Legge di Bilancio 2020: Bonus facciate

Legge di Bilancio 2020: Bonus facciate, proroga precedenti bonus fiscali, cessione e sconto delle detrazioni fiscali

Una delle novità più rilevante della Legge di bilancio è rappresentata dall’introduzione del così detto “bonus facciate”. Tale agevolazione prevede la detrazione del 90% delle spese sostenute nel 2020 senza limite di spesa ed è recuperabile fiscalmente nell’arco di 10 anni. L’intervento riguarda gli immobili abitativi e, sembra, possa riguardare anche gli immobili non abitativi (come ad esempio gli immobili strumentali delle imprese). Bisogna comunque attendere chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Il comma 219 della Legge di bilancio prevede che le spese possano riguardare anche solo quelle sostenute per la pulitura e tinteggiatura delle facciate, tese al recupero o restauro della facciata esterna di edifici rientranti nelle zone A o B ai sensi del DM 1444 del 1968.
Gli immobili in questione debbono rientrare nelle zone A e B ovvero devono essere ubicate in aree particolari. La zona A è quella ove sono ubicati edifici storici o di pregio e l’agevolazione riguarda sia questi sia le aree circostanti. La zona B è quella costituita da parti di territorio parzialmente o totalmente edificate; sono diversi dagli agglomerati della zona A (con la locuzione “parzialmente edificati” si intende indicare le superfici ove sorgono edifici in percentuale non inferiore al 12,5% della superficie fondiaria).
L’intervento può essere sostanzialmente di 3 tipi:
1) può riguardare la manutenzione ordinaria intesa come semplice tinteggiatura o pulitura della parte esterna;
2) può riguardare la manutenzione straordinaria con interventi più consistenti;
3) può riguardare interventi che abbiano effetti migliorativi dal punto di vista termico o che riguardano oltre il 10% dell’intonaco della superficie disperdente lorda dell’edificio (occorre rispettare i requisiti di efficienza energetica e di trasmittanza previsti dal DM 26.6.2015 e dal DM 26.1.2010).
Per quest’ultima tipologia, al fine di verificare la bontà dei risultati conseguiti in termini energetici e quindi conseguentemente di riconoscere la detrazione, la norma prevede che l’attività di controllo sia resa secondo l’art.14 del DL n.63 del 2013 comma 3bis e comma 3ter.
Il comma 3bis prevede che l’ENEA elabori le informazioni contenute nelle richieste inviate dai contribuenti all’Agenzia delle Entrate e che, successivamente, invii una relazione al Ministero dello Sviluppo Economico, al MEF, alle Regioni (dipende da dove è situato l’immobile in questione). Il comma 3ter prevede che il Ministero dello Sviluppo Economico, con decreto, fissi e definisca i requisiti tecnici che interessano gli interventi.
Il comma 221 della Legge di bilancio stabilisce che gli interventi che rientrano nel bonus facciate e quindi nella detrazione del 90%, debbano riguardare unicamente le parti opache dell’edificio, balconi o fregi e non quindi la strutture trasparenti quali la sostituzione degli infissi (che beneficeranno del risparmio fiscale del 50% qualora rispettino i requisiti di risparmio energetico) o la sostituzione delle grondaie (che beneficeranno dell’agevolazione fiscale del 50% se riferibili a manutenzioni ordinarie su parti comuni di edifici oppure in caso di interventi di carattere straordinario sulle singole unità). Sono altresì escluse le spese per la sostituzione degli impianti di illuminazione, per la progettazione dei lavori, per perizie e sopralluoghi e le altre prestazioni professionali.
Anche in questo caso, così come per le altre tipologie di bonus fiscale per le ristrutturazioni, verrà richiesto che il pagamento venga effettuato attraverso un bonifico tracciato.
E’ bene precisare che il “bonus facciate” riguarda gli interventi eseguiti sulla facciata e che non riguarda interventi più specificamente legati al così detto “cappotto termico” (si definisce così l’intervento che prevede l’applicazione di una serie di elementi edili prefabbricati direttamente sulla facciata dell’edificio; tali elementi sono in sostanza rappresentati da adesivo, materiale isolante, fissaggi, rivestimento base, rinforzo costituito da rete in fibra di vetro e rivestimento finale con primer e/o pittura protettiva. L’edificio viene così dotato di una sorta di “guscio” protettivo isolante in grado di far diminuire sensibilmente il consumo di combustibile necessario al riscaldamento riducendo la dispersione termica attraverso i muri esterni).
Il comma 175 dell’art.1 della Legge di bilancio prevede la proroga per gli sgravi relativi agli interventi di risparmio energetico, al recupero del patrimonio edilizio, al bonus mobili.
