Parabola e tettoia del condomino restano sul muro perimetrale perché sono discrete e non ledono il decoro

L’articolo 1117 Cc non si applica alle villette bifamiliari a schiera: passa una lettura elastica del regolamento secondo cui non serve il placet dell’assemblea per ogni intervento sulle pareti esterne

Il condominio non può ottenere che il proprietario esclusivo rimuova la pensilina e l’antenna satellitare installata sul muro perimetrale se i manufatti sono discreti e non si configura la lesione del decoro architettonico. Va detto poi che le disposizioni ex articolo 1117 Cc non si applicano alle villette bifamiliari a schiera ma soltanto agli edifici divisi in orizzontale per piani. E il regolamento condominiale ben può essere interpretato in modo elastico e dunque non deve ritenersi necessaria l’autorizzazione dell’assemblea per ogni minimo intervento eseguito dal singolo sulle pareti esterne alla villetta di proprietà esclusiva. È quanto emerge dalla sentenza 20248/16, pubblicata il 7 ottobre dalla seconda sezione civile della Cassazione.

Dimensioni e colore
Diventa definitiva la decisione della Corte d’appello: né la pensilina né la parabola alterano le linee architettoniche e la fisionomia estetica del complesso immobiliare. Decisive le foto agli atti: la tettoia è piccola, sobria e di colore neutro e s’inserisce in modo armonico nell’ambiente. E l’antenna satellitare, che pure ha dimensioni modeste, risulta piazzata sulla facciata posteriore della villetta, come d’altronde hanno già fatto altri condomini. La valutazione in proposito compiuta dai giudici del merito è un tipico accertamento in fatto che risulta insindacabile in sede di legittimità se motivato in modo adeguato.

Funzioni inassimilabili
Inutile poi invocare la condominialità dei muri maestri ex articolo 1117 Cc ripresa dal regolamento perché i muri perimetrali sono invece di proprietà esclusiva e non sono quindi assimilabili ai primi: hanno soltanto la funzione di delimitare le varie porzioni e di sorreggere la copertura, anch’essa di proprietà esclusiva (o in comune fra le due villette affiancate). Il regolamento, in definitiva, vieta solo innovazioni e modificazioni senza il placet dell’assemblea e per contestare quest’interpretazione il condominio avrebbe dovuto prospettare la violazione delle norme di interpretazione del contratto ex articoli 1362 Cc e seguenti. Non l’ha fatto e dunque paga le spese di giudizio.

Lastrico solare, chi paga in caso di danni

I diritti si pagano: chi vanta la titolarità esclusiva del lastrico solare dell’edificio deve rassegnarsi a pagare i danni. Un principio confermato dalla sentenza della Cassazione a Sezioni unite del 10 maggio 2016, n. 9449, riguardante fattispecie della responsabilità per danni derivanti dal lastrico solare esclusivo (esistente in un edificio in condominio).

La Suprema corte, infatti, con la pronuncia 3239 del 7 febbraio 2017 ha affrontato, ancora una volta tale ipotesi dannosa, collocandosi certamente nel solco del precedente intervento ma senza dimenticare di fare anche un passo in avanti nell’ulteriore specificazione interpretativa dell’articolo 1126 del Codice Per cercare di avere un quadro il più sistematico possibile dei complessi principi affermati è opportuno ripercorrere in prima battuta quanto affermato dalle Sezioni unite.

Vediamo in ordine i princìpi da seguire:

