Grandi novità dell’ultimo minuto per quanto riguarda il Superbonus 110%.

Alcuni degli emendamenti inseriti nella Legge di Bilancio 2022, a pochi giorni dall’approvazione, che avrebbero stravolto rendendo più stringente l’applicazione del bonus verranno rimossi.

Le interlocuzioni tra maggioranza e Governo sono ancora in corso, ma sembra esserci un intesa sulla volontà di voler eliminare la soglia ISEE di 25.000 euro per i proprietari di villette e abitazioni unifamiliari.

Verrà rimosso anche il vincolo che prevede che la villetta debba essere necessariamente adibita ad abitazione principale per poter accedere al Superbonus 110%.

Si sta lavorando per trovare un intesa anche per cercare di rendere quanto più convenienti possibile anche altri bonus edilizi per il 2022.

E’ il caso del bonus facciate per il quale si prova a prorogare l’aliquota di detrazione del 90% evitando quanto previsto dalla bozza della manovra che prevede invece per il 2022 una detrazione del 60%.

Gli emendamenti contenuti nella Legge di Bilancio e che dovranno essere discussi nei prossimi giorni sono 690.

Molti di esse riguardano la categoria dei bonus edilizi, determinanti per il futuro di molte famiglie che in base alle nuove condizioni previste per il 2022 potranno decidere se avviare o meno lavori di riqualificazione energetica, di diminuzione del rischio sismico o di rifacimento delle facciate della propria abitazione o del proprio condominio.

Oltre alle famiglie le decisioni prese dal governo riguardo il Superbonus 110% insieme a tutte le altre misure saranno determinanti anche per il futuro di molti professionisti e sulle imprese che si occupano degli interventi.

Incentivi e agevolazioni fiscali che muovono milioni di euro, creano posti di lavoro e fanno risparmiare sui lavori in casa.

Le scelte che si prenderanno in Legge di Bilancio avranno ripercussioni importanti: vediamo le proposte in gioco e le ultime novità.

Superbonus 110% senza ISEE? Cambiano nuovamente le regole per villette e abitazioni unifamiliari

Il Governo dunque ha molto probabilmente raggiunto un intesa che dovrebbe avvicinare il Superbonus 110% a come lo abbiamo conosciuto nel 2021.

Gli emendamenti che vedevano la soglia ISEE di 25.000 euro per le abitazioni unifamiliari, oltre che il vincolo di dover dichiarare la propria villetta o abitazione come prima casa per poter usufruire delle agevolazioni previste, verranno rimossi dal testo della Legge di Bilancio 2022.

Queste sono le due più grandi novità dell’ultimo minuto, quando ormai tutto sembrava deciso, stravolgono nuovamente le regole Superbonus 110% allargando di fatto la platea dei potenziali beneficiari.

C’è però un nuovo limite, la soglia ISEE è stata sostituita con un limite temporale agli interventi.

Questo significa che ci sarà l’obbligo di presentare lo stato dei lavori dimostrando di aver completato almeno il 30% degli interventi previsti entro giugno, in modo tale da poter proseguire con i lavori fino a fine 2022.

Questo è dunque il compromesso che sembrerebbe aver messo tutti d’accordo in parlamento.

“Siamo tutti d’accordo sulle unifamiliari di tornare alla norma precedente” questo è quanto dichiarato dalla senatrice di Italia Viva Donatella Conzatti dopo il vertice di maggioranza tenutosi martedì scorso.

Superbonus 110%: il visto di conformità complica la misura

A fronte di emendamenti che vengono cancellati c’è ne sono altri che sono stati confermati e sono già operativi.

E’ il caso di quanto introdotto a partire dal 12 novembre riguardo la necessità di dover presentare il visto di conformità insieme al resto della documentazione richiesta.

La norma inizialmente valida solo per chi avesse deciso di usufruire dell’agevolazione fiscale prevista dal Superbonus 110% attraverso le modalità sconto in fattura e cessione del credito, a partire dal 26 novembre è stata estesa anche a chi decide di procedere con il rimborso  in dichiarazione dei redditi, ripartendo la detrazione spettante in 5 o 10 (a seconda del bonus) rate annuali di pari importo.

Visto di conformità che dunque entra a far parte in modo permanente della documentazione richiesta per tutti coloro che vorranno beneficiare di quanto previsto dal Superbonus 110%

Quest’ultimo documento è stato introdotto per combattere il fenomeno dei furbetti delle fatture “gonfiate” verificando la veridicità delle spese contenute.

Il biennio appena trascorso ci ha infatti dimostrato come quanto più l’agevolazione fiscale è conveniente quanto più spuntano fuori fenomeni di illegalità pronti a speculare sui benefici ricevuti con ingenti danni alle casse dello Stato oltre che all’intera comunità di cittadini onesti.

Fenomeni di questo tipo si sono verificati con il Superbonus 110% ed ancora prima con il reddito di Cittadinanza, vedremo se le misure prese nelle ultime settimane riusciranno dunque ad arginare queste casistiche.

