Gestione speciale per il «condominio parziale»

Nel condominio si verifica un particolare fenomeno, riconosciuto ormai da anni dalla giurisprudenza, che comporta alcune importanti conseguenze in ordine alla gestione dell’edificio.

Per individuarne natura ed effetti occorre partire un po’ da lontano.

Va, infatti, innanzitutto precisato che l’insieme di beni e di impianti compresi nell’edificio possono (e devono) dirsi comuni (o meno) in rapporto all’applicazione dell’art. 1117 c.c.; norma che pone una “presunzione” (superabile da prova contraria) di condominialità delle “cose” citate nell’elenco in essa contenuto.

Tuttavia, può accadere, come insegna la Suprema Corte (si veda, ultima tra molte, Cassazione n. 1680/2015, ma anche 23851/2010 e n. 14558/2004) che la cosiddetta “destinazione oggettiva” del bene/impianto non sia funzionalizzata a fornire utilità a tutte le unità immobiliari ma solo ad alcune di esse. In tal caso sussiste il cosiddetto “condominio parziale”, fenomeno per cui il condominio pur manifestandosi nella sua completezza di effetti previsti dal codice, non va riferito a tutte le porzioni di piano facenti parte del fabbricato, ma solo ad una loro parte.

Per fare un esempio pratico, un’ipotesi “classica” di “condominio parziale” si configura nel caso in cui vi sia un complesso residenziale formato da un insieme d’edifici (“blocchi” costituenti distinti corpi di fabbrica), con parti comuni relative solo a tali singoli “corpi”, le quali quindi appartengono solo ai proprietari delle unità immobiliari comprese in ciascuno di essi (Cassazione, sentenza n. 8066/2005).

Ciò non toglie, tuttavia, che lo stesso fenomeno possa verificarsi nel caso dell’unico fabbricato, al cui interno alcuni beni e/o impianti sono in comproprietà di una parte dei condomini.

Per il resto, le modalità di gestione dell’edificio e i diritti ed obblighi spettanti e gravanti sui condomini rimangono pressoché identici.

Infatti, nel concreto della gestione del “condominio parziale”, occorre applicare i seguenti principi:

– come nell’ipotesi ordinaria, la costituzione del “condominio parziale” è automatica (ex lege), e deriva direttamente (e soltanto) dal concreto verificarsi (di fatto) delle condizioni previste per la sua esistenza (Cassazione, sentenza n. 8136/2004);

– le spese di gestione riguardanti la manutenzione e l’utilizzo dei beni e degli impianti rientranti nel condominio parziale debbono essere attribuite solo ai condomini “interessati”, mentre tutti gli altri vanno esclusi (Tribunale di Trieste, sentenza n. 177/2010);

– secondo una giurisprudenza, dalle situazioni di cosiddetto condominio parziale derivano implicazioni anche sulla gestione e; in particolare, non sussiste il diritto di partecipare all’assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni oggetto di delibera (Trib. Piacenza 22/5/2001 e Cassazione, sentenza n. 7885/1994). Tale interpretazione sembra aver ricevuto un esplicito riconoscimento dalla “riforma del condominio” (legge n. 220/2012) secondo cui “l’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati” (nuovo testo del penultimo comma dell’articolo 1136 del Codice civile rispetto al precedente che parlava di “tutti i condomini”);

– nel caso del “condominio parziale” la responsabilità derivante dalla custodia di un bene/impianto comune (vedi articolo 2051 del Codice civile) oppure anche dalla loro carente manutenzione va ascritta solo alla parte di condomini che sono comproprietari (e non a tutti) (Tribunale di Roma n. 14530/2009 e Cassazione, sentenza n. 1959/2001);

– l’amministratore dell’intero condominio è legittimato passivo riguardo alle controversie afferenti a beni e/o impianti appartenenti (per legge, titolo e/o destinazione), anche ad alcuni solamente dei proprietari in “condominio parziale”, come unico rappresentante processuale, salva la restrizione degli effetti della sentenza, nell’ambito dei rapporti interni, ai soli condomini interessati (Tribunale di Milano, sentenza n. 1388/2012 e Cassazione, sentenza n. 651/2000);

– al contrario, il condominio parziale è privo di legittimazione attiva ad impugnare un provvedimento giudiziale negativo che ha riguardato l’intero condomino (Cassazione, sentenza n. 2363/2012), gravame che può essere proposto solo da quest’ultimo;

A ben vedere, si tratta di un vero e proprio “sub-condominio”, che si trova all’interno del condominio, riguarda solo una parte dei condomini, ma va gestito con le stesse procedure previste per quello “intero”.