Gli interventi per il risparmio energetico riguardano l’acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi, di schermature solari, di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con caldaia a condensazione di classe A. La detrazione prevista è quella del 50%. Per le caldaie di classe energetica inferiore al 50%, la detrazione non è riconosciuta. La detrazione viene riconosciuta in misura superiore, pari al 65%, quando l’impianto di climatizzazione invernale viene sostituito:
1) da caldaie a condensazione di classe A abbinata ad un sistema di termoregolazione evoluto;
2) da sistemi ibridi costituiti da pompa di calore integrata con caldaia a condensazione;
3) da generatori di aria calda a condensazione.
La Legge di stabilità prevede una proroga a tutto il 2020 anche per l’acquisto e posa in opera di microcogeneratori in sostituzione di impianti esistenti. I microcogeneratori sono impianti di potenza non superiore a 50 kw in grado di produrre calore ed elettricità usando lo stesso combustibile e corrispondono a motori stirling, a celle a combustione, ad impianti fotovoltaici. Per poter vedere riconosciuto il bonus del 65%, gli interventi in questione devono condurre ad un risparmio energetico di almeno il 20%. Il limite di spese è fino ad € 100.000,00.
Per quanto riguarda gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio, la Legge di bilancio prevede l’aumento della detrazione, per tutto il 2020, dal 36% previsto dall’art. 16 bis del TUIR, al 50%. Le tipologie di intervento riguardano la manutenzione straordinaria, il risanamento e restauro conservativo, e la manutenzione ordinaria delle parti comuni. L’importo massimo è pari ad € 96.000,00.
Il bonus mobili prevede la detrazione del 50% della spesa sostenuta per l’acquisto di mobili, grandi elettrodomestici di classe non inferiore ad A+. La detrazione in questione spetta ai soggetti che hanno realizzato interventi di ristrutturazione a decorrere dal 1 gennaio 2019; essa va ripartita in 10 anni ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore ad € 10.000,00.
Nel decreto “Milleproroghe” viene riconosciuta la proroga a tutto il 2020 anche per il bonus verde.
La Legge di bilancio presenta novità anche per la cessione e lo sconto delle detrazioni fiscali derivanti dagli interventi sugli immobili.
Per effetto dal combinato disposto delle disposizioni contenute nei commi 70 e 176, dal 1/01/2020:
– è soppressa la possibilità di optare per lo sconto in fattura per gli interventi antisismici di cui all’art. 16 del DL 63/2013;
– lo sconto in fattura permane per gli interventi di riqualificazione energetica, limitatamente agli interventi di ristrutturazione importante di primo livello su parti comuni e di importi elevati.
Il comma 70 in commento, quindi, riscrivendo il comma 3.1 dell’art. 14 del DL n. 63/2013 ripristina lo sconto in fattura per gli interventi:
– di ristrutturazione importante di primo livello di cui al DM 26 giugno 2015;
– eseguiti sulle parti comuni degli edifici condominiali;
– con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro.
Al riguardo il DM 26 giugno 2015 del Ministero dello Sviluppo Economico, recante “Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici”, definisce la “ristrutturazione importante di primo livello” come “l’intervento che interessa gli elementi e i componenti integrati costituenti l’involucro edilizio delimitanti un volume a temperatura controllata dall’ambiente esterno e da ambienti non climatizzati, con un’incidenza superiore al 50 per cento della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio e comporta il rifacimento dell’impianto termico per il servizio di climatizzazione invernale e/o estiva asservito all’intero edificio”.
L’esercizio dell’opzione per ottenere lo sconto sul corrispettivo deve essere effettuata d’intesa con il fornitore.
Lo sconto, inoltre:
– è di importo pari all’ammontare della detrazione spettante;
– è anticipato dal fornitore che ha effettuato gli interventi.
Al fornitore l’ammontare dello sconto è rimborsato sotto forma di credito d’imposta:
– da utilizzare esclusivamente in compensazione, mediante il modello F24 presentato esclusivamente in via telematica;
– in cinque quote annuali di pari importo.
Non si applicano i limiti di cui all’art. 34 della L. 388/2000 e all’art. 1 comma 53 della L. 244/2007 riguardanti, rispettivamente, i limiti di € 700.000 per le compensazioni annuali e di € 250.000 dei crediti d’imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi.