Superbonus 110%: quali sono i lavori ammessi?

Dopo aver ampiamente trattato le novità dell’ultimo minuto che di fatto hanno cambiato per l’ennesima volta le regole del Superbonus 110% andiamo ora a ricordare quali sono i lavori ammessi da questa misura.

Il Superbonus 110% nasce con l’obiettivo di riqualificare dal punto di vista energetico circa il 50% del parco immobili italiano, questa è la promessa contenuta all’interno del PNRR.

Migliorare l’efficienza energetica delle nostre abitazioni o dei nostri condomini significa renderli, attraverso alcuni interventi, più economici grazie a minor dispersione energetiche che quindi ridurranno i consumi e quindi gli importi delle bollette di luce, gas, acqua.

I lavori ammessi si dividono in principali o trainanti:

– lavori riguardanti l’isolamento termico delle pareti esterne ( cappotto termico );

– lavori riguardanti la sostituzione della centrale termica e quindi dei vecchi impianti di climatizzazione e riscaldamento;

– interventi strutturali per il miglioramento antisismico (Sisma bonus).

Ed inoltre ci sono i lavori definiti trainati che consistono nella:

– sostituzione degli infissi;

– abbattimento delle barriere architettoniche

– installazione della colonnina per la ricarica di veicoli elettrici;

– installazione di pannelli fotovoltaici.

Per poter avviare il cantiere e cominciare con i lavori elencati si dovrà necessariamente procedere con l’invio agli organi competenti di tutta la documentazione richiesta.

Il mancato inoltro di uno solo tra i documenti richiesti porterebbe a non poter usufruire della detrazione del 110%, oltre che a rischiare una sanzione amministrativa  compresa tra 2.000 e 15.000 euro.

Superbonus 70%? Ecco cosa cambierà dal 2024!

Il Superbonus 110% quasi certamente sarà una misura che durerà nel tempo.

l Governo Draghi starebbe dunque valutando la possibilità di una proroga fino al 2024.

A fronte di un’ ottima longevità quello che sicuramente vedremo cambiare con il tempo sarà la riduzione delle agevolazioni fiscali.

La detrazione del 110% rende il Superbonus una misura molto dispendiosa per lo Stato e poco sostenibile.

L’intenzione del Governo Draghi è quella di confermare la misura per i prossimi anni avvenire a fronte di una graduale riduzione dell’aliquota di detrazione che si abbasserà inizialmente dal 110% al 70%.

Riduzione dell’aliquota che continuerà negli anni che potrebbe arrivare al 65% nel 2025 e così via fino al 2029 anno in cui lo Stato avrà terminato con i vari pagamenti e rimborsi fiscali per i richiedenti del Superbonus 110%.

Superbonus 110%: in cosa consistono lo sconto in fattura e la cessione del credito

Le modalità di accesso alle agevolazioni fiscali previste dal Superbonus 110% sono tre, tutte confermate anche per il 2022.

Due delle tre previste rendono la misura decisamente più conveniente poichè non prevedono che il beneficiario anticipi neanche un euro dell’intera somma preventivata per lo svolgimento dei lavori, si tratta della cessione del credito e dello sconto in fattura.

Per quanto riguarda lo sconto in fattura sarà l’impresa che avrà eseguito i lavori ad applicare uno sconto del 100% sulla somma totale, questo significa che il cittadino beneficiario non dovrà pagare nulla per i lavori effettuati.

La cessione del credito invece prevede che il beneficiario ceda il credito a banche o istituti finanziari consenzienti anche in questo caso il cittadino si troverà a non pagare nulla per i lavori eseguiti.

Infine la terza modalità, meno conveniente, è la detrazione Irpef con il rimborso previsto in denuncia dei redditi tramite 5 rate annuali di uguale importo.

Superbonus: se cambia l’aspetto dell’edificio devono essere favorevoli tutti i condomini

In base all’ultimo comma dell’articolo 1120 del Codice civile “sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”.

Quella di decoro architettonico è una espressione che lascia ampio spazio all’interpretazione; per questo è stata la giurisprudenza a stabilirne il perimetro ideale, definendo come tale quell’insieme armonico di linee architettoniche ed elementi estetici idonei a conferire al fabbricato la sua identità. Di conseguenza, il cambiamento dell’identità estetica di un edificio costituisce una alterazione del suo decoro architettonico; non importa se il cambiamento sia migliorativo o peggiorativo, che costituisce una valutazione opinabile per sua natura, ma è il fatto che un cambiamento ci sia a costituire una alterazione del decoro architettonico; alterazione vietata dal Codice civile.

Di questo si è occupata la tredicesima sezione civile della Corte d’Appello del Tribunale di Milano, in relazione all’installazione di un cappotto termico, nel contesto dei lavori di riqualificazione energetica previsti dal cosiddetto Superbonus, con la recente sentenza del 30 settembre 2021.