I danni da infiltrazioni possono essere semplicemente stimati.

Infiltrazioni e macchie di umidità sono una delle principali cause di litigio tra vicini. Non sempre è agevole individuare la fonte del danno, stabilire a chi spetti la riparazione e quantificare l’entità del risarcimento. Le cose si complicano, poi, quando le infiltrazioni si verificano a danno di un locale commerciale. In questo caso, bisognerà mettere in conto il mancato utile d’impresa, sperando che nel locale non ci siano beni che temono l’umidità. Cosa potrebbe accadere nel caso in cui, ad essere allagato, sia un negozio di telefonini super-tecnologici e super-costosi? Nel nostro caso le infiltrazioni hanno colpito un laboratorio fotografico ma, fortunatamente, le apparecchiature non devono aver subito troppi danni.

Ma veniamo al caso concreto. Uno scarico condominiale cede rendendo inagibile i locali posti nel seminterrato dove, colmo della sfortuna, era insediato uno studio fotografico. Il condominio fa intervenire la propria assicurazione che, però, si accolla solo una parte del danno così la questione finisce nelle aule di giustizia. Il Tribunale accoglie la domanda e liquida un risarcimento di circa 18.500 euro, oltre accessori e rimborso di due terzi delle spese di lite. La Corte di Appello riduce il risarcimento ad euro 10.000 oltre accessori. Non contento dello “sconto”, il condominio ricorre in Cassazione contestando principalmente le modalità con cui il giudice di merito aveva quantificato il danno.

Possibile la stima del danno

Sta di fatto che il danno era stato determinato “sulla carta” ovvero in base alla stima effettuata dal Consulente Tecnico di Parte, poi condivisa dal Consulente Tecnico di Ufficio. La quantificazione del danno, quindi, era stata effettuata partendo da «ragionevoli valutazioni basate anche su dati di fatto appartenenti al notorio ed alla comune esperienza» presumendo l’entità dei proventi di uno studio fotografico ed il costo degli arredi e delle attrezzature. La Corte d’Appello, da parte sua, aveva ridimensionato la stima in quanto il fattaccio si era verificato in una località balneare ma a fine stagione e, per di più, il danneggiato era sotto sfratto per cui, di lì a breve, avrebbe comunque dovuto lasciare l’immobile.

Secondo la Cassazione (Sezione III, sentenza del 18 giugno 2015, n. 12609) , il giudice può benissimo quantificare il danno facendo riferimento a dati derivanti dalla comune esperienza e senza prendere visione dei beni danneggiati. Secondo gli Ermellini, quindi, una volta che l’evento dannoso (l’allagamento) sia stato accertato, il danno può essere quantificato facendo affidamento a dati derivanti dalla comune esperienza. In altre parole, il danneggiato viene esonerato dall’onere di fornire una prova concreta del danno materiale subito. La Cassazione sottolinea la legittimità dell’operato della Corte d’Appello che non si era limitata a fare proprie le argomentazioni del Tribunale, ma aveva ridotto l’ammontare del risarcimento giustificando le modalità di tale “dimagrimento”. E, in verità, il giudice d’appello aveva ridotto l’importo del risarcimento applicando dei criteri correttivi oggettivi.

Ridotto il danno ma non le spese

Secondo il Condominio, la Corte d’Appello, riducendo il danno, avrebbe dovuto ridurre, nella stessa misura, anche l’importo delle spese legali liquidate in favore del danneggiato. Tale richiesta non è stata accolta in quanto non adeguatamente motivata.

Le infiltrazioni sono sempre un problema

Per comprendere come sia difficile risolvere i problemi legati alle infiltrazioni, ci spostiamo in un’altra aula di giustizia in cui si affronta il caso di danni derivanti da un allagamento. Questa volta l’acqua era fuoriuscita dal cassone di un condomino, aveva invaso un locale condominiale e, a questo punto, invece di essere smaltita nello scarico comune, si era infiltrata nell’appartamento sottostante. Sta di fatto che la Cassazione, con la sentenza del 18 giugno 2015, n. 12619 ha addossato ogni responsabilità al proprietario del cassone da cui l’acqua era tracimata lasciando indenne il condominio. Respinta, quinti, la tesi del convenuto che aveva chiamato in causa il condominio denunciando la mancata manutenzione degli scarichi condominiali ed il difetto di impermeabilizzazione. E’ anche vero che, in questa circostanza, gli avvocati difensori, molto probabilmente, non hanno fatto la loro parte fino in fondo.

