Corte di Cassazione -sez. II- sentenza n.1141 del 16-01-2023
La vicenda
La vicenda iniziava quando un supercondominio richiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo per la riscossione di spese condominiali, coma da bilancio preventivo, nei confronti di un caseggiato facente parte del complesso edilizio. L’ingiunto, però, si opponeva facendo presente di non essere condomino del supercondominio e di non essere perciò tenuto al pagamento della somma ingiunta. Il Tribunale respingeva l’opposizione. Lo stesso giudice rilevava come possa esistere un caseggiato, caratterizzato dall’esistenza di proprietà comuni che, sia a propria volta, partecipante di un più ampio condominio caratterizzato dalla presenza di parti dello stabile comune sia al primo palazzo che ad altri edifici condominiali. Il Tribunale notava che una parte comune del condominio debitore (l’area che fungeva sia da cortile dello stabile sia da pavimento del primo piano interrato ove si trovano le autorimesse) era al contempo parte comune del supercondomino. In ogni caso metteva in rilievo che la deliberazione assembleare, su cui fondava il decreto ingiuntivo, non era stata tempestivamente impugnata ai sensi dell’art. 1137 c.c. dal condominio ingiunto. Il soccombente caseggiato – che ricorreva in cassazione – non riteneva di essere legittimato passivo rispetto all’ingiunzione di pagamento ex art. 63 disp. att. c.c.
La questione
Un supercondominio può legittimamente agire nei confronti dell’amministratore di un condominio in esso compreso per la riscossione dei contributi relativi alla conservazione delle parti comuni ad entrambi?
La soluzione
La Cassazione ha dato torto al supercondominio. Secondo i giudici supremi in presenza di un “supercondominio”, ciascun condomino è obbligato a contribuire alle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni e per la prestazione dei servizi comuni a più condominii di unità immobiliari o di edifici in misura proporzionale al valore millesimale della proprietà del singolo partecipante, sicché l’amministratore del supercondominio può ottenere un decreto di ingiunzione per la riscossione dei contributi, ai sensi dell’art. 63, comma 1, disp. att. c.c., unicamente nei confronti di ciascun partecipante, mentre è esclusa un’azione diretta nei confronti dell’amministratore del singolo condominio in rappresentanza dei rispettivi condomini per il complessivo importo spettante a questi ultimi.
Le riflessioni conclusive
Prima della riforma del condominio del 2012 il consolidato orientamento giurisprudenziale sosteneva che il cosiddetto supercondominio viene in essere “ipso iure et facto”, ove il titolo non disponga altrimenti, in presenza di beni o servizi comuni a più condomìni autonomi, dai quali rimane, tuttavia, distinto; sicché il potere degli amministratori di ciascun condominio di compiere gli atti indicati dagli artt. 1130 e 1131 c.c. è limitato alla facoltà di agire o resistere in giudizio con riferimento ai soli beni comuni all’edificio amministrato e non a quelli facenti parte del complesso immobiliare composto da più condomìni, che deve essere gestito attraverso le deliberazioni e gli atti assunti dai propri organi, quali l’assemblea di tutti i proprietari e l’amministratore del supercondominio, ove sia stato nominato. La riforma del condominio ha recepito i principi giurisprudenziali sopra detti ed ha introdotto l’articolo 1117-bis, con il quale l’applicazione della disciplina condominiale è stata estesa alle strutture condominiali complesse, quali i complessi residenziali che si sviluppano non più solo in senso verticale, ma anche orizzontale o costituiti da edifici separati e aventi parti essenziali in comune. Ne consegue che ciascun condomino è obbligato a contribuire alle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni e per la prestazione dei servizi comuni a più condominii di unità immobiliari o di edifici in misura proporzionale al valore millesimale della proprietà del singolo partecipante, sicché l’amministratore del supercondominio può ottenere un decreto di ingiunzione per la riscossione dei contributi, ai sensi dell’art. 63, comma 1, disp. att. c.c., unicamente nei confronti di ciascun partecipante, mentre è esclusa un’azione diretta nei confronti dell’amministratore del singolo condominio in rappresentanza dei rispettivi condomini e per l’importo globale delle somme individualmente dovute da questi ultimi.
Del resto l’amministratore del condominio rappresenta i condomini nei rapporti con i terzi nelle sole controversie che riguardano interessi comuni al condominio, e non già nei rapporti che i singoli condomini possono direttamente intrattenere con il supercondominio, di cui i condomini sono partecipanti (Cass. civ., Sez. II, 22/07/2022, n. 22954).