Convocazione assemblea e avviso di giacenza

L’art. 66 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile prevede, al quarto comma, che l’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale debba “essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione” (giorni – vale la pena ribadire – che, secondo i maggiori commentatori, sono da considerarsi liberi, con la conseguenza che dal calcolo vanno espunti tanto il giorno di convocazione quanto quello di ricezione dell’avviso).

Della questione si è interessata la giurisprudenza, la quale ha espressamente chiarito che la lettera raccomandata recante la convocazione in parola si presume conosciuta nel caso di mancata consegna per assenza del destinatario (e di altra persona abilitata a riceverla), dal momento del rilascio del relativo avviso di giacenza nella cassetta delle lettere dell’interessato (cfr.: Cass. sent. n. 1188 del 21.1.’14). Ciò, in applicazione del generale principio di cui all’art. 1335 cod. civ., secondo il quale gli atti ricettizi si reputano conosciuti allorquando “giungono all’indirizzo del destinatario”.

Ove si intenda impugnare una delibera per tardiva convocazione, è importante – dunque – aver ben presente il suddetto principio, onde evitare di avviare inutili contenziosi. Si consideri, peraltro, che nulla osta al fatto di reputare il principio in questione applicabile anche alla comunicazione deliberazione verbale assembleare. Il che significa che, in caso di delibera annullabile, i trenta giorni previsti dall’art. 1137 cod. civ. Per rivolgersi all’autorità giudiziaria devono ritenersi decorrere, per i condomini assenti, dal giorno in cui l’avviso di giacenza sia stato imbucato nella cassetta delle lettere degli interessati.

Rendiconto delle spese strarodinarie. Differenze tra Condominio e Supercondominio

Tra le principali attribuzioni dell’amministratore di condominio v’è quella della rendicontazione annuale della gestione, obbligo così importante da determinare, in caso di omissione o ritardo, la possibile revoca dello stesso da parte dell’autorità giudiziaria.

Accade spesso che nel rendicontare le spese sostenute nell’anno, nel bilancio che viene sottoposto all’assemblea per l’approvazione vengano inserite anche quelle di natura straordinaria al fine di rappresentare in un unico documento contabile tutte le spese effettuate e presentare un quadro completo di tutta l’attività gestionale.

Fino a quando si tratta delle sole spese imprevedibili di scarsa entità, magari già contenute nel preventivo come eventuali ed incerte, non sorgono problemi di sorta, ma quando si tratta di spese di notevole entità, addirittura approvate con apposita delibera, si rischia che l’intero bilancio debba necessariamente essere approvato con una maggioranza qualificata e non con la maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio come previsto dall’art. 1136 3° comma codice civile.

Sarà pertanto consigliabile tenere separate le due gestioni per evitare di paralizzare quella ordinaria, essendo in tal caso necessaria per la sua l’approvazione una maggioranza più alta che potrebbe impedire o prolungare i tempi di riscossione di eventuali conguagli sovente contenuti in tali rendicontazioni.

E’ pur vero che, nel caso si dovesse approvare un rendiconto contenente spese di natura ordinaria e straordinaria con la maggioranza ridotta cd. semplice, la relativa delibera sarebbe annullabile, trattandosi di un vizio formale (maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge), e pertanto impugnabile entro i termini di trenta giorni che, una volta decorsi, renderebbe la deliberazione definitivamente valida.

Diversamente accade in ambito del supercondominio, inteso come condominio orizzontale con un numero di partecipanti superiore a sessanta.

In tale ipotesi, il legislatore della riforma ha espressamente stabilito che la gestione ordinaria delle parti comuni come la nomina dell’amministratore è di competenza dell’assemblea dei rappresentanti mentre tutti gli altri argomenti, ivi compresi quelli inerenti la gestione straordinaria, resta di competenza dell’assemblea di tutti i partecipanti o supercondòmini.

Orbene nel caso l’assemblea dei rappresentanti dovesse approvare spese straordinarie inserite nella rendicontazione annuale o poste all’ordine del giorno in un capo a parte, le relative delibere sono affette da una più grave forma di invalidità ossia sono nulle perché adottate contra legem su argomenti non rientranti nelle materie costituenti oggetto della competenza dell’assemblea.

L’assoluta incompetenza nel decidere non può infatti portare a decadenze del diritto all’impugnazione delle delibere viziate.

