Valvole Termostatiche. E’ arrivata la proroga

Il termine ultimo è stato spostato a giungo 2017. Attenzione ai lavori effettivamente necessari

Era molto attesa e alla fine è arrivata. Sul fotofinish, il Consiglio dei ministri ha deciso la proroga di sei mesi, a giungo 2017, del termine ultimo per l’installazione delle valvole termostatiche (sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore). Per la gran parte dei condomini italiani significa un bel sospiro di sollievo. I lavori, complessi e in molti casi anche parecchio salati e difficili da decifrare, andavano fatti entro la fine di quest’anno, pena pesanti sanzioni (da 500 euro per appartamento). In realtà la data ultima per mettersi in regola era ottobre, mese in cui partono effettivamente gli impianti di riscaldamento nei condomini. Moltissime famiglie si erano ritrovate solo negli ultimi mesi dell’anno a capire che lavori fare e quali spese affrontare. Questo anche per una carenza di informazioni sulla materia che è molto complessa, tra il giuridico e il tecnico.

Senza risparmio energetico niente lavori  

Molti non sanno che la spesa si può evitare. Questo se i lavori risultano essere non efficienti in termini di costi e sproporzionati rispetto al risparmio energetico eventuale. Occorre informarsi bene prima di dare avvio ai lavori. I costi variano a seconda della ditta installatrice, del tipo di condominio e delle singole città. Si parla di una spesa media per singola valvola tra gli 80 e i 100 euro a radiatore ma arrivano segnalazioni che sul mercato ci sono preventivi complessivi anche da 3 mila euro ad appartamento, a cui tante volte si aggiungono altri lavori, riguardanti magari caldaie datate da sostituire. La cifra finale può addirittura lievitare verso i 10 mila euro ad appartamento.

Legge di Bilancio, cosa cambierà per il condominio

Relativamente agli interventi su parti comuni degli edifici condominiali la detrazione è stata estesa alle spese sostenute fino al 2021, per consentire agli amministratori di condominio di programmare questi grandi interventi nel modo migliore. La detrazione è riconosciuta nella misura maggiore (con un tetto di 40.00 euro per unità) del:

70% per gli interventi sull’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda;

75% se l’intervento è finalizzato a migliorare la prestazione energetica estiva e invernale della parte comune, conseguendo almeno la qualità media di cui al Dm del 26 giugno 2015.

La sussistenza delle condizioni deve essere asseverata da un tecnico abilitato, la cui non veridicità comporterà la decadenza del beneficio.

La legge di bilancio 2017 si prevede inoltre che per i condòmini anche non incapienti e per le spese suddette è possibile optare per la cessione del credito generato dalla detrazione, sia ai fornitori che hanno effettuato l’intervento che a soggetti privati. Stessa possibilità è stata prevista per le detrazioni maggiorate del 75% e dell’85% del sisma bonus.

Ritenute all’appaltatore

La legge di bilancio 2017 prevede che il condominio debba versare la ritenuta del 4% in qualità di sostituto di imposta nei confronti dell’appaltatore solo se la ritenuta stessa raggiunge la soglia minima di 500 Euro; in caso contrario il versamento deve essere eseguito entro il 30 giugno e il 20 dicembre di ogni anno.

Contabilizzatori di calore in attesa di proroga

Al Ministero dello Sviluppo economico è stato confermato Carlo Calenda, ed è proprio in questo dicastero che si discute la questione dell’obbligo di installare contabilizzatori di calore e termovalvole, entro il 31 dicembre 2016, in tutti gli impianti di riscaldamento centralizzato.

Come anticipato sul Sole 24 Ore del 24 novembre scorso, Confedilizia si era mostrata ottimista sulla possibilità di una riapertura dei termini per i numerosi condomìni che non ce l’hanno fatta a fare i lavori prima dell’accensione del riscaldamento (che, in quasi tutta Italia, è stata il 15 ottobre scorso). Proprio le difficoltà causate dai ritardi normativi (il decreto legislativo 141/2016 è uscito in Gazzetta a fine luglio) hanno reso impossibile o molto difficile l’installazione di contabilizzatori, ripartitori e termovalvole. Così, anche se in parecchi casi sono state convocate le assemblee e deliberate le relative spese, è risultato estremamente complicato affidare i lavori a un’impresa: il tempo era troppo poco e le imprese si sono trovate sovraccariche di lavoro.