Il condominio parziale e le conseguenze sulla gestione dell’edificio

Nel condominio si verifica un particolare fenomeno, riconosciuto ormai da anni dalla giurisprudenza, che comporta alcune importanti conseguenze in ordine alla gestione dell’edificio.
Per individuarne natura ed effetti occorre partire un po’ da lontano.
Va, infatti, innanzitutto precisato che l’insieme di beni e di impianti compresi nell’edificio possono (e devono) dirsi comuni (o meno) in rapporto all’applicazione dell’art. 1117 c.c.; norma che pone una “presunzione” (superabile da prova contraria) di condominialità delle “cose” citate nell’elenco in essa contenuto.
Tuttavia, può accadere, come insegna la Suprema Corte (si veda, ultima tra molte, Cassazione n. 1680/2015, ma anche 23851/2010 e n. 14558/2004) che la cosiddetta “destinazione oggettiva” del bene/impianto non sia funzionalizzata a fornire utilità a tutte le unità immobiliari ma solo ad alcune di esse. In tal caso sussiste il c.d. “condominio parziale”, fenomeno per cui il condominio pur manifestandosi nella sua completezza di effetti previsti dal codice, non va riferito a tutte le porzioni di piano facenti parte del fabbricato, ma solo ad una loro parte.
Per fare un esempio pratico, un’ipotesi “classica” di “condominio parziale” si configura nel caso in cui vi sia un complesso residenziale formato da un insieme d’edifici (“blocchi” costituenti distinti corpi di fabbrica), con parti comuni relative solo a tali singoli “corpi”, le quali quindi appartengono solo ai proprietari delle unità immobiliari comprese in ciascuno di essi (Cassazione, sentenza n. 8066/2005).
Ciò non toglie, tuttavia, che lo stesso fenomeno possa verificarsi nel caso dell’unico fabbricato, al cui interno alcuni beni e/o impianti sono in comproprietà di una parte dei condomini.
Per il resto, le modalità di gestione dell’edificio e i diritti ed obblighi spettanti e gravanti sui condomini rimangono pressoché identici.
Infatti, nel concreto della gestione del “condominio parziale”, occorre applicare i seguenti principi:
– come nell’ipotesi ordinaria, la costituzione del “condominio parziale” è automatica (ex lege), e deriva direttamente (e soltanto) dal concreto verificarsi (di fatto) delle condizioni previste per la sua esistenza (Cassazione, sentenza n. 8136/2004);
– le spese di gestione riguardanti la manutenzione e l’utilizzo dei beni e degli impianti rientranti nel condominio parziale debbono essere attribuite solo ai condomini “interessati”, mentre tutti gli altri vanno esclusi (Tribunale di Trieste, sentenza n. 177/2010);
– secondo una giurisprudenza, dalle situazioni di cosiddetto condominio parziale derivano implicazioni anche sulla gestione e; in particolare, non sussiste il diritto di partecipare all’assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni oggetto di delibera (Trib. Piacenza 22/5/2001 e Cassazione, sentenza n. 7885/1994). Tale interpretazione sembra aver ricevuto un esplicito riconoscimento dalla “riforma del condominio” (legge n. 220/2012) secondo cui “l’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati” (nuovo testo del penultimo comma dell’articolo 1136 del Codice civile rispetto al precedente che parlava di “tutti i condomini”);
– nel caso del “condominio parziale” la responsabilità derivante dalla custodia di un bene/impianto comune (vedi articolo 2051 del Codice civile) oppure anche dalla loro carente manutenzione va ascritta solo alla parte di condomini che sono comproprietari (e non a tutti) (Tribunale di Roma n. 14530/2009 e Cassazione, sentenza n. 1959/2001);
– l’amministratore dell’intero condominio è legittimato passivo riguardo alle controversie afferenti a beni e/o impianti appartenenti (per legge, titolo e/o destinazione), anche ad alcuni solamente dei proprietari in “condominio parziale”, come unico rappresentante processuale, salva la restrizione degli effetti della sentenza, nell’ambito dei rapporti interni, ai soli condomini interessati (Tribunale di Milano, sentenza n. 1388/2012 e Cassazione, sentenza n. 651/2000);
– al contrario, il condominio parziale è privo di legittimazione attiva ad impugnare un provvedimento giudiziale negativo che ha riguardato l’intero condomino (Cassazione, sentenza n. 2363/2012), gravame che può essere proposto solo da quest’ultimo;
A ben vedere, si tratta di un vero e proprio “sub-condominio”, che si trova all’interno del condominio, riguarda solo una parte dei condomini, ma va gestito con le stesse procedure previste per quello “intero”.