La diversa conseguenza è rilevante in quanto la deliberazione affetta da nullità può essere impugnata da chiunque abbia interesse e senza limiti di tempo e cioè anche nella ipotesi che il proprio rappresentante abbia votato in senso favorevole.

Ciò è tanto importante perché il sistema di comunicazione al supercondòmino degli esiti dell’assemblea dei rappresentanti risulta alquanto incoerente e spesso non consente allo stesso di ricevere la stessa tutela prevista per i partecipanti al condominio.

Il legislatore della riforma del condominio ha infatti stabilito che una volta che il rappresentante sia stato convocato dall’amministratore del supercondominio, debba avvertire l’amministratore del subcondominio che a sua volta convocherà l’assemblea per informare i condomini e ricevere eventualmente indicazioni di voto.

E così, svoltasi l’assemblea dei rappresentanti, gli stessi sarebbero tenuti ad informare l’amministratore che a sua volta dovrà comunicare in assemblea gli esiti di quella dei rappresentanti.

Nel seguire alla lettera il dettato della norma si rischia un allungamento dei tempi di informazione che potrebbe pregiudicare non poco il diritto dei subcondòmini ad una eventuale impugnativa in quanto unici legittimati.

Ma l’intento del legislatore non è stato certo quello di complicare il funzionamento dei grandi complessi immobiliari ma di semplificarli. Pertanto, si ritiene che, una volta nominato il proprio rappresentante, tra l’altro con una maggioranza molto qualificata, con poteri privi di ogni limite e condizione, al rappresentato subcondòmino sarà sufficiente una semplice “presa d’atto” di quanto deciso, senza bisogno di ricorrere ad una attività che risulterebbe essere inutile e defatigante.

Il certificato di prevenzione incendi nel condominio

Il certificato di prevenzione incendi è necessario nel condominio in quanto è il presupposto del rispetto della normativa di sicurezza , penalmente sanzionata dagli articoli 46 e 55 del d.lvo n. 81/2008.

L’amministratore del condominio, in quanto mandatario del condominio per la cura e l’esercizio delle cose comuni , ai sensi dell’art. 1130 c.c., deve osservare la normativa di sicurezza sul lavoro che , per l’art. 3 del d.lgs. n. 81/2008 si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici , e a tutte le tipologie di rischio. Pertanto la normativa antincendio si applica anche al condominio , quale luogo di vita e di lavoro, come previsto dall’art. 46 del d.lgs. n. 81/2008 (sanzionato penalmente dal successivo art. 55) il quale stabilisce che nei luoghi di lavoro previsti dal decreto devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l’incolumità dei lavoratori.

Ne consegue che l’amministratore di condominio in qualità di tutore del sicuro uso delle cose comuni e di garante della sicurezza dei condòmini e dei lavoratori deve adottare detta normativa di sicurezza, ai sensi degli articoli 1130 c.c. e 40, capoverso , c.p. . In particolare l’art. 20 del d.lgs. n. 139/2006 sanziona penalmente (con l’arresto sino ad un anno o con l’ammenda da 250 a 2.582 euro) chiunque , titolare di una delle attività soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi (tra cui vi è il condominio nel quale , ad esempio, vi siano boxes chiusi per autovetture), ometta di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato medesimo, quando si tratta di attività che comportano la detenzione o l’impiego di prodotti infiammabili , incendiari o esplodenti , da cui derivano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita o dei beni, da individuare con il decreto del Presidente della Repubblica n. 151/2011.

Tale decreto individua le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi ed all’art. 3, comma 1, stabilisce che gli enti ed i privati responsabili delle attività di cui all’Allegato I categorie B e C sono tenuti a richiedere con apposita istanza al Comando provinciale dei vigili del fuoco l’esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni nonché di progetti di modifiche da apportare a quelle esistenti , che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni antincendio. Il condominio è interessato dalla predetta normativa in quanto rientrano nelle attività soggette ai controlli antincendio (Allegato I categorie B e C numeri 75 e 77) le autorimesse di dimensioni oltre 1.000 metri quadri fino a 3.000 metri quadri oppure oltre 3.000 metri quadri e gli edifici di altezza oltre 32 mt. fino a 54 m.t. ed oltre 54 mt..

