Sentenza Corte di Cassazione n. 20039 del 6/10/2016
La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza della II sezione civile del 6 ottobre 2016, n. 20039, conferma la possibilità per il condomino di usucapire la quota degli altri senza che sia necessaria una vera e propria interversione del possesso, essendo però necessario allegare e dimostrare di avere goduto del bene a titolo esclusivo.
Nel caso all’esame della Corte alcuni condomini convenivano dinanzi al Tribunale di Salerno un altro condomino, e lamentando che il quest’ultimo, in occasione della ristrutturazione di alcuni suoi immobili, aveva chiuso con opere murarie e con una porta a battenti in ferro un porticato comune a tutti i condomini e, inoltre, si era impossessato di un forno e aveva demolito un pozzo comune e dei lavatoi, chiedendo la condanna alla demolizione delle opere illegittime e al ripristino dello stato dei luoghi, oltre al risarcimento danni.
Il condomino convenuto, accusato di quanto sopra, affermava di essere proprietario dei beni in questione e di averli comunque acquisiti per usucapione.
Il Tribunale di primo grado, accogliendo la domanda, dichiarava illegittime le opere di chiusura del porticato eseguite dal convenuto, condannando quest’ultimo al loro abbattimento e al ripristino dello stato dei luoghi. La Corte di Appello di Salerno ha seguito in sostanza la decisione del giudice di primo grado.
La Corte di Cassazione, nel caso di specie, dichiarava infondato il ricorso per una mancanza intrinseca del processo, a livello soprattutto probatorio, sia in primo che in secondo grado, ma afferma un principio da non sottovalutare. La Corte di Cassazione afferma che, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza, in tema di condominio, il condomino può usucapire la quota degli altri senza che sia necessaria una vera e propria interversione del possesso. A tal fine, però, non è sufficiente che gli altri condomini si siano astenuti dall’uso del bene comune, bensì occorre allegare e dimostrare di avere goduto del bene stesso attraverso un proprio possesso esclusivo in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare un’inequivoca volontà di possedere “uti dominus” e non più “uti condominus”, senza opposizione, per il tempo utile ad usucapire (richiamando Cass. 237/2010 n. 17322).
Il condomino che deduce di avere usucapito la cosa comune, pertanto, deve provare di averla sottratta all’uso comune per il periodo utile all’usucapione, e cioè deve dimostrare una condotta diretta a rivelare in modo inequivoco che si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso, costituito da atti univocamente rivolti contro i compossessori, e tale da rendere riconoscibile a costoro l’intenzione di non possedere più come semplice compossessore, non bastando al riguardo la prova del mero non uso da parte degli altri condomini, stante l’imprescrittibilità del diritto in comproprietà.