Condominio, nessun regolamento può vietare di tenere animali

Per il nuovo articolo 1138 del Codice civile protezione classificata tra i più generali diritti inviolabili, accertati dall’articolo 2 della Costituzione

Parliamo di animali domestici in condominio e della loro gestione. I regolamenti condominiali possono contenere norme di godimento e di utilizzo delle proprietà esclusive idonee a porre limitazioni ai diritti dei relativi proprietari. Va chiarito che il nuovo articolo 1138 del Cc dispone che il regolamento non può vietare il possesso o la semplice detenzione di animali domestici in casa o comunque all’interno del condominio. Il divieto può essere contenuto solamente in un regolamento contrattuale perché questo, essendo accettato da tutti, può contenere limitazioni ai diritti d’ognuno sulle parti di proprietà comune ed esclusiva.

È stata così sottratto in radice all’autonomia privata delle parti la possibilità di diversamente disciplinare la presenza di animali in condominio, ammettendone magari alcuni ed escludendone invece altri.

Il nuovo disposto dell’articolo 1138 del Codice civile è il frutto dell’evoluzione della considerazione del rapporto che deve esistere tra le persone e gli animali, addirittura assurto, questo, a espressione dei più generali diritti inviolabili di cui all’articolo 2 della Costituzione. Il termine animali «da compagnia», usato nella precedente versione dell’articolo 1138 Codice civile, è stato sostituito con quello di animali “domestici” dai confini più incerti, estendendo in tal modo la definizione a un più ampio genus di animale di affezione. Non è semplice per gli animali stare in condominio, ma tutto dipende dal rispetto che i loro padroni hanno delle più elementari regole che governano il vivere nella collettività condominiale.

Resta la facoltà all’assemblea disciplinare l’uso degli spazi o dei servizi comuni da parte dei proprietari di animali, nonché il comportamento che essi devono tenere all’interno del complesso condominiale: ciò sul generale presupposto che il diritto di ciascun condomino di usare e di godere a suo piacimento dei beni comuni trova limite nel pari diritto di uso e di godimento degli altri. Il lasciare libero un animale o custodirlo senza le debite cautele, oppure affidarlo a persona inesperta, costruisce un reato penalmente sanzionato (articolo 672 del Codice penale).

Quanto alla possibilità, ad esempio, di far uso dell’ascensore con gli animali, l’inibire a un condomino di usare l’ascensore con il proprio cane può trovare legittime motivazioni solo di ordine igienico sanitario, da valutarsi a seconda della concreta fattispecie che si può presentare. Ugualmente per la limitazione al numero degli animali che il condomino può detenere nella propria unità immobiliare, superato il quale appare anche legittimo l’intervento del giudice, con il conseguente allontanamento degli animali in esubero e il loro affido ad enti specializzati (Cassazione 1823/2023).

Fermo il rispetto delle elementari norme di igiene, la rilevanza anche ai fini penali della condotta produttiva di rumori, censurati come fonte di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, richiede l’incidenza sulla tranquillità pubblica in quanto l’interesse tutelato dal legislatore è la pubblica quiete. I rumori provocati dall’abbaiare di un cane devono avere una tale diffusione da costituire l’evento un disturbo idoneo ad essere sentito da un numero indeterminato di persone: se invece ad infastidirsi è un solo condomino non c’è né reato e né illecito civile. Non vanno sottovalutati i rischi in cui incorre il custode dell’animale, qualora questo diventi fonte di immissioni di rumori o di odori tali da cagionare, per la loro frequenza e intensità, malessere e insofferenza anche a persone di normale sopportazione. Anche il lasciare solo in casa il cane per l’intera giornata può configurare il reato di abbandono di animale (articolo 672 Codice penale).

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