  1. a) la responsabilità per l’eventuale danno causato dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare esclusivo (o dalla terrazza a livello, sempre esclusiva) va ricondotta nell’ambito dell’illecito extracontrattuale;
  2. b) in ogni caso, non si può ignorare la specificità di tale tipologia di copertura, in quanto, da un lato, la sua superficie, costituisce oggetto dell’uso esclusivodi chi abbia il relativo diritto; e, dall’altro, la sua parte strutturale sottostante costituisce “cosa comune”, perché contribuisce ad assicurare la copertura dell’edificio;
  3. c) diverse sono le posizioni del titolare dell’uso esclusivo sul lastrico solare e del condominio;
  4. d) da una parte, il titolare di tale diritto è tenuto agli obblighi di custodia, ex articolo 2051 del Codice civile, in quanto si trova in rapporto diretto con il bene potenzialmente dannoso;
  5. e) dall’altra parte, il condominio è tenuto (secondo gli articoli 1130, comma 1, n. 4. e 1135, comma 1, n. 4, del Codice civile) a compiere gli atti conservativie le opere di manutenzione straordinaria relativi alle parti comuni dell’edificio e della relativa omissione risponde in base all’ articolo 2043 del Codice civile;
  6. f) queste due responsabilità di cui ai punti d) ed e) possono concorrere tra loro;
  7. g) in tal caso, il criterio di riparto previsto per le spese di riparazione o di ricostruzione dall’articolo 1126 del Codice civile (un terzo/due terzi) costituisce un parametro legale rappresentativo di una situazione di fatto, correlata all’uso e alla custodia della cosa, valevole anche ai fini della ripartizione del danno eventualmente cagionato;
  8. h) diversamente, nel caso in cui risulti che il titolare del diritto di uso esclusivo del lastrico solare o della terrazza a livello sia responsabile dei danni provocati ad altre unità immobiliari presenti nell’edificio per effetto di una condotta che abbia essa stessa provocato il danno; ipotesi in cui il titolare del diritto va conseguentemente ritenuto l’unico responsabile.

Da tale impostazione, che ormai può dirsi definitiva, deriva che non possono più essere prese in considerazione le precedenti sentenze della Cassazione che attribuivano la custodia del lastrico solare al condominio (25288/2015), ai condòmini (1674/2015), o addirittura all’amministratore (17983/2014) anche se tale area fosse esclusiva.

In sostanza, per le Sezioni unite del 2016 il «custode» è solo il titolare esclusivo, e non il condominio, il quale risponde, al massimo, per una sua condotta illecita (articolo 2043 del Codice civile), qual è certamente l’omissione di manutenzione.

La pronuncia della Cassazione 3239/2017, oltre a confermare questa impostazione, aggiunge un tassello importante per la valutazione del caso concreto: per poter attribuire la responsabilità per danni derivanti dal lastrico solare occorre effettuare un’indagine – evidentemente a mezzo di perizia tecnica (e anche in base alle altre risultanze processuali) – sulle specifiche cause dell’evento e se tali cause, in particolare, sono ascrivibili a un concorso di responsabilità oppure a un fatto esclusivo del titolare del diritto di uso (come nell’ipotesi dei danni provocati dall’ostruzione alla griglia di scarico delle acque piovane su un lastrico solare di proprietà esclusiva, chiarita dalla Cassazione con la sentenza 26086/2005 )

Il condomino moroso paga le spese anche se la delibera non gli è stata notificata

In tema di condominio le decisioni prese dall’assemblea, a norma dell’articolo 1136 Cc, sono obbligatorie e produttive di effetti per tutti i condomini, compresi gli assenti, i dissenzienti e gli astenuti salvo che la loro esecuzione sia sospesa per ordine dell’autorità giudiziaria in sede di ricorso ai sensi dell’articolo 1137 Cc. Quindi «la mancata comunicazione delle delibere dell’assemblea condominiale non esime il condomino del conseguente pagamento delle quote di spettanza che tali risultino dai verbali, ferma la possibilità di impugnare tali delibere». A sancirlo è la sentenza 723/18 della terza sezione civile della Corte d’appello di Milano che ha rigettato il ricorso di una condomina volto a ottenere la nullità delle delibere condominiali relative all’approvazione dei bilanci consuntivi e preventivi di diversi anni perché non convocata alle varie assemblee. Verbali dai quali risultava una sua morosità di oltre 6 mila euro nei confronti del condominio. La donna, per ottenere l’annullamento avrebbe però dovuto esperire azione di impugnazione delle delibere ai sensi dell’art. 1137 Cc. In caso contrario, come è il caso di specie, le delibere non sono state impugnate e quindi sono valide ed eseguibili.

