Nel momento in cui l’assemblea condominiale decide di sospendere l’esercizio del riscaldamento comune, ma per garantire un quieto vivere l’impianto rimane comunque funzionante, i condomini che nel frattempo hanno continuato ad utilizzarlo, non possono pretendere di ricevere il rimborso da chi invece si era già staccato precedentemente dal servizio comune e che, di conseguenza, hanno adempiuto per primi alla nuova delibera. Questo è quanto emesso con la sentenza 21742/13, pubblicata lo scorso 23 settembre, della seconda sezione civile della Cassazione.
Pro bono pacis
Ovviamente ciò che conta non è il calore disperso attraverso le colonne verticali negli appartamenti che si erano già staccati dall’utilizzo dell’impianto centralizzato. Risulta decisiva, in tal senso, “ la considerazione secondo cui è fondata la tesi che rende irrilevanti i perduranti consumi dell’impianto centralizzato dalla delibera adottata all’unanimità dei presenti da parte di proprietari (espressione di millesimi 810,43) era non di autorizzazione a distacchi individuali, ma di sostituzione dell’impianto in forza della legge 10/1991: coloro che hanno continuato a utilizzare l’impianto centralizzato tenuto acceso pro bono pacis non avrebbero dunque potuto pretendere ulteriori rimborsi di costi proprio da coloro che per primi avevano adempiuto a quanto deciso dall’assemblea condominiale”.
In questo caso, tutto ciò che ha fatto il giudice di appello, è stato di limitarsi ad osservare che la delibera posta a base della della delibera di riparto delle spese non risultava annullata, pertanto non avrebbe dovuto essere eseguita.