Il nodo è rappresentato dalle sanzioni per il mancato adepimento: da 500 a 2.500 euro a cariroco di ogni condòmino. Ed è proprio su questo che potrebbe giocarsi la partita delle dilazioni, che troverebbero posto nel solito Dl «milleproroghe». Le soluzioni che si stanno facendo strada, adottabili senza urtare troppo la sensibilità dei funzionari di Bruxelles (l’obbligo di contabilizzatori è infatti in ossequio alla direttiva 2012/27/CE) sono, per ora, due:

1) una riduzione al 5% delle sanzioni minime sino ai primi mesi della primavera 2017;

2) un posticipo dell’applicazione delle sanzioni alla riapertura degli impianti di riscaldamento nel 2017 (15 ottobre in gran parte d’Italia).

In ogni caso l’irrogazione delle sanzioni è affidata alle Arpa, quindi, si prevede una larga la tolleranza.

Il quesito: amministratore «interno» senza fatturazione

In un condominio sotto gli 8 proprietari un proprietario fa l’amministratore interno. Il suo compenso fissato in assemblea (diciamo 500 €) viene detratto dalle sue spese personali annuali. Esempio: spese condominiali che deve pagare l’amministratore interno per il suo appartamento sono 1800 €, i quali si diminuiscono per 500 €, perche fa l’ amministratore. Alla fine paga 1300€. Tutto questo viene logicamente senza fattura, perché l’amministratore interno dice che non serve. In una situazione come questa, davanti al fisco, si è in regola?

La Risposta

Se il condominio ha il codice fiscale, va presentato il modello Cu (quanto meno per l’amministratore, che a sua volta presenta il quadro AC) e vanno effettuate le ritenute. Bisogna affrettarsi a mettersi in regola a partire dai compensi 2015 (se ancora non corrisposti). Quanto al pregresso, in ogni caso esiste il rischio di sanzioni e interessi.
Se invece il condominio non avesse ancora chiesto il codice fiscale, lo deve fare subito, per poter ottenere fatture dai fornitori ma anche per poter operare la ritenuta d’acconto del 4% sul compenso dell’amministratore. A sua volta, l’amministratore, dato che per lui si tratta di collaborazione occasionale, deve indicarla come tale nella dichiarazione dei redditi. Dato che presumibilmente sinora nulla di ciò è stato fatto, il suggerimento, in questo caso, è di ottenere il codice fiscale condominiale e solo dopo regolarizzare il pagamento e la ritenuta dell’amministratore per l’anno in corso. In caso l’agenzia delle Entrate si “accorga” dei compensi erogati in passato (ma è più difficile se il condominio non possedeva codice fiscale) scattano sanzioni e interessi.

Le delibere sono valide se viene convocato il venditore perché il subentro non è comunicato all’amministratore

Continua a spiegare i suoi effetti la delibera approvata dall’assemblea anche se è stata convocata una persona che non è più condomina perché nel frattempo ha venduto l’immobile a una società. E ciò perché, pur nel silenzio della legge, deve ritenersi che sia necessaria un’iniziativa dell’acquirente, esclusiva o concorrente a quella dell’alienante, che renda noto all’amministratore in modo adeguato l’intervenuto mutamento del titolo. Ancora. Non vale il dissenso alle liti espresso dal mero comproprietario dell’immobile per evitare poi di pagare le eventuali spese di giudizio in cui è parte il condominio: serve la delega degli altri contitolari perché ciò che conta è la quota millesimale del cespite e non i rapporti interni tra i comproprietari. È quanto emerge dalla sentenza pubblicata dalla seconda sezione civile del tribunale di Firenze.

Disposizione legittima

Bocciato il ricorso del condomino che tentava di evitare alcuni oneri addebitatigli. Il regolamento del condominio ben può imporre che sia l’alienante dell’immobile a dover comunicare all’amministrazione gli estremi di trasferimento del cespite e i dati personali dell’acquirente in modo che possa essere aggiornata l’anagrafe condominiale: in caso d’inosservanza l’avviso di convocazione deve ritenersi ritualmente indirizzato a chi ha già venduto l’appartamento. Nella specie, peraltro, la srl subentrata nell’immobile non soltanto è stata invitata all’assemblea ma vi ha pure partecipato, seppure per delega. E in ogni caso senza comunicazioni degli interessati l’amministratore non può sapere che c’è un nuovo soggetto da convocare.