Il quadro AC nel mod. UNICO

Tra gli adempimenti fiscali dell’amministratore di condominio rientra la compilazione e la presentazione del quadro AC del mod. UNICO personale dell’amministratore, adempimento a cui è tenuto l’amministratore di condominio in carica al 31 dicembre dell’anno precedente alla presentazione della dichiarazione annuale dei redditi e quindi dell’anno cui si riferisce la comunicazione. Tale disposizione legislativa trova la sua fonte nell’articolo 7, comma 9, D.P.R. 605/1973 in materia di «Disposizioni relative all’anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti».
Qualora successivamente al 31 dicembre l’amministratore di condominio si vedrà revocato il mandato dall’assemblea dei condòmini in corso d’anno ovvero rinuncerà egli stesso al mandato ricevuto a suo tempo, l’incarico di compilazione e presentazione del quadro AC all’Anagrafe tributaria competerà all’amministratore uscente, anziché al nuovo amministratore.
Nei casi in cui l’amministratore di condominio sia esonerato dalla presentazione della propria dichiarazione dei redditi, il quadro AC deve essere presentato unitamente al frontespizio del modello UNICO 2015 con le modalità e i termini previsti per la presentazione di quest’ultimo modello.
Si precisa che l’omessa presentazione del quadro AC è soggetta a sanzione che va da € 258 a € 2.065 e non ha conseguenze per il condominio, bensì esclusivamente per l’amministratore di condominio.
In caso di amministrazione di più condomini da parte di un unico soggetto, occorre che vengano compilati più quadri AC, uno per ciascun condominio. Qualora sia necessario compilare più quadri in relazione ad uno stesso condominio i dati identificativi del condominio devono essere riportati su tutti i quadri.
L’obbligo di presentare il quadro AC sussiste anche nel caso in cui, nell’ambito di un condominio con non più di otto condomini (non più di quattro condomini ante riforma condominiale), la carica di amministratore sia stata ugualmente conferita pur non essendo obbligatoria. Al contrario, con riferimento a questo tipo di condominio, in mancanza di nomina dell’amministratore, l’obbligo anzidetto non trova applicazione.
Il quadro AC, denominato “Comunicazione dell’amministratore di condominio”, consente all’amministratore di condominio di effettuare i seguenti adempimenti:
1. la comunicazione dei dati identificativi del condominio oggetto di interventi di recupero del patrimonio edilizio realizzati sulle parti comuni condominiali. Il D.L. 70 del 13 maggio 2011, entrato in vigore il 14 maggio 2011, ha eliminato l’obbligo di inviare tramite raccomandata la comunicazione di inizio lavori al Centro Operativo di Pescara, al fine di fruire della detrazione d’imposta delle spese sostenute per l’esecuzione degli interventi di ristrutturazione edilizia. In luogo della comunicazione di inizio lavori, il contribuente deve indicare nella dichiarazione dei redditi:
– i dati catastali identificativi dell’immobile;
– gli altri dati richiesti ai fini del controllo della detrazione.
In relazione a quanto sopra, gli interventi sulle parti comuni condominiali iniziati a partire dal 14 maggio 2011, per i quali nell’anno 2014 sono state sostenute spese che danno diritto alla detrazione, l’amministratore di condominio indica nel quadro AC i dati catastali identificativi del condominio sul quale sono stati effettuati i lavori;
2. la comunicazione annuale all’Anagrafe tributaria dell’importo complessivo dei beni e servizi acquistati dal condominio nell’anno solare e dei dati identificativi dei relativi fornitori.
Nel quadro AC non vanno riportati gli importi relativi alle forniture di servizi che hanno comportato da parte del condominio il pagamento di somme soggette alle ritenute alla fonte. I predetti importi e le ritenute operate sugli stessi devono essere esposti nella dichiarazione dei sostituti d’imposta (modello 770 semplificato) che il condominio è obbligato a presentare per l’anno 2014.
L’articolo 25 del D.L. 78/2010 ha previsto che sui bonifici bancari/postali effettuati dai contribuenti in relazione a spese per le quali sono riconosciute detrazioni d’imposta ovvero deduzioni (tra cui i bonifici relativi a interventi 36 – 50 – 55%), le banche/Poste sono tenute ad operare, all’atto dell’accreditamento al beneficiario, una ritenuta d’acconto.
Con riferimento a tali spese si evidenzia che:
– la ritenuta è effettuata dall’istituto bancario e da questi riportata nel quadro SY del proprio modello 770 con evidenza del codice fiscale di ciascun impresa/professionista beneficiario;