Il condominio ripaga le infiltrazioni anche se solo il proprietario dell’attico usa il terrazzo a livello

Si configura la responsabilità da custodia per i danni cagionati dalla piscina di plastica: un terzo della somma è carico dell’impresa edile e del direttore dei lavori per le fessurazioni nel pavimento. Tutti responsabili per le infiltrazioni d’acqua dal terrazzo a livello dell’edificio nei tre appartamenti sottostanti. Non importa che ad avere l’uso esclusivo dell’area sia il proprietario dell’attico, che non è il solo a pagare i danni: si configura infatti anche l’omessa custodia a carico del condominio, che ha consentito al signore del sesto piano di installare una piscina, per quanto di plastica, in una zona che costituisce comunque la copertura del fabbrica e dunque non può essere persa di vista dall’ente di gestione; chi lo amministra, invece, se ne è colpevolmente dimenticato. Un terzo dei danni, poi, va carico dell’impresa edile che ha realizzato l’opera e al direttore dei lavori, in parti uguali fra i due: i difetti del progetto hanno infatti aggravato la situazione. È quanto emerge dalla sentenza 1098/19, pubblicata a Dicembre dal Tribunale di Taranto

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“Giurisprudenza e fiscalità nel condominio”

  • Guida alla Fatturazione Elettronica
    Principali servizi di fatturazione elettronica offerti alle imprese e ai professionisti, tenuto conto del ruolo e dei compiti del responsabile alla conservazione
  • Problematiche afferenti alle fasi di inizio e di fine mandato
  • Bonus ristrutturazioni 2019

Relatori:

Dr. Nicola Santangelo, scrittore e blogger con esperienza in ambito contabile e fiscale. Lavora presso l’Agenzia Fiscale del Ministero dell’Economia e delle Finanze. E’ autore di pubblicazioni su fisco, economia e finanza per primarie testate e riviste di settore.

Avv. Nicola Salzano, civilista e penalista esperto nella materia condominiale

Avv. Antonio Costa, civilista esperto nella materia condominiale

Dr. Fabio Xerra, commercialista

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA: Tel. 091 344385 – segreteria@arai.it

PROSSIME SCADENZE FISCALI

Tutti gli amministratori condominiali dovranno inviare quanto prima due modelli fiscali molto importanti all’agenzia delle Entrate.

In ordine di scadenza, il primo riguarderà la Comunicazione delle spese eseguite su parti comuni di edifici soggette a detrazioni d’imposta, da trasmettersi entro il 28 febbraio, cioè dopodomani.

Il tempo di archiviare la pratica e dopo pochi giorni sarà il turno della Certificazione Unica. Il modello avrà oggetto i redditi da lavoro dipendente, autonomo e redditi diversi certificati in forma libera o assimilati.

Con provvedimento n. 10664 del 15 gennaio 2019 l’agenzia delle Entrate ha pubblicato le specifiche tecniche per l’ottemperanza del modello. Nel provvedimento trova spazio la conferma della doppia scadenza per l’invio telematico.

L’invio della Cu riguarderà i compensi corrisposti a dipendenti (come il portiere condominiale) e/o coloro che sono interessati comunque alla compilazione della dichiarazione dei redditi precompilata modello 730. Per tutti gli altri redditi, esenti o non dichiarabili con il modello 730 precompilato, l’invio è rinviato al 31 ottobre, congiuntamente al modello 770. Nello specifico, dovranno essere trasmessi i compensi corrisposti nell’anno 2018 a lavoratori autonomi, titolari di redditi d’impresa, soggetti esercenti in regime di franchigia di imposta (minimi/forfettari). Si precisa inoltre che l’invio da parte del sostituto d’imposta del modello di Certificazione Unica al percipiente dovrà avvenire entro e non oltre il 1° aprile 2019.