Se l’installazione è frutto di una concessione a effetti obbligatori, ricorre lo schema negoziale del contratto atipico di concessione ad edificare (Cass., SS.UU., sentenza 8434/2020)
Se l’installazione è frutto di una concessione ad effetti obbligatori, lo schema negoziale di riferimento è un contratto atipico di concessione ad edificare, assimilabile alla locazione e soggetto, ove non espressamente previsto, alla relativa disciplina.
Con la sentenza n. 8434 del 30 aprile scorso le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si interrogano sulla qualificazione e sulla conseguente disciplina applicabile al contratto con cui un condominio concede ad un terzo, a titolo oneroso, il godimento del lastrico solare di proprietà comune per installarvi un ripetitore di segnale.
Dopo una lunga ma interessante analisi la Corte conclude che il progetto negoziale in esame può perseguirsi attraverso due schemi alternativi: ad effetti reali (contratto costitutivo del diritto di superficie) ed obbligatori (concessione ad aedificandum), entrambi idonei ad impedire l’accessione.
Nel primo caso occorre l’approvazione dei condomini all’unanimità, nel secondo – contratto atipico ascrivibile alla disciplina della locazione e ravvisabile, secondo la Corte, nel caso di specie – è sufficiente la maggioranza dei condomini purchè l’accordo non abbia durata ultranovennale.
Bonus ristrutturazioni anche in caso di omessa comunicazione ENEA. A confermare che non si perde il diritto alla detrazione del 50% è l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 46/E del 18 aprile 2019.
Non si perde il bonus ristrutturazioni in caso di omessa comunicazione ENEA. A confermarlo è l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 46/Edel 18 aprile 2019.
Il mancato rispetto dell’obbligo di comunicazione ENEA per i lavori di ristrutturazione edilizia che comportano anche un risparmio energetico non comporta la perdita del diritto a beneficiare della detrazione fiscale Irpef del 50% delle spese sostenute.
La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate arriva a seguito del parere espresso dal Ministero dello Sviluppo Economico, ed è quantomai importante ora che è partita la corsa alle detrazioni da inserire nel modello 730/2019.
Tra queste vi sono anche le spese di ristrutturazione edilizia sostenute nel 2018 – anno in cui è partito (a rilento) l’obbligo di comunicazione all’ENEA, per le quali è possibile beneficiare del bonus del 50%.
Quello che tuttavia l’Agenzia delle Entrate specifica è che la comunicazione ENEA resta obbligatoria, seppur priva di conseguenze fiscali e sanzioni per il contribuente.
Bonus ristrutturazioni anche senza comunicazione ENEA
Gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportano anche un risparmio energetico rientrano tra le spese per le quali a partire dal 1° gennaio 2018 si è esteso l’obbligo di comunicazione ENEA, già previsto per l’ecobonus, confermato anche per il 2019.
Un obbligo che tuttavia non comporta la perdita della detrazione nel caso di invio tardivo e addirittura omesso. Insomma, chi non manda la comunicazione non perde il diritto alla detrazione del 50%.
Lo conferma l’Agenzia delle Entrate, dopo il parere espresso dal MISE, nella risoluzione n. 46/E.
L’omessa comunicazione dei dati all’ENEA, adempimento introdotto al fine di consentire un monitoraggio delle spese e dei lavori volti al conseguimento di obiettivi di risparmio energetico, non ha rilevanza ai fini fiscali.
È questo l’aspetto principale della risoluzione n. 46/E del 18 aprile 2019, redatta a seguito dell’invio di chiarimenti da parte del Ministero dello Sviluppo Economico necessari per sciogliere tutti i dubbi in merito.
La trasmissione ENEA dei lavori di ristrutturazione edilizia che comportano un risparmio energetico, seppure obbligatoria per il contribuente, non determina nel caso di omesso invio la perdita del diritto alla detrazione Irpef del 50%. Non è prevista alcuna sanzione nel caso di mancata trasmissione.
Comunicazione ENEA lavori di ristrutturazione, omesso invio senza sanzioni
Non sono previste sanzioni nel caso di omesso invio della comunicazione ENEA che, si ricorda, è obbligatoria non per tutti i lavori di ristrutturazione ma soltanto per quelli che comportano un risparmio energetico (ci rientrano anche gli elettrodomestici).
Quello che l’Agenzia delle Entrate rimarca nella risoluzione 46/E è che tale circostanza non è contemplata tra quelle che comportano la revoca del diritto a beneficiare delle detrazioni fiscali.
In primis viene richiamato il decreto interministeriale n. 41 del 1998, il quale tra i casi di diniego della detrazione (art. 4) non comprende la mancata o tardiva comunicazione ENEA, disciplinata dall’articolo 16, comma 2-bis del decreto legge n. 63 del 2013.