– le istruzioni al quadro AC concedono l’esonero della relativa compilazione solo quando le ritenute sono effettuate dal condominio stesso.
Quindi, si ritiene opportuno, in via prudenziale, indicare le spese in questione, sebbene assoggettate a ritenuta, nel quadro AC del modello UNICO 2015, in quanto la stessa non è stata effettuata dal condominio.
Anche i condòmini tra i fornitori
Tra i fornitori del condominio sono da ricomprendere anche gli altri condomìni, super condomìni, consorzi o enti di pari natura, ai quali il condominio amministrato abbia corrisposto nell’anno somme superiori a € 258,23 annui a qualsiasi titolo.
Ai fini della determinazione del momento di effettuazione degli acquisti si applicano le disposizioni dell’art. 6 del D.P.R. 633 del 26 ottobre 1972. Pertanto, in via generale, si deve distinguere tra cessioni di beni e prestazioni di servizi.
Per le cessioni di beni, la regola generale stabilisce che tali operazioni si considerano effettuate:
– nel momento della stipulazione dell’atto, se riguardano beni immobili;
– nel momento della consegna o spedizione, se riguardano beni mobili.
Per le prestazioni di servizi il momento di effettuazione è costituito dal pagamento dei corrispettivi. Il pagamento si considera realizzato quando il prestatore ha l’effettiva disponibilità delle somme spettanti. Qualora, tuttavia, sia stata emessa fattura anteriormente al pagamento del corrispettivo o quest’ultimo sia stato pagato parzialmente, l’operazione si considera effettuata rispettivamente alla data di emissione della fattura o a quella del pagamento parziale, relativamente all’importo fatturato o pagato.
Che cosa non va comunicato nel quadro AC
Nel quadro AC non devono essere comunicati:
– gli importi relativi alle forniture di acqua, energia elettrica e gas;
– gli importi, relativi agli acquisti di beni e servizi effettuati nell’anno solare, che risultano, al lordo dell’IVA gravante sull’acquisto, non superiori complessivamente a € 258,23 per singolo fornitore. In tal caso non devono neppure essere indicati i dati identificativi del relativo fornitore;
– gli importi relativi alle forniture di servizi che hanno comportato da parte del condominio il pagamento di somme soggette alle ritenute alla fonte.
I predetti importi e le ritenute operate sugli stessi devono essere esposti nella dichiarazione dei sostituti d’imposta (modello 770 semplificato) che il condominio è obbligato a presentare per l’anno 2014.
Le tre sezioni del quadro
Passando alle modalità di compilazione del quadro AC, si precisa che esso si compone di tre sezioni in cui vanno elencati:
1. dati identificativi del condominio – in questa sezione devono essere indicati, relativamente a ciascun condominio, il codice fiscale (o la partita IVA), la ragione o denominazione sociale, l’indirizzo completo;
2. dati catastali del condominio (interventi di recupero del patrimonio edilizio) – in questa sezione vanno indicati i dati catastali identificativi del condominio oggetto di interventi sulle parti comuni condominiali, con riferimento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio per i quali è stato eliminato l’obbligo della comunicazione al Centro operativo di Pescara (D.L. 70 del 13 maggio 2011, entrato in vigore il 14 maggio 2011). Se l’immobile non è ancora stato censito al momento di presentazione della dichiarazione devono essere riportati gli estremi della domanda di accatastamento;
3. dati relativi ai fornitori e agli acquisti di beni e servizi – in questa sezione devono essere indicati, relativamente a ciascun fornitore, il cognome e il nome, la data e il luogo di nascita se persona fisica, ovvero la ragione o denominazione sociale se altro soggetto, il codice fiscale (o la partita IVA), il domicilio fiscale, nonché l’importo complessivo degli acquisti di beni e servizi effettuati nell’anno solare.
Per la compilazione dettagliata del quadro AC si fa rinvio alle istruzioni del modello UNICO 2015, fascicolo 2, scaricabile dal sito dell’Agenzia delle entrate.
Il quadro AC del modello UNICO 2015 Persone Fisiche deve essere presentato entro i termini seguenti:
– dal 2 maggio 2015 al 30 giugno 2015 se la presentazione viene effettuata in forma cartacea per il tramite di un ufficio postale;
– entro il 30 settembre 2015 se la presentazione viene effettuata per via telematica, direttamente dal contribuente ovvero se viene trasmessa da un intermediario abilitato alla trasmissione dei dati o a cura di un ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate.