La delibera condominiale, approvata con le maggioranze previste dal comma 9-bis dell’articolo 119 del DL 34/2020 per il Superbonus, è stata contestata da alcuni condomini perché l’installazione del cappotto termico avrebbe comportato il cambio dei colori delle facciate e l’installazione di una fascia verticale in corrispondenza di ciascun balcone; fatto che, secondo i condomini contrari, avrebbe rappresentato una alterazione del decoro architettonico dell’edificio.

Per ovvi motivi la valutazione se l’intervento comporti effettivamente alterazione del decoro architettonico dell’edificio va fatta caso per caso, non essendo possibile generalizzare sull’entità delle modifiche estetiche; ma, nel caso specifico, il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso dei condomini contrari. Il punto è che, in tutti quei casi in cui l’aspetto esteriore degli edifici risulta modificato in modo sensibile, alla luce dell’articolo 1120 del Codice civile, la contrarietà anche di uno solo dei condomini è sufficiente a non autorizzare i lavori.

È infatti un divieto relativo quello imposto dall’ultimo comma dell’articolo 1120 del Codice civile; partendo dalla considerazione che l’alterazione del decoro architettonico di un edificio costituisce una valutazione opinabile, in questi casi il divieto si supera con il consenso unanime di tutti condomini, che, nel caso in questione, non vi è stato.

Dato che:

– gli interventi previsti avrebbero comportato il cambiamento dell’aspetto esteriore del fabbricato;

– la disciplina speciale del Superbonus non deroga le norme codicistiche;

– la delibera assembleare che ha autorizzato i lavori non presentava il consenso unanime di tutti i condomini.

Alla luce di ciò, il Tribunale di Milano ha sospeso l’esecutività della delibera.

In considerazione del fatto che l’installazione del cappotto termico costituisce uno dei principali interventi trainanti previsti dal Superbonus, l’assemblea che decide di approvare questi miglioramenti, senza l’unanimità dei condomini, dovrà fare attenzione alla circostanza che i lavori programmati non alterino sensibilmente l’aspetto esteriore dell’edificio.

Nel caso in ciò avvenga, anche un solo condomino potrebbe contestare la delibera assunta non all’unanimità, mettendo a rischio la possibilità di usufruire dell’agevolazione fiscale, dati i tempi tecnici del processo civile che avrà il compito di stabilire se ci sia stata effettiva violazione del decoro architettonico dell’edificio.

Superbonus e condominio: come superare l’impasse dell’assemblea

La normativa prevede la possibilità di liberare da responsabilità i condomini contrari al beneficio fiscale attraverso l’accollo della spesa da parte dei condomini favorevoli.

L’articolo 119 del DL 34/2020, il cosiddetto Decreto Rilancio, che regola i meccanismi di funzionamento del bonus fiscale comunemente chiamato Superbonus, è stato molte volte modificato, rispetto alla sua versione originaria.

Nel momento in cui si scrive, in base al comma 9-bis dell’articolo 119 del DL 34/2020, convertito dalla Legge 77/2020, le deliberazioni dell’assemblea del condominio che approvano la decisione di usufruire del Superbonus, e, eventualmente, di usufruire dello sconto in fattura o della cessione del credito, devono essere assunte “con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio”.

La previsione normativa cerca di trovare un equilibrio tra la necessità di richiedere una maggioranza che sia abbastanza qualificata da deliberare interventi così importanti quali quelli che interessano il Superbonus, ma che non sia così ampia da divenire un ostacolo per l’effettiva assunzione delle deliberazioni.

Le maggioranze previste, che non sembrano proibitive, possono diventare importanti quando le dimensioni del condominio sono di notevole entità; in questi casi non è raro trovare tanti condomini interessati ad accedere al beneficio fiscale, ma in numero non sufficiente per approvare gli interventi.

Nel caso in cui la contrarietà degli altri condomini non sia un punto di principio, ma configuri solo la volontà di non usufruire del beneficio fiscale (a prescindere dalla motivazione, che resta una valutazione personale e che può essere di vario ordine, come la difficoltà a sostenere la spesa o la difformità urbanistica dell’unità immobiliare interessata), il medesimo comma 9-bis dell’articolo 119 del DL 34/2020, con le modalità enunciate dalla prassi in occasione della risposta a Interpello 620/2021, prevede la possibilità che i condomini interessati a realizzare gli interventi possano manifestare, in sede assembleare, l’intenzione di accollarsi l’intera spesa riferita a tali interventi.

Questa possibilità, offerta dal legislatore, permette ai condomini che hanno certezza di poter fruire dell’agevolazione fiscale di prendersi carico della parte della spesa che sarebbe a carico dei condomini che hanno espresso parere contrario, superando così l’impasse dell’assemblea; in questa situazione l’assemblea potrebbe approvare senza esitazione, avendo liberato da ogni incombenza i condomini contrari, in quanto, come espresso chiaramente dall’Agenzia delle Entrate “in tale ipotesi, ne risponderà in caso di non corretta fruizione del Superbonus esclusivamente il condomino o i condomini che ne hanno fruito”.