Il regime sanzionatorio per l’anno 2019, applicato all’omesso o errato invio della Certificazione Unica sarà da valutarsi a seconda della casistica verificatasi. In caso di omesso/tardivo invio o errata trasmissione è prevista l’applicazione del regime sanzionatorio pari ad euro 100 per singolo adempimento con un limite massimo di 50mila euro a sostituto d’imposta per il periodo 2019.

La seconda ipotesi potrà verificarsi nel caso in cui ci si accorgesse che la Certificazione Unica trasmessa in prima istanza risulti errata. In tal caso si potrà provvedere ad un nuovo invio entro 5 giorni successivi al primo e non sarà applicata alcuna sanzione.

Da ultimo, la terza ipotesi potrà configurarsi qualora l’amministratore di condominio trasmetta entro la scadenza originaria il modello di Certificazione Unica, ma si accorga successivamente di inesattezze contenute nello stesso. In tale ipotesi il professionista potrà apportare le dovute correzioni ed entro i 60 giorni successivi alla prima scadenza per beneficiare della riduzione delle sanzioni ad 1/3. Nell’eventualità risulteranno variati anche i limiti massimi di applicazione delle sanzioni risultando ridotti a euro 20.000 per sostituto d’imposta.

ONERI CONDOMINIALI : CHI PAGA TRA ACQUIRENTE E VENDITORE?

Nell’ambito delle compravendite di immobili facenti parte di un edificio condominiale, una delle maggiori cause di litigiosità è rappresentata dall’individuazione del momento in cui sorge l’obbligazione al pagamento degli oneri condominiali e del soggetto tenuto al pagamento tra venditore e acquirente.

Sulla questione non vi è una univocità di vedute sia in dottrina che in giurisprudenza.

Secondo quanto disposto dai commi 4 e 5 dell’articolo 63 disposizioni attuazione del codice civile «Chi subentra nei diritti di un condòmino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.

Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto».

La problematica nasce dal fatto che la suddetta disposizione non dice nulla circa la determinazione del criterio in base al quale stabilire da quando sorge l’obbligazione da parte del condòmino verso il condominio nel versamento dei contributi condominiali.

Nell’ambito della giurisprudenza nel tempo, si sono formati due orientamenti.

Secondo un primo orientamento il momento dell’obbligazione di pagamento degli oneri condominiali è quello dell’approvazione della delibera da parte dell’assemblea condominiale, mentre secondo un altro orientamento il momento dell’insorgenza dell’obbligo contributivo è quello dell’effettivo compimento dell’attività dalla quale nasce la spesa condominiale.

Recentemente i due orientamenti sembrano superati da un terzo orientamento affermato dalla stessa Corte di cassazione, secondo il quale il criterio per individuare il momento dell’insorgenza dell’obbligazione al pagamento delle spese condominiali dipende dalla natura delle stesse.

Per le spese relative alla manutenzione ordinaria, l’obbligo contributivo viene individuato nel momento in cui viene effettivamente a compiersi l’attività gestionale relativa alla manutenzione, la conservazione e il godimento dei beni comuni o la prestazioni dei servizi, sul presupposto che l’erogazione delle stesse non richiede l’autorizzazione preventiva da parte dell’assemblea, in quanto trattasi di spese fisse e rientranti nei poteri dell’amministratore del condominio.

Per le spese relative alla manutenzione straordinaria invece l’obbligo contributivo viene individuato nel momento dell’approvazione della delibera assembleare che abbia disposto l’esecuzione.

A quest’ultimo orientamento ha aderito di recente il Tribunale di Roma con la sentenza n. 20688/2018, pubblicata il 29 ottobre scorso.

Il caso esaminato dal Tribunale capitolino nasce dall’opposizione a decreto ingiuntivo promossa da una società alla quale era stato ingiunto il pagamento di una consistente somma di denaro a titolo di oneri condominiali non versati. La società opponente eccepiva la carenza di legittimazione passiva sostenendo di aver venduto a terzi i beni prima che maturassero i crediti azionati con il procedimento monitorio e chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa il nuovo acquirente al fine di ottenere la condanna di quest’ultimo al pagamento delle somme ingiunte. La richiesta di chiamata in causa veniva rigettata.