Difetto di manutenzione e danni derivanti al singolo condomino

Poiché gli organi preposti all’amministrazione del condominio sono tenuti a provvedere, quali custodi, ad eliminare le caratteristiche dannose originarie o sopravvenute della cosa, ne consegue che il condominio, quale custode ai sensi dell’art. 2051 c.c. – in persona dell’amministratore, rappresentante di tutti i condomini tenuti ad effettuare la manutenzione, risponde dei danni che siano derivati al singolo condominio per difetto di manutenzione.

Tribunale di Bari, sentenza n. 4040, sezione Terza Civile, del 10-09-2014

Condomini e appartamenti, dal 2017 obbligatoria la contabilizzazione del calore

partire dal 31 dicembre 2016, condomini e singole unità immobiliari saranno obbligati a installare dispositivi specifici per la termoregolazione e la contabilizzazione del calore.

A prevederlo è il testo del decreto di recepimento della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, approvata in settimana dal Consiglio dei ministri

Anche le centrali termiche a servizio dei c.d. super condomini dovranno rispettare la disposizione di legge contenuta nel decreto dell’efficienza energetica, a patto che ci sia una centrale termica che serva i diversi edifici che compongono la struttura condominiale.

Ma l’obbligo della contabilizzazione del calore vale anche per i singoli appartamenti, che dovranno dunque essere dotati di tali apparecchi per monitorare il consumo energetico per il riscaldamento invernale, il raffrescamento estivo e la produzione di acqua calda sanitaria.

Solo nel caso certificato di impossibilità tecnica a intervenire o nell’eventualità che i risparmi ottenibili non giustifichino il lavoro, si potrà derogare alla disposizione di legge.

Per gli inadempienti il rischio è di incorrere in multe salate (da un minimo di 500 euro a un massimo di 2.500).

Il decreto di recepimento della direttiva sull’efficienza energetica specifica che, a seguito dell’installazione dei dispositivi per la contabilizzazione del calore, le spese saranno ripartite in base ai consumi individuali e ai costi fissi derivanti dalle attività di manutenzione degli impianti, secondo quanto stabilito dalla norma tecnica UNI 10200.

Nei condomini con riscaldamento centralizzato sarà quindi necessario installare obbligatoriamente entro il 31 dicembre 2016 sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore individuali, da installarsi su ogni singolo radiatore per la corretta misurazione dei consumi (così come previsto dalla norma UNI EN 834).

Questi sistemi tecnologici consentono infatti sia di regolare autonomamente la temperatura in ogni unità immobiliare, sia di suddividere le spese in proporzione a quanto ciascun condomino effettivamente consuma (si possono ottenere risparmi di combustibile tra il 10% e il 30% annui).

Dotare l’impianto di riscaldamento centralizzato di valvole termostatiche e di ripartitori elettronici del calore per il conteggio pro-capite di ogni singolo condomino, porta indubbiamente una serie di vantaggi:

consente di rendere energeticamente efficiente l’intero immobile, contribuendo anche alla riduzione di emissioni di CO2 permette di abbattere i consumi, premiando le famiglie virtuose che ridurranno le temperature attraverso l’impiego delle valvole termostatiche l’utente può disporre del servizio di riscaldamento in qualunque ora del giorno l’utente può ottenere la temperatura desiderata in ogni locale; la valvola termostatica, regola automaticamente l’emissione di ogni singolo radiatore tenendo conto anche di eventuali apporti “gratuiti” quali presenza di persone, soleggiamento, funzionamento di elettrodomestici …
L’utente paga solamente il calore erogato dai propri radiatori; ha così modo di risparmiare, limitando l’erogazione nei locali meno utilizzati
Eventuali opere di risparmio energetico che l’utente decidesse di eseguire nel proprio appartamento (installazione di doppi vetri, isolamento termico di pareti…) comporterebbero un suo esclusivo vantaggio in termini di consumo