Trenta giorni

Veniamo al dissenso alle liti ex articolo 1132 Cc, che consente al condomino di non partecipare alla spese legali che l’ente di gestione deve sostenere con la costituzione in giudizio. Anche chi è stato assente all’assemblea ben può chiamarsi fuori se comunica la sua contrarietà alla causa entro trenta giorni dall’assemblea. Ma nel nostro caso tutto ciò non è avvenuto né i comproprietari hanno impugnato la delibera “incriminata”: dovranno dunque farsi carico pro quota degli esborsi relativi al ricorso per accertamento tecnico preventivo oltre che per l’introduzione del successivo giudizio di merito. Non resta dunque che pagare, anche le spese di giudizio.

La morosità idrica

Cosa è e quando si parla di morosità idrica?

Passa per il condominio il Ddl 2343 del Senato , che esamina in prima lettura l’iter delle nuove norme su «Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque». Ma quello che interessa maggiormente i condomini di uno stabile è l’articolo 7 quando specifica che «È assicurata, quale diritto fondamentale di ciascun individuo, l’erogazione gratuita di un quantitativo minimo vitale di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni essenziali, che deve essere garantita anche in caso di morosità; tale quantitativo è individuato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nel limite massimo di 50 litri giornalieri per persona, tenendo conto dei valori storici di consumo e di dotazione pro capite».

Morosità idrica: come stabilire chi è in ritardo con i pagamenti?

Spetta all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico il compito di stabilire come i gestori debbano individuare i soggetti con una morosità idrica “incolpevole”,basandosi sull’indicatore dell’Isee. Secondo Marco Manunta, presidente della XIII Sezione del Tribunale di Milano, “sarebbe già applicabile il principio della contabilizzazione diretta in applicazione del Dpcm del 4 marzo 1996, richiamato dall’articolo 146 lettera f) del Codice dell’ambiente (Dlgs 152/2006) dove al punto 8.2.8 si legge che «È fatto obbligo al gestore di offrire agli utenti l’opportunità di fare eseguire a sua cura, dietro compenso e senza diritto di esclusività, le letture parziali e il riparto fra le sottoutenze e comunque proporre procedure standardizzate per il riparto stesso». Questa norma permetterebbe quindi di attivare anche la riscossione tramite l’acquedotto. In questo modo si eviterebbero la conseguenze che le morosità di alcuni, magari incolpevoli, causino la sospensione dell’erogazione all’intero edificio“.

Questo Ddl, in discussione al Senato, potrebbe finalmente dare le risposte, che da tanto si aspettano, relative al problema della morosità delle spese idriche.

Infiltrazioni per lavori fatti male: Chi ne paga le conseguenze?

Secondo l’art. 2051 c.c., “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Ma cosa accade quando il danno non è accidentale, ma diretta conseguenza della poca accortezza di ditte maldestre, come per esempio infiltrazioni per lavori fatti male?
In materia di condominio degli edifici, solitamente il custode delle parti comuni è l’amministratore nominato dall’assemblea il quale, ex art. 1130 c.c., deve compiere tutti “gli atti conservativi” di tutti i beni condominiali comuni.
Inoltre, l’amministratore, che fra le altre cose è il rappresentante del condominio, può e deve rispondere direttamente degli eventuali danni cagionati dai beni comuni sia in sede civile che, ove il caso lo richieda, in sede penale.
Invero, ex art. 40 c.p.non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.

Chi paga i danni causati da infiltrazioni per lavori fatti male?

Una volta precisato ciò, è necessario evidenziare come “anche nel caso in cui i lavori di manutenzione non siano stati effettuati a regola d’arte, e quindi salva la possibilità del condominio stesso di rivalersi successivamente nei confronti dell’impresa appaltatrice e/o nei confronti della compagnia di assicurazione di quest’ultima, il condominio resta comunque il diretto responsabile dei danni causati dalle parti comuni ai singoli condomini“.
Ciò è stato o recentemente ribadito dalla giurisprudenza di merito, secondo la quale “Il condominio, quale custode delle parti comuni, risponde in via autonoma, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal condomino a causa di infiltrazioni d’acqua provenienti dalle pareti perimetrali comuni, salva la prova del caso fortuito.” (cfr. Trib. Monza, 07/05/2013).
Pertanto, il singolo condomino che abbia subito un danno causato da  infiltrazioni per lavori fatti male in una parte comune dello stabile, come per esempio il tetto dell’edificio, può affidare al condominio, in persona dell’amministratore, al risarcimento di tutti i danni subiti.
Nel caso in cui, alla diffida presentata dal condomino, l’amministratore non dovesse dare alcun riscontro, questi potrà agire rivolgendosi alle sedi giudiziarie competenti. A sua volta, l’amministratore, in qualità di rappresentante del condominio, potrà rivalersi sull’impresa che ha eseguito male i lavori causando i danni al singolo condomino.