Poichè nel corso del giudizio era emerso che la società opponente aveva provveduto al frazionamento dei locali di sua proprietà vendendo una parte di questi a terzi ed il condominio aveva rinunciato ad una parte del proprio credito, il Tribunale, ritenendo gli oneri condominiali contestati quali spese ordinarie, ha revocato il decreto ingiuntivo e condannato la società opponente al pagamento di una somma minore rispetto a quella in precedenza ingiunta.

SULLA NOMINA GIUDIZIARIA DELL’AMMINISTRATORE DOPO UNA REVOCA

Il Tribunale di Milano con sentenza del 28 marzo 2018 stabilisce che spetta all’assemblea condominiale nominare un amministratore di condominio e, solo ove questa non provveda, potrà intervenire l’autorità giudiziaria, avvenuta la cessazione del precedente mandato.

Qualora i condomini ricorrano al Tribunale per ottenere la revoca dell’amministratore, non può pretendersi in automatico che il giudice provveda anche a nominare uno nuovo mandatario dello stabile. Ciò è perché il relativo compito spetta all’assemblea condominiale allo scopo di scegliere un nuovo soggetto che sostituisca quello revocato giudizialmente.

Trattasi di affermazioni del Tribunale di Milano contenute nella decisione di cui al decreto n. 955/2018 del 28 marzo 2018, provvedimento pronunciato nell’ambito di una procedura di richiesta di revoca giudiziale dell’amministratore ai sensi dell’art. 1129, comma 11 c.c. per gravi irregolarità nella gestione condominiale.

Nel caso di specie, dopo aver analizzato compiutamente la vicenda, i giudici hanno ritenuto meritevoli di accoglimento le doglianze atte a determinare la revoca dell’amministratore.

Non ha trovato accoglimento, invece, la domanda di nomina giudiziale di un nuovo amministratore in quanto, secondo il Tribunale, la nuova nomina spetta all’assemblea e, solo ove questa non vi riesca, interviene l’autorità giudiziaria (art. 1129, comma 1, c.c.).

Peccato che in questo modo venga a essere duplicata l’azione giudiziale, in violazione del principio di economia processuale.

Comunque, prosegue il Tribunale, in sede di ricorso per la nomina giudiziaria dell’amministratore, occorre fornire la prova dell’impossibilità volontaria della nomina: si deve pertanto depositare copia del verbale dell’assemblea in cui si dà atto del fatto che l’assemblea non è stata in grado di deliberare la nomina del nuovo mandatario.

Si tratta dei verbali cd. negativi dove non vi è alcuna manifestazione di volere dell’assise condominiale. Il riferimento normativo è in ambito comunione: la norma di riferimento è l’art. 1105 c.c. applicabile al condominio in ragione dell’art. 1139 c.c.

Vi era già un precedente del 2016 nei medesimi termini appena menzionati, dello stesso Tribunale di Milano (cfr. Trib. Milano 2 dicembre 2016, n. 3364/2016) che aveva qualificato come extrema ratio la nomina del nuovo amministratore da parte del Collegio Giudiziario. Anche qui è stato affermato che, per ottenere l’accoglimento giudiziale, occorre che venga fornita la prova dell’impossibilità dell’assemblea di provvedere alla nuova nomina, non essendo consentito al Tribunale di sostituirsi alla volontà assembleare in mancanza di evidente prova della impossibilità del suo funzionamento e della sua conseguente inerzia.

Tornando al tema della revoca dell’amministratore, essa può essere deliberata in via ordinaria e in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio, ove vi siano.

In seconda battuta può essere disposta dall’autorità giudiziaria, su ricorso di ciascun condomino, se ad esempio l’amministratore ha omesso di informare l’assemblea di azione legale nei confronti del condominio esorbitanti dalle sue attribuzioni, se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità come delineate dall’art. 1129 c.c. Trattasi di casi esemplificativi e non esaustivi

In questa seconda evenienza, deve essere avanzato ricorso al Tribunale allegando ogni documento utile a sostegno della richiesta (es. verbale di assemblea ecc.): il giudice si occupa di valutare le irregolarità nella gestione e che esse siano tali da determinare un grave pericolo di danno per il condominio. Il Giudice, con decreto, fissa l’udienza e il termine entro il quale il ricorrente deve notificar il ricorso e il decreto di fissazione di udienza alle altre parti. Il Tribunale provvede in Camera di Consiglio con decreto motivato, dopo aver sentito l’amministratore.