L’art. 4, comma primo, del regolamento prevede che per le attività previste dall’Allegato I la predetta istanza è presentata al Comando , prima dell’esercizio dell’attività, mediante segnalazione certificata di inizio attività , corredata dalla documentazione prevista dall’art. 2, comma 7. Il Comando verifica la completezza dell’istanza , della documentazione e dei relativi allegati e, in caso di esito positivo, rilascia ricevuta. Tuttavia cosa avviene se , una volta avviata la procedura amministrativa per ottenere il certificato , il titolare dell’attività l’abbandona ed avviene un incendio? E’ il caso trattato dalla Corte di Cassazione (sent. n. 29535/2019) che ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’esercente di un deposito di combustibili avverso una sentenza che l’aveva condannata per il reato di incendi colposo di due fabbricati.

La ricorrente aveva avviato la pratica per il rilascio del certificato di prevenzione incendi che poi non completava, poiché non richiedeva ai vigili del fuoco il sopralluogo per verificare l’adempimento delle prescrizioni , né presentava una D.I.A.. Successivamente la ricorrente non rispondeva ad una richiesta di integrazione documentale, proveniente dal Comando dei vigili del fuoco, e non ottemperava al suggerimento di installare un impianto di spegnimento automatico a pioggia.

Il Comando redigeva una notizia di reato , ai sensi dell’art. 20 del d.lvo n. 139/2006, poiché la ricorrente operava in mancanza di un certificato di prevenzione incendi. Accadeva l’incendio nell’attività della ricorrente che interessava due fabbricati e la Corte di Cassazione confermava la sentenza del giudice di appello che riteneva provata la responsabilità della ricorrente, anche con riferimento al profilo colposo della sua condotta, poiché la stessa era pienamente consapevole del pericolo derivante dall’esercizio della sua attività in quanto aveva avviato, ma non portato a termine la procedura per il rilascio del certificato di prevenzione incendi. Altri elementi sufficienti per provare la sua colpevolezza si ricavavano inoltre nella constatazione che la ricorrente non solo aveva agito senza il certificato di prevenzione incendi, ma aveva anche utilizzato un impianto di antincendio tradizionale, necessitante la presenza umana , e non installava un impianto di rilevazione automatica di fiamme e neppure un impianto di spegnimento automatico a pioggia come suggerito dai vigili del fuoco .

Nomina dell’amministratore

Per la nomina dell’amministratore è necessaria la maggioranza qualificata

L’art. 1136 Cc rappresenta la norma cardine in materia di costituzione e validità dell’assemblea ed opera una prima distinzione a seconda che si tratti di prima o seconda convocazione ed una ulteriore differenziazione in relazione all’oggetto della delibera.

Pertanto, ai fini costitutivi dell’assemblea viene stabilito come la stessa in prima convocazione risulta regolarmente formata con l’intervento di tanti condòmini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio, mentre per quanto concerne la validità delle deliberazioni, le stesse devono essere approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

Viceversa, l’assemblea in seconda convocazione risulta regolarmente costituita con l’intervento di tanti condòmini che rappresentino almeno un terzo del valore dell’intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio, mentre le deliberazioni risulteranno valide qualora approvate dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.

Per quanto concerne le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità e le deliberazioni che incidono sulle destinazioni d’uso, alcune innovazioni, quelle sugli impianti di videosorveglianza, devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo.

A seguito della riforma apprestata dalla L. 220/2012 si è accesso un dibattito dottrinale in relazione alla maggioranza necessaria per la nomina dell’amministratore in seconda convocazione, laddove alcuni autori hanno sostenuto che con la predetta riforma il legislatore abbia inteso abbassare il quorum per la nomina, risultando bastevole – come per le altre comuni deliberazioni adottate in seconda convocazione – il 50% degli intervenuti ed un numero di voti pari ad 1/3 del valore dell’edificio.

Altra parte della dottrina ha invece ritenuto che per la nomina dell’amministratore, a prescindere se effettuata in prima o seconda convocazione, sarebbe sempre richiesta la maggioranza qualificata, vale a dire la metà più uno degli intervenuti e il 50% del valore dell’edificio.

Il Tribunale di Roma, V Sez. civile, nella sentenza pubblicata in data 3 Luglio 2019, afferma che è valida la tesi sopra esposta, ovvero, riguardo il quorum per la nomina dell’amministratore, osserva come in effetti « non è stato raggiunto il quorum di cui al secondo comma dell’art. 1136 cc previsto per delibere aventi ad oggetto la nomina dell’amministratore, ed in particolare non risulta raggiunta una maggioranza che abbia rappresentato almeno la metà del valore dell’edificio, ovvero i 500 millesimi.