 

 

Legittimazione processuale passiva

Deve ritenersi che in tema di controversie condominiali, la legittimazione dell’amministratore del condominio dal lato attivo coincide con i limiti delle sue attribuzioni ex articolo 1131 Cc, mentre dal lato passivo non incontra limiti e sussiste in ordine ad ogni azione, anche di carattere reale o possessorio, concernente le parti comuni dell’edificio. In tale contesto l’amministratore ha la facoltà di proporre tutti i gravami che successivamente si rendano necessari in conseguenza della vocatio in ius: ne consegue che deve essere confermato il rigetto che ha colpito l’eccezione di inammissibilità dell’appello per mancanza di legittimazione processuale dell’amministratore condominiale dovendosi osservare che, essendo stato chiamato in giudizio il condominio perché lo stesso fosse condannato all’esecuzione dei lavori necessari alle parti comuni ed al risarcimento dei danni subiti dai ricorrenti in conseguenza della rovina di tali parti, legittimamente l’amministratore, condannato in primo grado, ha proposto appello avverso la relativa decisione.

Cass. Civile, sentenza n. 8998, sezione Terza, del 06-05-2015

Non è possibile impedire al condomino di montare i pannelli fotovoltaici sul tetto comune

Stop alla delibera che blocca l’installazione, il legislatore agevola le fonti rinnovabili. Ma l’assemblea con maggioranza qualificata può pretendere garanzie per la sicurezza e il decoro.

L’assemblea condominiale non può bloccare il proprietario esclusivo che intende montare sul tetto comune dell’edificio i pannelli fotovoltaici per produrre da sé l’energia elettrica a suo uso e consumo. E ciò grazie all’articolo 1122 bis Cc introdotto dalla riforma del condominio: il legislatore, infatti, guarda con favore al ricorso alle fonti rinnovabili perché non inquinano e dunque non solo consente ma ne incoraggia l’installazione sulle parti comuni degli edifici. L’assemblea, tuttavia, può imporre modalità alternative per l’esecuzione del progetto se raggiunge la maggioranza qualificata della maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio. È quanto emerge dalla sentenza 11707/14, pubblicata dalla tredicesima sezione del tribunale di Milano (giudice Giacomo Rota). Tutela anti-danni Accolto il ricorso del proprietario esclusivo che ha presentato il progetto: vuole installare ben otto pannelli sul lastrico solare, che rientra fra le parti comuni del fabbricato. Ed è invalida la delibera adottata che nega l’autorizzazione perché l’assemblea non ha la facoltà di bloccare l’iniziativa in base all’articolo 1122 bis Cc: anzi, la ratio della disposizione è proprio facilitare il ricorso all’energia pulita e ridurre i consumi e la bolletta elettrica. Non c’è prova, peraltro, che l’installazione prefigurata dal proprietario esclusivo possa arrecare un danno al decoro architettonico dell’edificio. L’assemblea, dal canto suo, deve raggiungere l’elevata maggioranza di cui all’articolo 1136, quinto comma, Cc per imporre ai lavori cautele tali da tutelare la stabilità del fabbricato, la sicurezza dei residenti e l’armonia delle linee architettoniche dell’edificio. E a richiesta può provvedere a ripartire l’uso del lastrico solare salvaguardando le diverse forme di utilizzo che sono autorizzate dal regolamento condominiale o risultano già in atto. Senza dimenticare che la maggioranza qualificata consente all’assemblea di imporre che l’interessato presti un’adeguata garanzia per mettersi al riparo da eventuali danni durante dopo i lavori. Al condominio non resta che pagare le spese di giudizio.

