Consumo idrico: fornitura di acqua alla singola unità immobiliare, costi fissi della fornitura comune e spese di lavaggio e/o innaffiamento di parti comuni
Con la sentenza n. 1287 del 16 novembre 2022 il Tribunale di Reggio Calabria ritorna sulla questione del riparto dei consumi idrici in Condominio e distingue a seconda che si tratti di fornitura di acqua alla singola unità immobiliare, costi fissi della fornitura comune e spese di lavaggio e/o innaffiamento di parti comuni, dettando regole di imputazione della spesa diversa a seconda della ratio sottesa alla stessa.
La vicenda trae origine da un’impugnativa di delibera assembleare molto articolata promossa dal condomino Tizio avverso il proprio Condominio.
Tizio lamentava in particolare che fosse stato erroneamente ripartito il consumo idrico in violazione dell’art. 1123 c.c., nonché che fossero state approvate spese illegittime (in particolare, la spesa per compilazione ed invio Mod. 770 e spese legali derivanti da procedure di Mediazione e procedimenti monitori), che fosse stato costituito un fondo di riserva in assenza del quorum necessario, che il rendiconto fosse viziato da indeterminatezza a causa di errori di calcolo dovuti all’imputazione di oneri condominiali a soggetti in realtà non facenti parte del Condominio.
Il Tribunale accoglie solo in minima parte le doglianze di Tizio, proprio in relazione all’errore nel riparto del consumo idrico per come approvato dalla delibera impugnata.
Consumo, costi fissi e parti comuni
Con ampia ed articolata disamina, il Giudicante espone le motivazioni dell’errore in cui sarebbe incorso il Condominio nell’approvare il rendiconto sul punto del consumo idrico.
Spiega il Tribunale che in tema di ripartizione delle spese relative al servizio idrico condominiale, come precisato in più occasioni dalla giurisprudenza, anche di legittimità, salva diversa convenzione (cioè un criterio imposto dal Regolamento modificabile solo dall’unanime volontà dei condomini), la ripartizione delle spese della bolletta dell’acqua, in mancanza di contatori di sottrazione installati in ogni singola unità immobiliare, deve essere effettuata, ai sensi dell’art. 1123 c.c., 1° comma, in base ai valori millesimali (Cass. 26.05.2022, n.17119; Cass. Civ. sez. II, 01/08/2014, n. 17557; Trib. Milano 16.12.2021, n. 19567; 5.11.2020, n.15467; 6.02.2018, n. 1280; 30.11.2017, n.22394).
Tuttavia, specifica subito il magistrato, non tutti i costi relativi al consumo idrico sono uguali: vi sono infatti spese che sono legate non al prelievo di fornitura idrica afferente ad ogni singola unità (cioè, quanto ho consumato), bensì al semplice fatto che esiste un contratto tra il Condominio ed il fornitore e che la fornitura ha costi slegati dal consumo: questi c.d. costi fissi, cui siamo maggiormente attenti ed abituati quando si discute di oneri di riscaldamento centralizzato, sono in questo campo dati ad esempio dal canone contrattuale.
Vi sono poi consumi collegati alla manutenzione e gestione ordinaria delle parti comuni, come il prelievo di acqua per eseguire le pulizie di androne, scale, etc. o per innaffiare laddove il Condominio possegga zone verdi o giardini, aiuole, etc.
Sia i costi fissi che i consumi legati alle parti comuni sono elementi che non presentano alcun collegamento con il consumo; in difetto di ciò, pertanto, rivive il criterio di cui all’art. 1123, 1° comma, c.c., per cui essi andranno ripartiti in base ai valori millesimali di ciascuna unità immobiliare.
A questo punto ci si chiede spesso che cosa accada quando un appartamento risulti non abitato o abbia consumi a zero: ebbene, il Tribunale, menzionando proprio questa fattispecie, essendo la medesima presentatasi nel riparto in discussione, osserva come, sebbene i consumi vadano correttamente ripartiti a zero, in quanto l’unità non ha effettuato prelievi di acqua, i costi fissi e per le parti comuni non possono essere parimenti indicati come pari a zero, esattamente come avviene nella gestione del riscaldamento.
Si cita nuovamente la giurisprudenza della Corte di cassazione, la quale ricorda che «esentare gli appartamenti non abitati dal concorso nella spesa significa sottrarli non solo al costo del consumo idrico imputabile al lavaggio delle parti comuni o all’annaffiamento del giardino condominiale, ma anche a quella parte della tariffa per la fornitura dell’acqua potabile che è rappresentata dal minimo garantito quale quota fissa per la disponibilità del servizio da parte del gestore, la quale, parametrata sul numero delle unità immobiliari domestiche facenti parte del condominio, è indipendente dal consumo effettivo» (Cass. 1 agosto 2014 n. 17557).
Pertanto, a prescindere dal consumo idrico, che talvolta potrebbe essere anche pari a zero (appartamenti vuoti o non abitati nel corso dell’anno), alcune voci della bolletta idrica vanno comunque imputate a tutti i condomini. Con riferimento ai predetti costi slegati dai consumi, questi debbono essere suddivisi tra i condomini sulla base dei millesimi di proprietà, salvo diversa convenzione, cioè salvo diverso accordo tra tutti i condomini.
Diverso accordo che, per parte della giurisprudenza, può anche essere tacito (Cass. 26.05.2022, n.17119; Cass. 2013, n.13004). Nel caso di specie, non vi era errore nella quota di consumo attribuito al condomino Tizio in rendiconto, poiché, peraltro, il Condominio era dotato di contatori a sottrazione e la quota calcolata corrispondeva a quanto riportato come consumo effettivo dal fornitore per quella unità immobiliare. Ciò che invece viene censurato è che a determinati condòmini fosse stata imputata una quota di consumo idrico ‘complessivo’ pari a zero, senza distinzione tra costi fissi e costi per parti comuni, come visto sopra, cui anche costoro dovevano contribuire in ragione dei rispettivi millesimi. Tutte le altre censure mosse da Tizio al rendiconto vengono rigettate, o perché non provate o perché infondate.