Sempre il comma 9-bis dell’articolo 119 del DL 34/2020, dispone che le deliberazioni dell’assemblea del condominio, che imputano a uno o più condomini l’intera spesa deliberata, sono anch’esse valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio, le medesime previste per l’approvazione del beneficio fiscale, e “a condizione che i condomini ai quali sono imputatele spese esprimano parere favorevole”.

La revoca anticipata senza giusta causa e/o rinuncia all’incarico

Quando l’amministratore può chiedere il risarcimento e quando rischia di vederselo domandato?

La deliberazione di nomina seguita dall’accettazione dell’incarico fa sorgere il contratto di mandato che lega la compagine all’amministratore. L’incarico, per espressa previsione legislativa, ha durata annuale e si rinnova automatica per un altro anno (art. 1129 c.c.).

Di fatto una sorta di contratto 1+1 come il più noto 4+4 per le locazioni. Ciò significa che al termine del periodo di gestione il mandatario decade ex lege dal proprio incarico.

 L’Amministratore di condominio e le basi del Mandato

La giurisprudenza ha chiarito che fino alla assemblea successiva assemblea di conferma o revoca, l’amministratore prosegue il proprio incarico nel regime così detto di prorogatio imperii (cfr. Cass. n. 1445 del 1993). L’indicazione giurisprudenziale è stata tradotta in legge ad opera della così detta riforma (cfr. art. 1129, ottavo comma, c.c.).

Si tratta di una sorta di mandato ad interim necessario a garantire la continuità amministrativa del condominio.

Ciò detto è ben possibile che il rapporto giuridico venga interrotto dal condominio prima del termine naturale.

Al riguardo è chiarissimo l’inciso iniziale dell’undicesimo comma dell’art. 1129 c.c. allorquando ricorda che la revoca del mandatario del condominio “?può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio”.

Per assurdo, quindi, l’amministratore potrebbe essere revocato anche subito dopo la nomina. È sufficiente farne richiesta nei modi e nei termini di cui all’art. 66 disp. att. c.c. e successivamente deliberarne la revoca con le maggioranze previste dalla legge (art. 1136 c.c.).In questo contesto il riferimento alle modalità regolamentari dev’essere inteso come individuazione di specifiche modalità attinenti al procedimento di convocazione ma non ai quorum o alla possibilità stessa di revocare in ogni tempo il mandatario in quanto l’art. 1129 c.c. è tra quelli assolutamente inderogabili ai sensi dell’art. 1138 c.c..

Rebus sic stantibus, ci si è domandati: la revoca assembleare, il cui effetto sostanziale è quello del recesso anticipato dal contratto, è esercitabile ad nutum o, comunque, dev’essere giustificata per evitare una richiesta di risarcimento del danno? S’è detto che tale rapporto contrattuale è disciplinato dagli artt. 1129-1130 c.c. e dalle norme sul mandato Ebbene, il codice civile parla chiaramente:

La revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell’affare, salvo che ricorra una giusta causa (art. 1725, primo comma, c.c.).

In sostanza se è vero che l’assemblea può revocare l’amministratore in qualsiasi momento, è altrettanto vero che la mancanza di una giusta causa alla base deliberazione de quo consente all’amministratore revocato di agire per ottenere il risarcimento del danno.

Questa impostazione ha trovato riscontro in seno alla giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Era il 2004 quando è stato affermato che “se la revoca interviene prima della scadenza dell’incarico, l’amministratore avrà diritto alla tutela risarcitoria, esclusa solo in presenza di una giusta causa a fondamento della revoca (art. 1725, co. 1°, cod. civ.).

E deve ritenersi che le tre ipotesi di revoca giudiziale previste dall’art. 1129, co. 3°, cod. civ. configurino altrettante ipotesi di giusta causa per la risoluzione ante tempus del rapporto” (così Cass. SS.UU. 29 ottobre 2004 n. 20957).

Sulla stessa lunghezza d’onda s’è espressa, in passato, autorevole dottrina. In sostanza una lettura coordinata di due norme, ossia gli artt. 1129, undicesimo comma, c.c. e 1725, primo comma, c.c., consente di affermare che l’amministratore, che sia retribuito per l’opera svolta, può ottenere il risarcimento del danno per inadempimento.

E’ bene ricordare che “sulla base della tradizione manualistica costituisce principio reiterato che l’art. 1218 c.c. stabilisce a favore del creditore un’inversione dell’onus probandi, sostanzialmente basata su una presunzione di colpa in capo al debitore inadempiente” (Cendon, 2008, 466 e conf. Cass. SS.UU. 30 ottobre 2001 n. 13533).

In sostanza aderendo a questa impostazione che presenta un chiaro favor per l’amministratore revocato, quest’ultimo, nei fatti, avrà il diritto a non essere revocato senza giusta causa o, qualora ciò accadesse, avrebbe la possibilità di ottenere il risarcimento del danno corrispondente quanto meno alla mancata percezione della retribuzione fino alla cessazione naturale dell’incarico.

Per fare ciò gli basterebbe dimostrare d’essere l’amministratore e di essere stato revocato anticipatamente affermando la mancanza di una giusta causa e quantificando il danno.