Collaborazione tra ‘visuristi’ e amministratori

Con la modifica dell’art. 1130 c.c. si è stabilito che “l’amministratore deve curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali questa “dettagliata banca dati” mira non solo a delineare l’identikit dei condomini e delle relative unità abitative, ma anche a scoprire eventuali evasioni“. In poche parole, l’introduzione di questo nuovo registro fa sì che l’amministratore possa stabilire con certezza il titolare dell’immobile, ovvero di capire chi è il soggetto che successivamente dovrà essere convocato in assemblea. Ciò significa che deve venirsi a creare una collaborazione tra ‘visuristi’ e amministratori. Scopriamo insieme come e perché.

Creare una collaborazione tra ‘visuristi’ e amministratori

L’individuazione dei titolari dei diritti reali e dei diritti personali di godimento avviene attraverso la consultazione delle banche dati dei pubblici registri immobiliari presso le Conservatorie o attraverso la banca dati telematica dell’Agenzia delle Entrate. Strumenti, questi, che possono tranquillamente essere consultati da tutti i cittadini compresi quindi gli amministratori di condominio“. Ma non è tutto così semplice come può sembrare, visto che c’è una difficoltà ad individuare il vero soggetto titolare dei diritti reali che, fra le altre cose, è rappresentata dalla capacità di leggere e interpretare proprio questi documenti. Inoltre, non sempre c’è una precisa ed esatta comunicazione delle reali generalità del titolare dell’immobile. Quindi, visto lo stato dei fatti, “l’amministratore, per ovviare a questo spiacevole inconveniente, può ricorrere alla collaborazione dell’esperto visurista in quanto è in grado di fornire la certezza dei dati attraverso ispezioni ipocatastali e conseguente relazione tecnico giuridica sulla reale disponibilità dell’immobile. In questo modo, con questa certezza di dati, l’amministratore di condominio può mettere in sicurezza l’anagrafica condominiale e conseguentemente convocare in assemblea le persone giuste, ovvero quelle che possono disporre, immediatamente e senza condizioni, l’approvazione dei bilanci e delle spese condominiali , sia ordinarie che straordinarie“.

Il rapporto di collaborazione tra ‘visuristi’ e amministratori

Il rapporto di collaborazione che viene a crearsi tra l’esperto visurista e l’amministratore di condominio può anche avere altri sbocchi. Per esempio, nel caso in cui si dovesse necessariamente procedere al recupero di eventuali spese non pagate da un condòmino, questa collaborazione tra le due figure potrebbe portare ad una fotografia con i dati certi su eventuali gravami insistenti sugli immobili (ad esempio ipoteche, sequestri e così via). Cosa questa che permetterebbe all’amministratore di iniziare la sua azione di recupero del credito dovuto, mediante azioni legali, quali per esempio il pignoramento immobiliare. “Altre cose che l’esperto visurista è in grado di fornire all’amministratore di condominio riguardano l’individuazione delle parti comuni, delle pertinenze e di aggiornamento dell’ intestazione della scheda catastale“.

Stop agli abusi dell’area destinata al parcheggio!

Stop agli abusi dell’area destinata a parcheggio: il comproprietario di un’area di parcheggio che blocca l’accesso o l’uscita alle altre automobili commette una «molestia possessoria», anche se questi lascia sempre le chiavi nel cruscotto per consentire agli altri di spostare tranquillamente la sua macchina. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 10624/2016 , respingendo il ricorso di una condòmina che, da più di un anno, era solita lasciare la sua macchina parcheggiata in modo da impedire le manovre ad un’altra comproprietaria che precedentemente aveva costruito nell’area comune una tettoia sotto la quale lasciava l’auto.