Il Tribunale di Milano ha ritenuto che, fra le altre, costituisce grave irregolarità ai sensi dell’art. 1129 c.c. la inerzia dell’amministratore rispetto a plurime violazioni del regolamento condominiale, quali la stenditura di panni dai balconi e l’occupazione delle parti comuni con masserizie varie in quanto espressamente vietate dal regolamento dell’edificio.

L’art. 1129 c.c. prevede, qualora ricorrano gravi irregolarità, la facoltà del singolo condomino di richiedere direttamente all’autorità giudiziaria la revoca dell’amministratore, a prescindere dalla preventiva consultazione dell’ assemblea condominiale. Uniche eccezioni per cui si impone, invece, la preventiva convocazione dell’assemblea in ordine alla revoca, sono le ipotesi di gravi irregolarità fiscali o di mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente intestato al condominio

 

Esibizione dei giustificativi di spesa : Attività amministrativa esente da compenso

Principio riconosciuto e affermato già prima della riforma del condominio (2012) è che la richiesta di poter avere visione e/o copia de documenti concernenti l’edificio non deve comportare un ostacolo all’attività dell’amministratore e non deve risolversi in un onere economico per il condominio. Il nuovo art. 1129 comma 2 c.c. detta all’amministratore di comunicare i luoghi dove sono contenuti i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell’articolo 1130 c.c., nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato possa prenderne gratuitamente visione ed ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata.
I numeri 6 e 7 contengono l’elencazione di tutti i registri condominiali: anagrafe del fabbricato; verbali di assemblea; nomina e revoca dell’amministratore; registro di contabilità.
Si ricorda altresì che l’art. 1130 bis c.c. dispone che <<I condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese>>.
La nostra giurisprudenza ha puntualizzato che l’esercizio della facoltà del singolo condomino di ottenere dall’amministratore del condominio l’esibizione dei documenti contabili non deve risolversi in un onere economico per il condominio: i costi relativi alle operazioni compiute devono gravare esclusivamente sui condomini richiedenti a vantaggio della gestione condominiale, e non invece costituire ragione di ulteriore compenso in favore dell’amministratore, trattandosi comunque di attività connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali, e perciò da ritenersi compresa nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico per tutta l’attività amministrativa di durata annuale (Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Ordinanza 28 febbraio 2018, n. 4686).

Fatturazione Elettronica

A partire da gennaio 2019 arriva la fatturazione elettronica anche per il condominio. Ad annunciarlo sono il provvedimento n. 89757/2018 e la circolare n. 8/E con cui l’Agenzia delle Entrate che chiarisce le specifiche tecniche per l’emissione e la ricezione delle fatture elettroniche per cessazione di beni e prestazioni di servizi.

L’obbligo

Tutti i soggetti passivi IVA con l’arrivo del nuovo anno dovranno attenersi a tali obblighi: tra i contribuenti figurano anche gli amministratori di condominio. Chiunque debba emettere fatture elettroniche B2B (business to business) ovvero B2C (business to consumer) dovrà usare una piattaforma digitale con gli stessi requisiti legali previsti per creare, gestire, sottoscrivere e conservare le fatture in possesso del Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate.

Il sistema di interscambio

Ma cos’è il Sistema di Interscambio (SDI)? È la piattaforma messa a punto dall’Agenzia delle Entrate al fine di semplificare i nuovi adempimenti in termini di fatturazione elettronica. Nasce nel 2015 a seguito dell’entrata in vigore dell’obbligo della fattura elettronica nei confronti della Pubblica Amministrazione con la cosiddetta Fattura PA con l’obiettivo di facilitare i contribuenti obbligati e i loro intermediari, nella generazione, trasmissione e conservazione della fattura elettronica.