 

A più di due anni dalla compravendita i contributi si riscuotono dall’ex condomino senza ingiunzioni

Non è il nuovo proprietario dell’immobile a pagare se risulta trascorso oltre un biennio dall’ordinanza del giudice che dispose i lavori all’edificio. Solo azione ordinaria contro l’alienante. Cassazione Sent. 702/15

Il giudice dispone la realizzazione di lavori al lastrico solare dell’edificio, ma nel frattempo uno dei proprietari esclusivi vende la casa senza pagare la sua quota. Allora il condominio ottiene un decreto ingiuntivo contro il nuovo proprietario, che pure non paga perché la compravendita dell’appartamento è avvenuta oltre due anni dopo l’ordinanza del giudice che ha fatto sorgere l’obbligazione. La disposizione ex articolo 63, comma 2, disp. att. Cc è infatti da ritenersi norma speciale rispetto a quella ex articolo 1104 Cc in tema di comunione in generale. Risultato? Il condominio dovrà rivolgersi al vecchio proprietario per riscuotere i contributi proponendo un’azione ordinaria: non può infatti agire in via monitoria nei confronti di chi non è più condomino. È quanto emerge dalla Sentenza 702/15, pubblicata dalla sesta sezione civile della Cassazione. Solidarietà esclusa Dovrà rassegnarsi, il condominio: ha sbagliato a rivolgersi al nuovo proprietario dell’immobile per ottenere il versamento dei contributi relativi a vecchi lavori. Rispetto all’ordinanza del giudice che dispone i lavori sulla sommità del fabbricato, l’ingiunto ha acquistato la casa ben oltre il termine biennale fissato ex articolo 63, comma 2, disp. att. Cc entro il quale il successore nei diritti del singolo proprietario esclusivo risponde in solido con il dante causa dei contributi non versati al condominio. Ipotesi irrealistica Inutile per l’ente di gestione eccepire che la limitazione di responsabilità non potrebbe riguardare i rapporti fra il condominio e il singolo proprietario esclusivo ma interesserebbe soltanto i rapporti fra acquirente e venditore. Il rinvio operato dall’articolo 1139 Cc alle norme sulla comunione in generale vale per espressa previsione della stessa disposizione soltanto per quanto non è espressamente previsto dalle norme sul condominio. Non è credibile che il legislatore abbia voluto rendere il cessionario responsabile in modo illimitato del pagamento dei contributi al condominio: in tal caso, infatti, non avrebbe ritenuto necessaria la previsione ex articolo 63, comma 2, disp. att. Cc, rendendola peraltro inderogabile al successivo articolo 73, ma avrebbe ritenuto sufficiente la disposizione ex articolo 1104 Cc. Non resta che pagare le spese e l’equivalente del contributo unificato già versato.

Dopo la riforma il creditore ben può pignorare il saldo del conto corrente condominiale

Tutti i contributi dei singoli proprietari esclusivi si confondono nella provvista gestita dall’amministratore: non contano il titolo di annotazione e la provenienza

Si avvicina l’assegnazione delle somme. Il creditore, infatti, ben può pignorare il saldo del conto corrente condominiale. E ciò perché tutti i contributi dei singoli proprietari esclusivi si confondono nella provvista gestita dall’ amministratore, senza che contino più il titolo di annotazione e la provenienza. È quanto emerge dall’ ordinanza di assegnazione emessa dalla terza sezione civile (giudice dell’esecuzione. . Dopo la riforma del condominio è obbligatoria l’apertura di un conto corrente del condominio: le somme che vi confluiscono costituiscono patrimonio autonomo dell’ente di gestione. In base all’ articolo 1129, comma settimo, Cc, l’amministratore è tenuto a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, oltre a quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio. E il patrimonio del condominio deve essere tenuto separato da quello dell’amministratore e dei singoli condomini. Insomma: i contributi versati dai singoli partecipanti si confondono con le altre somme già presenti sulla provvista e vanno a integrare quel saldo che è a immediata disposizione del correntista “condominio”, secondo l’articolo 1852 Cc; il credito pignorato, nella specie, è il credito alla restituzione delle medesime somme depositate, il quale trova causa, appunto, nel rapporto di conto corrente. Non contano più le ragioni per le quali le singole rimesse sono state effettuate, come la provenienza delle stesse dall’uno o dall’altro condomino: il pignoramento del saldo di conto corrente condominiale da parte del creditore è diretto a soddisfare in via esecutiva la sola obbligazione per l’intero gravante sull’amministratore e non interferisce col meccanismo del beneficio di escussione ex articolo 63, secondo, disp. att. Cc, il quale è posto a presidio soltanto dei distinti obblighi pro quota spettanti ai singoli proprietari esclusivi. Il giudice fissa l’udienza per l’assegnazione delle somme.