Spetterebbe al condominio fornire prova della presenza di una giusta causa rintracciabile anche tra quelle elencate dall’art. 1129, terzo comma, c.c.

Se ne converrà che se dimostrare l’omessa presentazione del bilancio per due anni consecutivi non è cosa difficile, farlo con riferimento ai “fondati sospetti di gravi irregolarità” di cui parla la norma testé citata è cosa tutt’altro che agevole.

Quando amministratore condominio può ricevere compensi extra? Ecco i casi per leggi 2021

Non è prevista per legge la possibilità per un amministratore di condomino di ricevere compensi extra rispetto a quello pattuito al momento della nomina. L’unico caso in cui, per legge, è ammesso che un amministratore di condominio riceva compensi extra è quello in cui la maggiore retribuzione per l’attività di straordinaria amministrazione viene riportata nel preventivo analitico approvato al momento della nomina.

Quando amministratore condominio può ricevere compensi extra? Quando un amministratore di condominio viene nominato, le norme sul condominio prevedono l’obbligo per lo stesso amministratore di riportare all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta.

Se l’amministratore di condominio non dovesse provvedere a indicare la cifra del compenso pattuito si corre il rischio di nullità della stessa nomina. Vediamo quali sono i casi in cui è possibile che un amministratore di condominio riceva compensi extra rispetto a quello pattuito.

Quando amministratore di condominio può avere compensi extra

Generalmente, quando un amministratore di condominio viene nominato dall’assemblea, la stessa, nella stessa sede, decide anche il compenso dovuto all’amministratore. Non è prevista per legge la possibilità per un amministratore di condomino di ricevere compensi extra e una maggiore remunerazione.

L’unico caso in cui, per legge, è ammesso che un amministratore di condominio riceva compensi extra è quello in cui la maggiore retribuzione per l’attività di straordinaria amministrazione viene riportata nel preventivo analitico approvato al momento della nomina.

Inoltre, secondo quanto previsto dalle norme in vigore, l’amministratore di condominio ha diritto al compenso aggiuntivo se non è preteso in maniera unilaterale ma oggetto di delibera da parte dell’assemblea e non è dovuto alcuna maggiore retribuzione rispetto al compenso fissato in assenza di apposita delibera condominiale in merito.

Compensi extra ad amministratore di condominio chi decide

Spetta esclusivamente all’assemblea di condominio riconoscere all’amministratore di condominio un eventuale compenso straordinario all’amministratore, perché si tratta di una valutazione che rientra nelle competenze assembleari.

Bonus facciate anche solo per rifare i balconi

Anche se, come anticipato ieri, la legge di Bilancio 2022 potrebbe prorogare per tutti i bonus edilizi (e non solo per il superbonus del 110%), la possibilità di cedere il credito o di scontarlo in fattura, per tre anni (fino al 2024), resta comunque il nodo relativo alla pesante riduzione dal 90% al 60% della percentuale della detrazione del bonus facciate per il 2022.

Si tratta, però, di un’agevolazione che dal 2020 ha contribuito non solo alla riqualificazione energetica di molti «palazzi e edifici storici e moderni», ma anche al miglioramento del «decoro urbano».

Si pensi, ad esempio, che il bonus facciate può spettare anche per il restauro dei soli balconi o dei soli ornamenti e fregi, senza la necessità di effettuare il cappotto termico sulla facciata.

Balconi senza cappotti

Il bonus facciate è possibile sia per la sola pulitura o tinteggiatura esterna, che per gli «interventi influenti dal punto di vista termico» o su più del 10% dell’intonaco. In questi ultimi due casi, servono le stesse pratiche previste per l’ecobonus ordinario, come l’asseverazione, il computo metrico, l’Ape finale, le schede tecniche dei materiali e la comunicazione all’Enea.

In ogni caso, sono detraibili «esclusivamente gli interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi» (cioè i poggioli e non le persiane cosiddette a balcone) o su «ornamenti e fregi». Il bonus facciate si applica «anche agli interventi di restauro dei balconi, senza interventi sulle facciate».

In particolare, per gli interventi su balconi o su ornamenti e fregi, la detrazione spetta per il consolidamento, ripristino, inclusa la mera pulitura e tinteggiatura della superficie, orinnovo degli elementi costitutivi degli stessi. Spetta anche per gli altri eventuali costi strettamente collegati alla realizzazione degli interventi in questione, come ad esempio per la rimozione e impermeabilizzazione e rifacimento della pavimentazione del balcone, nonché per rimozione e riparazione delle parti ammalorate dei sotto-balconi e dei frontalini e successiva tinteggiatura.

Tra le spese agevolate per il rifacimento dei balconi, rientrano anche quelle per il rifacimento del parapetto in muratura, della pavimentazione e per la verniciatura della ringhiera in metallo.