Lo SDI consente quindi di:

  • ricevere le fatture sotto forma di formato xml;
  • effettuare controlli sui file ricevuti;
  • inoltrare le fatture;

Tramite lo SDI le fatture possono essere inviate alla piattaforma tramite:

  • Pec;
  • procedura WEB o APP;
  • previo accredito al SDI, mediante applicazione web service;
  • sistema di trasmissione dati tramite terminali remoti (Ftp);

Attraverso lo SDI sarà quindi possibile generare la fattura elettronica nel formato Xml e sempre attraverso lo SDI la stessa fattura generata sarà inviata al sistema di Interscambio.

Quali dati nella fattura elettronica

Quali sono i dati che non possono mancare nella fattura elettronica (che può essere ordinaria, semplificata o PA)?

  • dati personali dell’emittente: ragione sociale, Partita IVA, codice fiscale, indirizzo legale;
  • dati del cliente: oltre alle suddette informazioni è necessario indicare il codice destinatario, fondamentale per l’invio della fattura elettronica tramite il sistema d’interscambio;
  • dati rilevanti per la fattura: numero, data di emissione, importo per i beni e i servizi oggetto del pagamento; aliquota IVA. Inoltre bisogna indicare se eventualmente sono state applicate delle esenzioni (indicando in tal caso la norma di legge di riferimento), o anche lo Split Payment;
  • causale;
  • dati contratto: questi sono richiesti solo per le fatture elettroniche che fanno riferimento ad opere pubbliche o anche ad interventi finanziati da contributi comunitari. Nel dettaglio, in questi casi va indicato il codice GIP (codice identificativo di gara) e il codice CUP (codice unico di progetto), in mancanza dei quali le Pubbliche Amministrazioni non potranno procedere con il pagamento della fattura.

La procedura

La fattura elettronica elaborata dal servizio dell’Agenzia delle Entrate può essere salvata sul proprio computer cliccando su “Salva XML” (eXtensible Markup Language), ovvero l’unico formato accettato dal sistema di interscambio.

Una volta scaricato il file questo va sottoscritto con la firma digitale tramite un apposito software, dopodiché sarà pronto per essere inviato. La fattura elettronica firmata digitalmente può essere inviata sempre tramite il servizio dedicato nell’area personale dell’Agenzia delle Entrate, scegliendo l’opzione “Trasmissione” e inserendo il file .xml.

Dopo aver cliccato su “Invia” il mittente riceverà la conferma di trasmissione – nella quale sono indicate data, ora e codice ID – e potrà monitorarla nell’area dedicata presente nell’area personale.

Il Sistema non ha alcun ruolo amministrativo e non assolve compiti relativi all’archiviazione e conservazione delle fatture. Quindi, in questo caso il SDI controllerà le fatture trasmesse e le inoltrerà al destinatario previa accettazione. Se la fattura mancherà di accettazione verrà notificato il motivo della non conformità all’emittente che disporrà di 5 giorni per la riemissione. Il Sistema di Controllo apporrà alla fattura un sigillo elettronico avanzato che ha due funzioni primarie:

  • garante di autenticità e integrità;
  • prova di “ricevuta di recapito” e di “ricevuta di mancato recapito”.

L’archiviazione

Al destinatario arriveranno le fatture di acquisto tramite il codice destinatario, l’indirizzo Pec comunicato o tramite un intermediario; questo se il cliente finale cui è destinata la fattura è detentore di partita IVA o contribuente minimo o forfettario. In caso contrario, la fattura verrà recapitata in un’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate con comunicazione tempestiva al cliente. Per archiviare tutte le fatture elettroniche inviate tramite il suddetto sistema verrà sfruttato uno dei seguenti metodi:

area riservata del sito web dell’agenzia delle Entrate;
conservazione delle fatture attraverso un intermediario terzo;
conservazione in proprio secondo quanto previsto dal Decreto del Mef del 17 giugno 2014.

