Il singolo condomino non può ottenere la revisione delle tabelle millesimali soltanto perché il suo seminterrato è divenuto inservibile come magazzino a causa delle infiltrazioni d’acqua. E ciò perché il valore proporzionale di ciascuna porzione dell’edificio è calcolato sulla base delle caratteristiche proprie degli immobili e non anche rispetto alla loro destinazione d’uso. Ancora. Nelle tabelle c’è l’«errore essenziale» che ne consente la revisione soltanto quando l’inesattezza, di fatto o di diritto, riguarda gli elementi necessari per calcolare il valore delle singole porzioni: estensione, altezza, ubicazione ed esposizione. È quanto emerge dalla sentenza 19797/16, pubblicata il 4 ottobre dalla seconda sezione civile della Cassazione.
Ha un bel dire, il proprietario esclusivo del magazzino: “l’umidità proveniente dal sottosuolo ha reso il locale completamente inutilizzabile e, dunque, le tabelle millesimali devono essere rifatte perché non rispecchiano più la vera ripartizione del valore fra le varie proprietà esclusive. È vero, le tabelle possono essere ricalcolate anche nell’interesse di un condomino solo, ma soltanto quando risultano modificate le condizioni di una parte dell’edificio, ad esempio in caso di sopraelevazioni, innovazioni di vasta portata o espropriazioni parziali: tutte circostanze, insomma, che alterano in modo significativo l’originario rapporto fra i valori delle singole porzioni; sono invece esigenze di certezza sui diritti e gli obblighi dei condomini che impongono di ritenere irrilevanti i successivi mutamenti dei criteri di stima per la proprietà immobiliare, anche quando le varie parti dell’edificio risultano rivalutate in modo non omogeneo: non può dunque incidere sull’assetto millesimale una diversa destinazione d’uso del locale, che risulta determinata essenzialmente da valutazioni di carattere soggettivo“.
Non giova infine al singolo condominio dedurre che le tabelle sarebbero affette da errore. L’errore di valutazione dell’immobile non può mai essere ritenuto essenziale: non riguarda infatti la qualità della cosa ex articolo 1429, n. 2, Cc. E lo stesso articolo 68, ultimo comma, disp. att. Cc stabilisce che nella valutazione «non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione».