati identificativi dei relativi fornitori (art. 7, comma 8-bis, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 605) Attenzione va prestata al fatto che questo secondo obbligo sussiste anche per i condomini con meno di otto condomini. Per questi condomini non essendovi obbligo di amministratore si presume che uno dei condomini debba occuparsene a vantaggio di tutti gli altri.

L’amministratore in carica al 31 dicembre anche nel caso in cui sia successivamente cessato dal mandato ha l’obbligo di compilare i quadri in oggetto per quel condominio. Qualora non vi provveda incorre in una sanzione compresa tra 258 e 2.065 euro, sanzione esclusivamente a carico dell’amministratore stesso e non del condominio.

Dato che l’entrata in vigore del D.L. 70/2011 ha eliminato l’obbligo di inviare tramite raccomandata la comunicazione di inizio lavori di ristrutturazione al Centro Operativo di Pescara, al fine di poter usufruire delle eventuali detrazioni delle spese sostenute per i suddetti interventi, l’amministratore deve indicare i dati catastali identificativi dell’immobile nei modelli di dichiarazione in oggetto.

INTERVENTI LEGISLATIVI IN ARRIVO PER RENDICONTI ED ASSEMBLEE

L’interesse verso la categoria degli amministratori di condominio dalla Camera dei deputati con l’emendamento in lavorazione dal M5S, ora passa anche per il Senato attraverso la predisposizione di una interrogazione parlamentare che sta sviluppando l’opposizione con il senatore Antonio Saccone.Camere diverse, ruoli e orientamenti politici anche, ma la finalità appare univoca.

L’annuncio dell’interrogazione
«Le associazioni di categoria degli amministratori condominiali sono seriamente preoccupate per l’avvicinarsi dello scadere dei termini di legge per l’approvazione dei bilanci annuali e, visto il divieto di assembramento previsto e reiterato dai diversi Dpcm emanati dal governo, temono di ricadere nelle disposizioni normative vigenti che prevedono per l’inadempienza nel convocare le necessarie assemblee, di poter essere rimossi dall’incarico».

Questo è quanto riportato in una nota dal senatore Antonio Saccone (F.I. – Udc), il quale annuncia: «non essendo stata prevista da nessun Dpcm fino ad oggi emanato dal governo una soluzione a tale problematica nè una proroga dei termini di legge, presenterò un’interrogazione parlamentare ai ministri della Giustizia, dell’innovazione tecnologica e dello Sviluppo Economico».

Le assemblee da remoto da regolamentare
Il senatore fa inoltre notare che «l’assemblea condominiale viene regolamentata dall’articolo 1136 Codice civile la quale però non precisa se l’intervento debba essere con una presenza fisica oppure anche da remoto o virtuale. L’articolo 66 disposizioni attuative Codice civile, invece, stabilisce che l’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale deve indicare espressamente il luogo dove si svolge la riunione, facendo intendere che deve essere un luogo fisico, come ha confermato la giurisprudenza di legittimità, lasciando intendere che questa norma è inderogabile».

La proroga dei rendiconti fino al 31 dicembre 2020
Il comunicato però lascia intendere che si interverrà in maniera più incisiva rispetto alla richiesta di intervento amministrativo, palesandosi come impellente un’attività più incisiva e risolutiva: «ad un immediato intervento amministrativo, occorre far seguire anche un mirato intervento legislativo, sulla scorta degli studi già apportati dagli esperti del settore, poiché la normativa condominiale non prevede la possibilità di effettuare assemblee in videoconferenza. Nella situazione attuale, vi è un blocco totale delle attività condominiali, salvo iniziative assunte in via autonoma dall’amministratore di condominio, tra le quali non rientra l’obbligo di cui all’articolo 1130, numero 10 Codice civile che prevede di ‘redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni’, ossia entro il 30 giugno 2020: una eventuale inadempienza sotto questo punto di vista comporta la revoca dell’amministratore».

Chiude quindi il senatore con l’annuncio: «Chiederò, pertanto ai ministri competenti se non sia il caso di prorogare l’attuale termine di 6 mesi di ulteriori 6, ovvero fino al 31 dicembre 2020».

Conclusioni
Che maggioranza e opposizione per una volta confermino le loro intenzioni, che Camera e Sanato si uniscano nei comuni intenti è importante. Chissà che non si intervenga non solo per tamponare la situazione emergenziale, ma anche successivamente per riscontrare le tante esigenze di modifica radicale e strutturale del sistema condominiale.

Il nodo della morosità

Un impegno di riflessione riguarda la morosità dei pagamenti dei rate condominiali, ovvero il problema del rallentamento del flusso di cassa, prevedibilmente destinato a crescere.

Una idea che potrebbe essere presa in esame per garantire regolari flussi di cassa per gli amministratori di condominio riguardo ai pagamenti delle quote condominiali da parte dei condòmini e per i locatori dei fitti di casa dai propri conduttori è quella dell’obbligo di sottoscrizione di polizze fideiussorie bancarie da parte di condòmini e conduttori. Come pure, in ipotesi, si potrebbe pensare di destinare il 2 per mille o il 5 per mille dell’Irpef a favore principalmente di famiglie bisognevoli di un sostegno economico nei condomini.

Condominio e coronavirus: problematiche

Assemblee

In ambito condominiale uno dei problemi da affrontare, dal punto di vista legislativo, dovrà essere quello della regolamentazione dell’espletamento delle assemblee condominiali in videoconferenza (full da remoto e/o in parte telematicamente e in parte “fisicamente” nel luogo indicato dall’amministratore), lasciando però anche liberi i condòmini di continuare ad utilizzare la precedente prassi delle adunanze fisiche piuttosto che virtuali.

Una idea avveniristica e rivoluzionaria, suscettibile di approfondimento, potrebbe essere di revisionare gli attuali principi codicistici in materia di assemblee prevedendo adunanze composte, oltre che dall’amministratore e dal segretario, esclusivamente da tre figure esperte estranee al condominio, ciascuna portatrice di delega di rappresentanza rilasciata da altrettanti gruppi di condòmini. Insomma, assemblee ristrette con pochi soggetti.

ATTIVITA’ DELL’AMMINISTRATORE E COVID 19

Quanto all’attività dell’amministrazione condominiale, malgrado la mancata inclusione nell’allegato 3 del codice Ateco 68.32.00, si ricorda che nei chiarimenti sulle FAQ pubblicate già nelle scorse settimane sul sito del Governo, è esplicitato chiaramente che per il quale “Tutte le attività professionali, a prescindere dalla forma con cui vengono svolte, sono espressamente consentite in quanto prevale la natura dell’attività non la forma con cui la stessa si esercita. Peraltro, in termini più generali, la chiara dizione del Dpcm del 22 marzo 2020 non può trovare ostacolo nell’eventuale lacuna del suo allegato.

Amministratore condannato a risarcire 3 mila euro

Per il tribunale di Torino è antigiuridica la divulgazione da parte dell’amministratore di informazioni personali dei condomini, anche se ad altri condomini, senza il rispetto delle modalità previste dalla legge

Il trattamento dei dati personali, per essere lecito, deve avvenire nell’osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti (art. 11 del codice).

Sull’amministratore del condominio, pertanto, grava il dovere di adottare le opportune cautele per evitare l’accesso a quei dati da parte di persone estranee al condominio e per tutelare la dignità dell’interessato.

Ai sensi dell’art. 1130 c.c., è consentito all’amministratore comunicare ai condomini la situazione debitoria degli altri partecipanti, ma le comunicazioni devono rispettare sempre quanto previsto dalla legge e gli accorgimenti dettati a tutela della dignità dell’interessato.

Anche il vademecum del Garante della Privacy pubblicato nell’ottobre 2013 conferma che, “oltre alle informazioni che lo riguardano …” ogni condomino “può conoscere le spese e gli inadempimenti degli altri condomini, sia al momento del rendiconto annuale sia facendone richiesta all’amministratore“. Di certo, dunque, tali informazioni non possono essere comunicate ad esempio ai condomini “incontrati casualmente per strada” ovvero al di fuori delle forme prescritte dall’ordinamento.

Il Tribunale di Torino con sentenza 12 Marzo 2019 chiarisce che le comunicazioni che avvengono non rispettando le modalità stabilite dall’ordinamento, anche se effettuate nei confronti di altri condomini, risultano illegittime e antigiuridiche e per tale motivo l’amministratore ha subito una pesante condanna pecunaria di notevole entità (euro 3.000) a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale causato ad un condomino dall’illecita divulgazione di informazione personali.

BONUS FACCIATE A RISCHIO

A rischio anche la questione del bonus facciate in condominio, che, secondo le previsioni degli addetti ai lavori, potrebbe saltare a causa dell’emergenza coronavirus. Il bonus stabilisce una serie di passaggi e di adempimenti che il blocco delle assemblee condominiali, a causa dell’epidemia in corso, ha rallentato, mettendo in forse i tempi delle ristrutturazioni. A ciò si aggiunga che «per avviare l’iter occorre la delibera dell’assemblea condominiale con il voto della maggioranza degli intervenuti all’assemblea e la metà del valore dell’edificio, ovvero 500 millesimi. Essendo ferme le assemblee fino a data da destinarsi, l’intero processo decisionale è bloccato. Se si considera che, al fine di documentare gli esborsi, entro dicembre è necessario aver effettuato i pagamenti dei lavori, il timore che la detrazione rischi di saltare appare assai concreto»

Da questo angolo visuale, le richieste al Governo riguardano una proroga sul termine dei pagamenti fino al 2021 per consentire ai condòmini di usufruire di questa agevolazione.