Bonifici entro l’anno

Se non verrà modificata la riduzione dal 90% al 60% della detrazione del bonus facciate, per il 2022, il privato consumatore, che vorrà beneficiare in dichiarazione dei redditi della detrazione massima su tutta la spesa, dovrà effettuare il pagamento dell’intera spesa, tramite bonifico parlante, «entro il 31 dicembre 2021, indipendentemente dallo stato di completamento dei lavori previsti» (scelta non possibile per le imprese, perché applicano il principio di competenza), assumendosi i rischi e le conseguenze di un inadempimento da parte dell’impresa e iniziando a detrarre la quota decennale per il 2021 a partire dal modello 730/2022 o redditi PF 2022 per il 2021.

Il pagamento potrebbe ridursi al solo 10% della fattura complessiva dei lavori (sempre per sfruttare la detrazione massima del 90% prevista per quest’anno), nel caso di sconto in fattura da parte dell’impresa. Considerando che lo sconto in fattura è parziale (90%), l’intera spesa, comprensiva della parte coperta dallo sconto, si considera sostenuta, con il principio di cassa, quando viene effettuato il pagamento della parte non coperta dallo sconto.

La fattura va emessa per il 100% nella data del pagamento del 10%, indicando il relativo sconto in fattura.

Niente green pass per le riunioni di condominio. Lo stabilisce il Garante della privacy

Niente green pass per partecipare alle riunioni di condominio: lo stabilisce il Garante della privacy. L’obbligo della certificazione verde per praticamente quasi tutte le attività sociali (e per tutti i lavori) scatena dubbi tra i cittadini.

Ebbene, mentre il governo lavora ad estendere l’obbligo del green pass a lavoro fino alla prossima estate, una cosa è certa: il condomino non è tenuto ad esibire alcunché all’amministratore o al presidente dell’assemblea riguardo al suo stato vaccinale anti Covid. Infatti nell’articolo 3 “Impiego certificazioni verdi Covid–19” del Dl 105/2021, convertito in legge 126/2021, non v’è traccia di tale obbligo. L’articolo in questione, contenuto nel Dl “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid–19 e per l’esercizio in sicurezza di attività sociali ed economiche”, non include infatti gli spazi riservati alle assemblee di condominio nell’elenco dei luoghi in cui è obbligatorio esibire il green pass.

Il parere del Garante della privacy

Dal canto suo, il Garante della privacy, con il parere del 9 giugno 2021, ha puntualizzato, con riferimento anche alle riunioni condominiali, che solo una norma di rango primario potrebbe prevedere l’uso del green pass per poter partecipare. Questo perché la presenza alle assemblee condominiali è “l’estrinsecazione di una modalità di svolgimento di rapporti giuridici, nel caso concreto facenti capo alla manifestazione dei diritti e dei doveri del condomino in ragione dell’esercizio del diritto di cui si dispone verso l’immobile facente parte del contesto condominiale”. Al di là del linguaggio tecnico, la sostanza è che non c’è alcun obbligo di green pass.

Ecco gli obblighi di controllo dell’amministratore di condominio

Lo stesso Garante ha anche precisato che i soggetti deputati ai controlli delle certificazioni verdi devono essere chiaramente individuati e istruiti. In ogni caso ha sottolineato l’importanza di prevenire discriminazioni nei confronti di coloro che, per motivi clinici, potrebbero essere nell’impossibilità di sottoporsi alla vaccinazione. Unico obbligo per l’amministratore di condominio, in base al Dl 105/2021, è quello relativo al controllo del green pass per quei soggetti, condomini o estranei, che utilizzino strutture con obbligo di certificazione verde. Come le piscine condominiali, i centri ricreativi e tutte le strutture equiparabili che si trovano negli spazi condominiali e al chiuso. Tornando nello specifico alle assemblee condominiali, restano comunque in vigore le norme di sicurezza (sanificazione, mascherine, distanziamento) quando le riunioni si svolgono in luoghi come bar, circoli associativi e simili. I controlli, in questi casi, sono a carico dei gestori.

Precompilata e oneri detraibili: se si paga con la carta di credito serve l’estratto conto

La presentazione diretta del 730 precompilato

Il 730/2021 precompilato può essere inviato direttamente dal contribuente oppure tramite il proprio sostituto d’imposta, il CAF o intermediario di fiducia. Quale può essere il commercialista. La dichiarazione sarà disponibile sul portale dell’Agenzia delle entrate a partire dal 30 aprile 2021. Se decidiamo di provvedere direttamente all’invio, è necessario essere in possesso delle seguenti credenziali:

 – Sistema Pubblico di Identità Digitale (Spid),

 – Carta d’identità elettronica (CIE),

 – Carta nazionale dei servizi (CNS),

 – Credenziali dei servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate ossia Entratel.

Se il contribuente decide di inviare direttamente la dichiarazione o tramite il proprio sostituto d’imposta, senza apportare alcuna modifica: non saranno controllati i documenti che attestano le spese detraibili/deducibili indicate nella dichiarazione, cui dati sono stati forniti all’Agenzia delle entrate da soggetti terzi quali operatori sanitari, università, banche, assicurazioni, enti previdenziali, imprese di pompe funebri, ecc.
Se, invece, il contribuente modifica la precompilata (direttamente o tramite il sostituto d’imposta): l’Agenzia potrà eseguire il controllo formale, ex art.36-ter del DPR 600/73, su tutti gli oneri indicati, compresi quelli trasmessi dagli enti esterni sopra citati.