Condominio: diritto visione documenti e nullità nomina dell’amministratore

La limitazione posta dall’assemblea alla visione della documentazione contabile comporta la violazione di legge della delibera restrittiva del diritto del condomino

A seguito della riforma del condominio (L. 220/2012) il legislatore, con la modifica delle disposizioni del Libro III (Della proprietà), Titolo VII (Della comunione), Capo II (Del condominio negli edifici), artt. 1117 – 1139 del codice civile e degli artt. 61 – 72 disp. att. Cc, ha espressamente previsto una serie di documenti che il condominio e, per esso, l’amministratore, è tenuto a redigere o conservare a disposizione della compagine condominiale.

Lo stesso, peraltro, è tenuto a comunicare, all’atto della nomina ovvero della conferma, i locali dove sono custoditi i registri condominiali obbligatori e, in particolare, con la riformulazione dell’art. 1130, n. 6) e 7), Cc, il registro di anagrafe condominiale, quello dei verbali delle assemblee, di nomina e revoca dell’amministratore e del registro di contabilità, nel quale è compreso l’estratto conto del C/C condominiale.

Tale obbligo di conservazione delle scritture e dei documenti giustificativi vige per dieci anni dalla data della relativa registrazione e l’amministratore, all’atto della cessazione dell’incarico, è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente il condominio ed i singoli condòmini.

Il diritto di visione dei documenti e di estrazione di copia

La vicenda giudiziaria

La giurisprudenza in materia

Il diritto di visione dei documenti e di estrazione di copia

La riforma del condominio è improntata alla massima trasparenza nella gestione condominiale e nei rapporti tra amministratore e condòmini, e ciò è emerso chiaramente fin dai lavori preparatori al progetto di legge di riforma del condominio e, in particolare, dal dossier (GI0507) predisposto dal Servizio Studi del Dipartimento Giustizia, laddove è dato leggere come la nuova disposizione (l’art. 1130 bis Cc, aggiunto dall’art. 11 della L. 220/2012) “mira ad assicurare maggiore trasparenza nella gestione contabile dell’amministratore”.

Conseguentemente, è stato previsto che l’amministratore è tenuto a fornire al condomino che ne faccia richiesta l’attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso.

Pertanto, con la riforma dell’art. 1129 Cc, il legislatore ha garantito un vero e proprio diritto di acceso e visione del singolo condomino ai “documenti” condominiali, anche con facoltà di estrarne copia.

Ecco che allora i condòmini hanno diritto, a semplice richiesta, ad ottenere la documentazione richiesta, tanto è vero che, ai sensi del predetto art. 1129, II co., Cc – norma espressamente ritenuta inderogabile dall’art. 1138 Cc – l’amministratore, deve indicare i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata.

Il libero accesso alla documentazione condominiale non può essere affatto precluso ovvero enormemente compresso da una delibera assembleare, in ragione del fatto che gli unici limiti cui è soggetto il potere di vigilanza e controllo di ogni singolo condomino, di stretta elaborazione giurisprudenziale, è quello per cui il diritto di accesso non può mai risolversi in un intralcio per l’amministrazione ovvero che le richieste di visione o copia dei documenti devono essere conformi con il principio della correttezza ex art. 1175 Cc (Cass. n. 12579/2017; Cass. n. 19799/2014).

A tal proposito, infatti, escluso l’obbligo di depositare integralmente la documentazione giustificativa del bilancio negli edifici, l’amministratore, tuttavia, “è tenuto a permettere ai condòmini che ne facciano richiesta di prendere visione ed estrarre copia, a loro spese, della documentazione contabile …” (Cass. n. 16677/2018).

Ciò è confermato anche dal chiaro disposto dell’art. 1130 bis Cc, laddove viene espressamente sancito che “i condomini e i titolari di diritti reali o di godimento sulle unità immobiliari possono prendere visione dei documenti giustificativi di spesa in ogni tempo ed estrarne copia a proprie spese.”.

Orbene, dalle norme richiamate, nonché dalla giurisprudenza in materia, emerge un vero e proprio diritto di accesso del condominio alla documentazione condominiale, tanto è vero che è stata ritenuta nulla la delibera di approvazione del bilancio atteso il rifiuto dell’amministratore di mostrare i documenti contabili (Trib. di Roma, 26.10.2015. Nello stesso senso: Cass. n. 19210/2011).