Casistica in condominio

Una volta descritto il processo di elaborazione ed invio della fattura elettronica ritorniamo al tema della fatturazione elettronica in condominio. Tutto il processo di elaborazione sopra descritto dovrà essere fatto dall’amministratore per quanto riguarda la sua attività professionale ovvero nel predisporre ed inviare le fatture relative al suo compenso professionale.

L’ente condominiale in questo caso riceverà la fattura elettronica dell’amministratore, ma sarà considerato come una fattura elettronica predisposta per un consumatore finale, in quanto il condominio non avendo personalità giuridica viene considerato dalla giurisprudenza come “consumatore”.

La legge di bilancio del 2018 (art. 1 comma 909) prevede che le fatture nei confronti dei consumatori finali dal 1° gennaio 2019 debbano essere fatte in forma elettronica rispettando le regole imposte dai provvedimenti di attuazione.

Prevede che la fattura emessa dall’esercente sarà resa disponibile ai clienti direttamente in un area ad essi riservata e sarà accessibile tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate. Una copia della fattura elettronica (direttamente al cliente in forma analogica o via email) dovrà essere rilasciata immediatamente dall’esercente al cliente, a meno che quest’ultimo rifiuti di riceverla.

In effetti, in relazione alla copia da rilasciare al cliente il citato provvedimento dell’Agenzia delle Entrate specifica che: il cedente/prestatore deve consegnare direttamente al cliente una copia informatica o analogica della fattura elettronica comunicando contestualmente che il documento è messo a disposizione sul sito dell’Agenzia.

La fattura elettronica deve comunque rispettare per il formato e il contenuto le regole previste per qualsiasi altro tipo di fattura elettronica. Unica differenza è per quanto riguarda gli elementi necessari per il recapito della stessa. In effetti sul piano del contenuto la fattura deve avere tutti gli elementi previsti dall’art. 21 o 21 bis del Dpr 633/72. In particolare, se la fattura è ordinaria, deve contenere tra l’altro: il nome e cognome del cliente, il suo indirizzo, il codice fiscale, l’imponibile, l’imposta e l’aliquota. Questi dati sono obbligatori, anche perché vengono controllati dal SdI e in caso di errata valorizzazione la fattura viene scartata.

Sul piano del recapito la fattura non deve contenere il codice destinatario, né la PEC del cliente, ma il codice destinatario deve essere valorizzato con “0000000”. Con questa indicazione la fattura viene memorizzata dallo SdI in un’area dedicata del contribuente e sono visionabile direttamente sul sito dell’Agenzia.

Il processo di fatturazione elettronica descritto non obbligherà l’amministratore a dotarsi di particolari tipi di software, che comunque sono già in commercio e realizzati da software house specializzate , con diverse tipolgie di costi.

Il servizio di fatturazione elettronica gratis è garantito da:

  • Fatturazione elettronica 2019 gratis con SDI: è quello offerto dall’Agenzia delle Entrate tramite il sistema di interscambio. Consente quindi ai soggetti obbligati e non alla fatturazione elettronica, di accedere ad un sistema per la generazione, trasmissione e conservazione delle fatture completamente gratuito.
  • Anche il servizio di fatturazione elettronica messo a disposizione da Infocamere della Camera di Commercio è gratuito a condizione che la PMI sia iscritta presso la Camera di Commercio, che non abbia più di 250 dipendenti e un fatturato non superiore 43 milioni di euro, garantisce , inoltre, la conservazione digitale della fattura per i 10 anni successivi dall’emissione, così come previsto dal D.M. 23 Gennaio 2004.

Chi è esonerato dall’obbligo?

Per espressa previsione normativa sono esclusi:

  • coloro che applicano il regime forfetario (commi 54-89, art. 1, legge 190/2014)
  • coloro che applicano il regime di vantaggio (commi 1 e 2, art. 27, decreto legge 98/2011)
  • il regime speciale degli agricoltori (articolo 34, comma 6 del Dpr 633/72)

le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese nei confronti di non residenti, comunitari ed extra comunitari.