Anche l’inserimento degli oneri riportati solo nel foglio riepilogativo allegato alla precompilata, comporta che la dichiarazione sia considerata modificata.

La tracciabilità per il pagamento degli oneri nel 730

La Legge di bilancio 2020 ha disposto l’obbligo di tracciabilità dei pagamenti degli oneri detraibili in dichiarazione dei redditi, 730 e modello Redditi. In particolare, il comma 679, della legge n. 160/2019, prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2020  “Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, la detrazione dall’imposta lorda nella misura del 19 per cento degli oneri indicati nell’articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e in altre disposizioni normative spetta a condizione che l’onere sia sostenuto con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”.

Sono esclusi dall’obbligo di tracciabilità gli acquisti di:

  • di medicinali e dispositivi medici
  • le prestazioni sanitarie rese dalle strutture pubbliche o private accreditate al Servizio sanitario nazionale.

Attenzione per le spese che possono essere pagate cash, c’è da rispettare comunque il limite

di utilizzo di contanti fino all’importo di 2.000 euro. Per singola spesa.

Ad ogni modo, salvo le eccezioni citate, la detraibilità degli oneri di cui all’art.15 del TUIR (spese funebri, universitarie, ecc) e in altre disposizioni normative è subordinata all’effettuazione del pagamento mediante «versamento bancario o postale» ovvero mediante i sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del d.lgs. n. 241 del 1997. Tale articolo fa riferimento a: carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari ovvero «altri sistemi di pagamento. Sono ammessi anche pagamenti con app e altri sistemi: paypal, amazon pay, google pay ecc.

Infatti, l’indicazione contenuta nella norma circa gli altri mezzi di pagamento tracciabili ammessi per aver diritto alla detrazione deve essere intesa come esplicativa e non esaustiva.

Le spese pagate con carta di credito nel 730.

In merito alla dimostrazione dell’effettivo sostenimento della spesa , l’Agenzia delle entrate, ha messo in evidenza che: l’onere possa considerarsi sostenuto dal contribuente al quale è intestato il documento di spesa, non rilevando a tal fine l’esecutore materiale del pagamento, aspetto quest’ultimo che attiene ai rapporti interni fra le parti. Tuttavia, occorre assicurare la corrispondenza tra la spesa detraibile per il contribuente ed il pagamento effettuato da un altro soggetto.

Ad ogni modo vale sempre la regola secondo la quale, la spesa la detrae chi effettivamente sostiene l’esborso.

Luogo di svolgimento dell’assemblea di condominio

La riunione di condominio deve tenersi nello stesso Comune ove si trova il palazzo e comunque in un luogo che non pregiudichi la presenza dei condomini. L’amministratore deve adattarsi alle richieste dei condomini.

In quale luogo deve riunirsi l’assemblea di condominio e chi lo decide? Cosa succede se alcuni condomini hanno difficoltà a raggiungere i locali indicati nell’avviso di convocazione perché ritenuti troppo distanti? Chi vede nell’amministratore di condominio un rivale può esigere che, al posto dello studio di quest’ultimo, l’assemblea si tenga in un posto neutrale? A queste domande ha offerto più volte risposta la giurisprudenza. Il principio sposato dai giudici è il seguente: la scelta del luogo ove deve tenersi l’assemblea di condominio deve garantire la presenza di tutti i condomini, ragion per cui non può essere troppo lontano dall’edificio, ritenuto come centro di riferimento degli interessi di tutti.

Chi sceglie il luogo dell’assemblea di condominio?

Se il regolamento di condominio non stabilisce nulla a riguardo, il luogo in cui l’assemblea deve riunirsi viene stabilito, di volta in volta, dall’amministratore. È lui infatti che compila e spedisce gli avvisi di convocazione, definendo giorno, ora e locali della riunione.

Laddove l’amministratore venga sollecitato da alcuni condomini a spostare il luogo della riunione dell’assemblea non potrebbe arroccarsi su scelte personali. Egli resta infatti pur sempre un mandatario del condominio. Sicché, non potrebbe imporre un posto a lui più congeniale ma scomodo per il resto della compagine.

La recente riforma ha stabilito poi che, se a chiederlo è la maggioranza dei condomini, l’amministratore è tenuto a disporre l’assemblea con modalità telematiche ossia a distanza (la cosiddetta teleassemblea) in modo totale o parziale (ossia consentendo, a chi lo vuole, di partecipare fisicamente).

Assemblea di condominio: in quale luogo?

Nell’individuare i locali ove l’assemblea di condominio debba tenersi l’amministratore deve scegliere un luogo appropriato, formula quest’ultima elaborata dalla giurisprudenza ma che non trova alcun riferimento né all’interno del Codice civile né delle disposizioni di attuazione. Queste ultime, all’articolo 66, stabiliscono solo che l’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell’ora della stessa.