Di recente, sul punto, è nuovamente intervenuta la giurisprudenza di merito, in particolare, il Tribunale di Civitavecchia, con la sentenza n. 715/2019, pubblicata in data 23 Maggio 2019.

CORNICIONE BALCONATO

Interpretazioni giurisprudenziali

Il lastrico in proprietà esclusiva vero e proprio segue la regola di 1/3 e 2/3 mentre il cornicione sporgente, facente parte del decoro architettonico dell’edificio, è a carico di tutto il condominio in base ai millesimi.
Il cornicione del lastrico solare, alla stregua del parapetto, viene considerato quale prolungamento dei muri perimetrali dell’’edificio, prolungamento che, pur garantendo protezione al lastrico solare di uso esclusivo, vale a completare strutturalmente lo stabile, contribuendo a definirne le linee architettoniche. Le spese ad esso relative, quindi andranno ripartite tra tutti i condòmini sulla base dei millesimi di proprietà.

La sovrastante ringhiera, che assolve una funzione protettiva, è invece esclusa dalla proprietà condominiale.

Antincendio in condominio, nuove regole dal 6 maggio 2019

Misure di prevenzione degli incendi commisurate all’altezza degli edifici. Sono le novità contenute nel DM 25 gennaio 2019, che aggiorna il DM 246/1987 sulla sicurezza antincendio nelle abitazioni, pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Le nuove regole entreranno in vigore il 6 maggio 2019, cioè 90 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta, e dovranno essere da subito applicate nei nuovi edifici. Gli edifici esistenti dovranno adeguare entro un anno, quindi entro il 6 maggio 2020, le misure gestionali, come ad esempio la dotazione di estintori e altri dispositivi antincendio. Sono invece concessi due anni di tempo, quindi fino al 6 maggio 2021, per l’adeguamento all’obbligo di installazione degli impianti di segnalazione manuale di allarme incendio e dei sistemi di allarme vocale per scopi di emergenza. Si tratta di regole che non sono obbligatorie in tutti i condomìni, ma solo in quelli più alti.

Antincendio, le nuove regole per i condomìni

La norma individua quattro livelli di prestazione antincendio in base all’altezza antincendi dell’edificio:
– livelli di prestazione . 0 per gli edifici di altezza antincendi da 12 metri a 24 metri;
– livelli di prestazione .1 per gli edifici di altezza antincendi da 24 metri a 54 metri;
– livelli di prestazione . 2 per gli edifici di altezza antincendi da oltre 54 metri fino a 80 metri;
– livelli di prestazione . 3 per gli edifici di altezza antincendi oltre 80 metri.
Per ogni gruppo sono indicati i compiti e le funzioni del responsabile dell’attività antincendio e degli occupanti. Al crescere dell’altezza antincendi, il decreto introduce via via misure preventive e attività di pianificazione dell’emergenza. Negli edifici di altezza antincendi superiore a 80 metri o con più di mille occupanti scatta inoltre l’obbligo di nominare un coordinatore per la gestione dell’emergenza.
Ricordiamo che per “altezza antincendi” negli edifici civili non si intende l’altezza di gronda, ma l’altezza massima misurata dal livello inferiore dell’apertura più alta dell’ultimo piano abitabile e/o agibile, escluse quelle dei vani tecnici, al livello del piano esterno più basso.

Antincendio, dal 2 gennaio 2019 in vigore la regola tecnica per il commerciale

Sono interessate le strutture che superano i 400 metri quadri. Le misure di sicurezza varieranno in base alle dimensioni

Dal 2 gennaio 2019 sarà in vigore la nuova regola tecnica verticale per la prevenzione degli incendi nelle attività commerciali con superficie lorda superiore a 400 metri quadri. E’ stato pubblicato, infatti, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DM 23 novembre 2018 con la regola tecnica verticale sulle attività commerciali che si aggiunge alle regole tecniche verticali già presenti nel DM 3 agosto 2015. Infatti, le attività commerciali saranno classificate in base alla loro dimensione calcolata in metri quadri e al numero di piani di cui si compone l’edificio. Nel computo della superficie lorda utile, oltre alle aree destinate alla vendita devono essere considerate quelle utilizzare per servizi, depositi e spazi comuni coperti direttamente funzionali all’attività commerciale.

Potranno invece essere omesse le quote dei piani dei percorsi di collegamento dell’attività commerciale con altre attività, ad esempio autorimesse o locali di pubblico spettacolo.