Stop agli abusi dell’area destinata al parcheggio: Il caso

Inizialmente, la signora che era solita abusare dello spazio destinato al parcheggio, aveva avuto partita vinta. Infatti, il Tribunale aveva respinto la richiesta di una delle due contendenti di “essere reintegrata nel possesso dei due posti auto sotto la pensilina“, ritenendo “non provato il possesso esclusivo dello spazio posto nell’area comune“. Per la Corte d’Appello, invece, il punto centrale non era tanto il possesso dei posti sotto la tettoia, bensì il parcheggio “selvaggio” che impediva le manovre a chiunque volesse parcheggiare la propria auto sotto la tettoia, e dello stesso avviso sono stati i giudici della Cassazione. Nella fattispecie, secondo i giudici della seconda sezione “la molestia possessoria era nell’impedire l’entrata e l’uscita da parte degli altri comproprietari. L’aver disposto la cessazione della turbativa anziché la reintegrazione del possesso rientra – sottolinea la Suprema corte – nell’esercizio del potere di interpretazione della domanda che spetta al giudice. La mera turbativa costituisce, infatti, un minus rispetto allo spoglio e nella domanda di reintegrazione del possesso è ricompresa o implicita quella di manutenzione dello stesso”. I giudici ricordano che in base all’articolo 1102, comma 2 il partecipante alla comunione non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri. Il comune possesso trova dunque una tutela contro tutte le attività con le quali “uno dei compossessori comproprietari, introduca una modificazione che sopprima o turbi il compossesso degli altri”. Invece, è del tutto ininfluente la giustificazione della signora di lasciare le chiavi nel cruscotto.

Inviare una lettera offensiva all’amministratore è diffamazione

Inviare una lettera offensiva all’amministratore è diffamazione. Inutili tutti i tentavi dell’imputato per far dichiarare questo comportamento un reato di ingiuria, sperando, fra le altre cose, di poter godere della depenalizzazione che ha avuto questo reato, a seguito dell’entrata in vigore del Dlgs 7 /2016 che ha cancellato questo reato penale, trasformandolo in un illecito civile.
Ma procediamo con ordine. Tutto è iniziato con una lettera che un tecnico (l’imputato) aveva scritto, dando del “mentecatto” all’amministratore di una multiproprietà, anche la sua intenzione era quella di fare delle precisazioni in ordine al pagamento dei suoi onorari e in risposta ad una lettera della persona offesa (amministratore) che ne pretendeva la gratuità. Inoltre, la missiva era stata inviata, non solo all’amministratore, ma anche ad altri soggetti residenti nel condominio.
Per questo motivo, sia i giudici di primo che quelli di secondo grado hanno dichiarato l’imputato colpevole di diffamazione ai danni dell’amministratore, e pertanto lo hanno condannato al pagamento di una multa nonché al risarcimento dei danni causati alla parte civile.
Ritenendo ingiusta la condanna, però, l’imputato ha deciso di  inoltrare ricorso per cassazione, invitando i giudici a pensare che potesse trattarsi di  ingiuria aggravata in quanto lo scritto, contente l’offesa alla reputazione dell’amministratore, era stato indirizzato anche,e non soltanto, al medesimo.

Inviare una lettera offensiva all’amministratore costituisce diffamazione: anche la Corte di cassazione lo conferma

Anche i supremi giudici, richiamando precedenti pronunce, con la sentenza n. 18919/2016 che nel caso «l’offesa sia contenuta in una missiva diretta ad una pluralità di destinatari, oltre l’offeso, non può considerarsi concretata la fattispecie dell’ingiuria aggravata dalla presenza di altre persone, proprio per la non contestualità del recepimento delle offese medesime per la conseguente maggiore diffusione delle stesse».
Nella fattispecie in esame, non sussiste. a loro avviso,  “il delitto di ingiuria ma quello di diffamazione in quanto la lettera era stata indirizzata ad altri due condomini ed era stata letta anche da altre persone che facevano parte dell’amministrazione in quanto la lettera era stata inviata impersonalmente all’amministratore di condomino (senza aver precisato riservata-personale) e, quindi, nella piena consapevolezza che la stessa poteva essere posta a conoscenza anche di altre persone e che comunque sarebbe stata protocollata agli atti dell’amministrazione a disposizione di chiunque vi potesse accedere» (Cassazione, sentenza 18919/2016 ).
Così è stato condannato per il reato di diffamazione l’amministratore che, in una lettera inviata a tutto il condominio, riportava le espressioni ingiuriose pronunciate durante l’assemblea nei confronti di due condomini.
Secondo i giudici di legittimità «il diritto-dovere dell’amministratore di informare il Condominio dei fatti avvenuti nel corso dell’assemblea deve accordarsi con l’interesse delle persone offese a che le frasi contro la propria reputazione non vengano ulteriormente diffuse” (Corte di Cassazione, quinta sezione penale, sentenza n 44387/2015).
Inoltre, sempre secondo i Supremi Giudici, anche affiggere nel portone del condominio i nominativi dei morosi è diffamazione poiché, si legge in sentenza, “non vi è alcun interesse da parte di terzi alla conoscenza di quei fatti, anche se veri” (Cassazione, sentenza 39986/2014).