Dunque, in assenza di previsioni della legge e di specifiche disposizioni del regolamento, la determinazione del luogo dell’assemblea viene rimessa alla discrezionalità dell’amministratore. Si può tuttavia far riferimento – come già avvenuto in passato – alle norme relative alla convocazione e allo svolgimento delle assemblee delle società di capitali (le Srl ad esempio). In particolare, l’articolo 2363 del Codice civile stabilisce che l’assemblea di una società debba essere convocata nel Comune ove ha sede la società stessa, salvo che lo statuto non preveda diversamente. Dunque, per analogia, potrebbe ritenersi che l’assemblea di condominio debba svolgersi nello stesso Comune ove si trova l’immobile (o in quello strettamente limitrofo se contiguo, come succede spesso in numerosi Comuni italiani tra loro attaccati) [1].

Secondo la Corte di Cassazione a Sezioni Unite [2], l’amministratore, a cui spetta la scelta del luogo ove debba tenersi l’assemblea, è tenuto a rispettare due limiti:

1) anzitutto quello territoriale, con la necessità di scegliere una sede entro i confini della città in cui sorge l’edificio in condominio;

2) quello della idoneità di tale luogo di riunione: idoneità per ragioni fisiche e morali, in modo tale da consentire la presenza di tutti i condomini.

Assemblea di condominio in un luogo troppo lontano 

Una distanza eccessivamente distante tra il luogo di svolgimento dell’assemblea e la collocazione dell’edificio condominiale renderebbe la delibera annullabile entro 30 giorni dalla data in cui si è tenuta o, per gli assenti, da quando è stato comunicato il relativo verbale.

Se il regolamento di condominio non stabilisce la sede in cui debbano essere tenute le riunioni assembleari, l’amministratore ha il potere di sceglierla. La Corte d’Appello di Milano [1] ha annullato una delibera emessa dall’assemblea a circa 40 chilometri dall’edificio condominiale, in quanto ritenuta pregiudizievole alle esigenze del condomino ricorrente che aveva problemi motori.

Non è stata l’unica ragione: il luogo prescelto sarebbe stato lo studio legale di un avvocato antagonista nel passato alle posizioni sostanziali del condomino ricorrente, dunque «non era sicuramente – scrivono i giudici – un luogo neutrale».

Assemblea in un luogo diverso

Potrebbe succedere che, all’ultimo minuto e con il consenso dei presenti, l’amministratore decida di modificare il luogo di svolgimento dell’assemblea. A riguardo, secondo la Corte di Appello di Firenze [3], è annullabile la delibera assembleare se l’assemblea si sia svolta in un luogo diverso da quello indicato nell’avviso di convocazione, poiché ogni condomino deve essere edotto con un congruo anticipo del luogo preciso, del giorno e dell’ora della convocazione dell’assemblea. Il diritto all’impugnativa sussiste, poiché il pregiudizio subìto dallo stesso per la mancata partecipazione consiste nel fatto che al condomino è stato impedito di essere presente all’assemblea condominiale, di esprimere in quella sede le proprie ragioni e, quindi, concorrere con il proprio voto alla formazione della volontà assembleare.

Assemblea e green pass   

Per lo svolgimento di assemblee di condominio non sembrerebbe, secondo le normative in vigore, esserci alcun obbligo di dotarsi del green pass per parteciparvi, a meno che questa non si svolga al chiuso, in istituti e luoghi di cultura, strutture ricettive, centri culturali, sociali e ricreativi, secondo quanto indicato all’articolo 3, comma 1, lettera a, c, d, g del Dl 105/2021. Il controllo, in questo caso spetta al gestore della sede prescelta. E il decreto 127/2021 riguarda anche le assemblee condominiali poiché all’articolo 8, prevedeva l’estensione della capienza dei luoghi sopracitati. Il Comitato tecnico scientifico l’ha portata all’80 per cento, avvantaggiando anche il condominio di grandi dimensioni che potrà ora affittare uno spazio meno grande. Non ci sono indicazioni, però nè del Cts nè dell’Iss in merito alla questione delle riunioni di condominio. Non ancora chiaro cosa fare in particolare per le assemblee in spazi comuni condominiali o presso lo studio dell’amministratore. In questo caso il controllo del green pass non sembrerebbe necessario non essendo l’assemblea giuridicamente configurabile come un incontro di lavoro.

Mascherina sempre obbligatoria.

Una cosa è certa: l’amministratore che la organizza e il presidente che la conduce devono garantire la partecipazione in sicurezza considerato che l’obbligo di indossare la mascherina e la sanificazione degli ambienti permane in tutti i luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private, a meno che sia garantito in modo continuativo l’isolamento da persone non conviventi (articolo 1, commi 1 e 2, del Dpcm 2 marzo 2021). Diventa allora consigliabile che la riunione si svolga in maniera ibrida (parte in presenza, parte da remoto) in modo da permettere a tutti di poter concorrere alle decisioni senza problemi.