In base alle dimensioni varieranno le misure di sicurezza di cui dotarsi. In generale, dai 1500 metri quadri le misure diventeranno più severe.

Nelle regole viene anche chiesto di valutare la presenza di aree a rischio, dove ad esempio si effettuano lavorazioni pericolose o destinate alla ricarica di accumulatori elettrici di trazione (muletti). Tra i fattori a rischio ci sono anche i piani interrati.

Sempre in base alle dimensioni e al numero dei piani, dovranno essere rispettate le prescrizioni per la reazione e la resistenza al fuoco dei materiali. Sulla base di questi elementi e della densità di affollamento attesa, bisognerà poi progettare l’esodo in caso di incendio.

Le attività commerciali dovranno inoltre dotarsi di sistemi di controllo degli incendi, scegliendo ad esempio gli estintori in base agli effetti attesi sugli utenti che frequentano le strutture, di sistemi di allarme e per la rilevazione dei fumi. Si dovranno adottare particolari accorgimenti di sicurezza degli impianti tecnologici.

Regole tecniche verticali: cosa sono

Le regole tecniche verticali servono a caratterizzare meglio una specifica attività fornendo ulteriori indicazioni rispetto a quelle già previste dal Codice Prevenzione Incendi. L’applicazione delle regole tecniche verticali presuppone l’applicazione dell’intero Codice di prevenzione incendi, del quale sono parte integrante.
Differiscono dalla regola tecnica orizzontale che uniforma i diversi aspetti della progettazione antincendio, definendo criteri operativi e progettuali validi per più attività.

Il Codice di prevenzione degli incendi

Ricordiamo che il Codice si applica alla progettazione, realizzazione ed esercizio di attività industriali e produttive come officine meccaniche, stabilimenti per la lavorazione di alimenti, di carta e cartone, per la produzione di arredamento e abbigliamento, di prodotti in gomma, plastica e metalli, stabilimenti di produzione di laterizi, cementifici, centri informatici di elaborazione e archiviazione dati, depositi di combustibili, ecc.

In totale si tratta di 34 delle 80 attività comprese nell’elenco allegato al Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi (Dpr 151/2011). Sono esclusi edifici di civile abitazione, strutture sanitarie, alberghi ecc. Il Codice si applica sia alle attività di nuova realizzazione che a quelle esistenti.
In generale, il Codice ha introdotto norme più elastiche, consentendo ai professionisti di scegliere tra soluzioni prescrittive, soluzioni alternative e il procedimento di deroga.
Ricordiamo che la soluzione prescrittiva è una soluzione progettuale di immediata applicazione nei casi specifici, che garantisce il raggiungimento del relativo livello di prestazione e non richiedono ulteriori valutazioni tecniche.
Nelle soluzioni alternative il progettista è tenuto a dimostrare il raggiungimento del collegato livello di prestazione impiegando uno dei metodi di progettazione della sicurezza antincendi ammessi.
In quelle in deroga invece il progettista è tenuto a dimostrare il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza impiegando uno dei metodi di progettazione della sicurezza antincendio ammessi.

Istituzione Registro Telematico Amministratori Professionisti

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Come anticipato nei giorni scorsi, si è svolta ieri a Roma presso il Ministero della Giustizia una importante riunione tra il sottosegretario alla Giustizia on. Jacopo Morrone ed i Presidenti di tutte le Associazioni di Amministratori di Condominio e della proprietà edilizia.​
L’On. Morrone si è impegnato davanti a noi tutti, rappresentanti delle varie sigle associative, a sistemare il settore degli Amministratori riordinando la professione dell’Amministratore condominiale, attraverso modifiche e necessari aggiornamenti da apportare alla legge 220/2012, venendo così incontro alle nostre richieste.
Non solo, ma si è anche discusso di dare la priorità alla istituzione di un Registro telematico degli amministratori professionisti, che dovrà costituire un vero e proprio riconoscimento della attività professionale e non un semplice onere burocratico. Verrà perciò attivata a questo scopo una piattaforma funzionale che possa costituire non soltanto una garanzia per gli utenti-condomini, ma anche una legittimazione del ruolo istituzionale che verrà attribuito alla attività dell’amministratore professionista. I nominativi degli Amministratori, con le relative referenze, saranno forniti dalle Associazioni di appartenenza. Altri incontri sono previsti prima delle ferie estive e su questi Vi terrò aggiornati.