Smart working : un nuovo modo di amministrare i condomini

Lo smart working o lavoro agile, è diventato uno dei simboli dell’emergenza in atto ma in realtà la regolamentazione di questa forma di lavoro è stata oggetto della legge 81 emanata ormai dal 2017.

Come tutti i cambiamenti necessari, solo ora si è potuto apprezzare il valore di una forma di lavoro subordinato, basata su orari flessibili, su cicli ed obiettivi soprattutto con l’utilizzo di dispositivi mobili (smart).

La vera differenza con il telelavoro, altra forma di prestazione lavorativa a distanza, è proprio l’uso dei dispositivi quali smartphone, tablet e laptop in luogo delle postazioni fisse con l’ausilio di pc o terminali ( ad es. call center).

La modalità di lavoro agile non differisce per normativa da quella classica della postazione in azienda, peraltro è prevista anche la forma mista con organizzazione dell’attività tra postazione fissa e mobile.

Certamente questa forma richiede maggior predisposizione alla flessibilità, maggior sinergia tra il management dello studio ed il lavoratore, maggior attenzione al processo di delega fiduciaria e maggior attenzione all’analisi dei risultati.

Il prezzo di questo cambiamento è però ampiamente compensato dalla possibilità di ottenere maggior rendimento dal lavoratore anche quando egli è impossibilitato a recarsi presso il luogo di lavoro: questo punto di vista è di estrema importanza anche sociale, perché permette di integrare con più facilità i lavoratori con disabilità specie motorie.

Il dilagare dei programmi di gestione condominiale in cloud, favorisce questa nuova frontiera del lavoro, permettendo di stabilire un vero e proprio studio virtuale e per certi versi rendendo superflua la sede fisica.

Assemblea condominiali a distenza

L’interrogativo più proposto specie negli ultimi giorni è se la tecnologia possa supportare anche assemblee a distanza e soprattutto se la normativa vigente, in verità assai lacunosa, possa garantire la regolarità dello svolgimento delle riunioni con i mezzi tecnologici.

L’art. 1136 cod. civ. indica le modalità per lo svolgimento dell’assemblea dei condomini affermando in maniera perentoria che essa è costituita con “l’intervento di tanti condomini …….” Tale termine sottintende una partecipazione attiva del condomino in assemblea, che deve interagire con i presenti e ciò è ulteriormente supportato dalla comune esperienza che porta a scrivere nel verbale “dopo ampia discussione….”.

Non si tratta dunque di una semplice ed asettica espressione di voto che avrebbe eliminato ogni discussione e dubbio sulla validità delle forme telematiche basate esclusivamente sulla preferenza per l’una o per l’altra soluzione o comunque una manifestazione senza discussione.

L’utilizzo del voto elettronico in assemblea condominiale: considerazioni sulla legittimità

E’ il caso per esempio delle vendite all’asta con modalità telematica, dove a fronte di un prezzo iniziale, vi sono solo rilanci senza una reale discussione. Nell’assemblea condominiale occorre invece garantire la partecipazione attiva che trova la maggior espressione nella presenza fisica.

Tale esigenza sembra essere condivisa dal legislatore dal momento che l’art. 67 disp. att. c..c . stabilisce espressamente solo un’altra forma alternativa di partecipazione all’assemblea , quella per delega scritta. La precisazione della nuova normativa è un altro colpo alle ambizioni di chi vuole adottare delle forme alternative alla presenza fisica.

Smart working sì, assemblea a distanza forse.

In conclusione, si ritiene che lo smart working possa fornire un valido supporto all’amministratore evoluto, in termini di redditività dei propri dipendenti, ovviamente a patto di cambiare il proprio approccio lavorativo. L’assemblea in videoconferenza o a distanza lascia invece aperti alcuni dubbi.

Il citato articolo 1136 c.c. a ben guardare non specifica le modalità d’intervento nella riunione, lasciando spazio a quello fisico, personale oppure attraverso delega scritta di soggetto presente; tuttavia attraverso un’interpretazione estensiva sono utilizzabili altre modalità d’intervento purché certificabili.

La presenza del Presidente e del Segretario non sono necessarie ma servono a garantire la solennità della riunione e la sua organizzazione nonché la fedele trascrizione del verbale che costituisce un’ulteriore garanzia.

L’assemblea non potrà essere totalmente telematica ma dovrà garantire la presenza fisica quantomeno del Presidente e del Segretario garanti della corretta partecipazione e votazione on line.

In questo senso, la videoconferenza dovrà assicurare una connessione continuativa e stabile e se possibile, permettere una modalità di visione e voto certificati.

In questo quadro si ritiene indispensabile la previsione della modalità telematica nel regolamento di condominio, approvato anche soltanto con la maggioranza qualificata.

L’auspicio è quello di un intervento legislativo che tra le altre cose preveda una serie di norme volte a favorire quello che potremo definire un condominio più smart.